Che Boris Becker non provi simpatia per Roger Federer non è un mistero. Che ogni volta che ne ha l’occasione cerchi di stuzzicarlo (senza un motivo preciso) è una certezza. Tutto è iniziato nel periodo in cui Becker ha fatto da coach a Novak Djokovic, nel triennio 2013-2016. Negli anni in cui il tedesco è stato seduto all’angolo del serbo più volte è intervenuto sul tema “Federer”, da quando affermava come lo svizzero non fosse il “signore” che appare in tv, a quando raccontava del rapporto tra i due (Federer e Djokovic) di come esso fosse molto diverso rispetto a quanto si veda in campo (presumibilmente, dalle sue parole, per colpa dello svizzero). Memorabile poi il suo commento alla SABR, la famosa risposta da metà campo di Federer ai servizi avversari. “La mia generazione lo avrebbe colpito direttamente con il servizio” – commentò il tedesco vincitore di 6 Slam in carriera. Abbiamo visto senz’altro rapporti migliori in passato e anche adesso che il tedesco ha lasciato il box di Djokovic continua (in maniera altrettanto insensata) a provocare, quando può, il campione svizzero.
Nel corso di un’intervista rilasciata qualche giorno fa Boris Becker ha dichiarato che i giovani tennisti non stanno dando abbastanza per rompere l’egemonia dei “Big Three”. “Manca il coraggio ai giovani per affrontare i top -ha commentato Becker-non credo sarebbe piacevole vedere Federer vincere a 45 anni contro dei tennisti giovani”.
Al di là del fastidio che le dichiarazioni di Becker suscitano ogni volta (sembra che l’unico a non scomporsi mai sia soltanto lo stesso Federer) appaiono anche poco rispettose alla luce di quanto “Dato” dallo svizzero in questo torneo. E poi, non sta forse nel lottare su ogni punto a quasi 40 anni parte della magia di questo sport? In questi Australian Open che volgono al termine abbiamo assistito a match di assoluto livello, intensi, incerti e soprattutto emozionanti. Tante di queste emozioni ce l’ha regalate (come sempre) Roger Federer che fortunatamente, al contrario di quanto si augura Becker ha dichiarato di non pensare ancora pronto al ritiro.
Dopotutto perché dovrebbe farlo? Semifinale Slam a 38 anni (migliorando lo score del 2019 in Australia dove si era fermato ai quarti contro Tsitsipas) da numero 3 al mondo. Match rimontati e vinti al quinto (uno dei quali da infortunato) e un livello di gioco ottimo confermato anche dalle sue parole. Semmai l’unico vero rammarico è legato a quell’evidente problema fisico che non gli ha permesso di giocare al meglio la semifinale con Djokovic. Vincere un altro Slam (Wimbledon il più probabile, per preparazione psico-fisica e livello di gioco rispetto alla concorrenza) è ancora tra gli obbiettivi dello svizzero e ad oggi non esistono dubbi sul fatto che possa farcela nel 2020 ma perché no anche nel 2021 (anno in cui compirà 40 anni indicato da molti come l’anno del suo ritiro). Si sapeva della sua competitività in Australia e il campo l’ha ampiamente dimostrato. Ragionamenti di questo tipo potrebbero avere un senso se il Federer appena osservato fosse un’atleta che si trascina per il campo, che accusa i colpi degli avversari come fossero cazzotti e che esce al primo turno contro uno sconosciuto qualsiasi, ma Federer ha più volte ribadito che quando si accorgerà di non poter più dare tutto, lascerà il palcoscenico agli altri.
La storia d’amore tra questo sport e il campione di Basilea è una di quelle che vorremmo non finissero mai, uno di quei libri avvincenti che custodiamo gelosamente e che ogni tanto è bello risfogliare rileggendo i passi più belli che ci hanno maggiormente colpito, insegnato, condizionato. Il vuoto che lascerà il suo ritiro non sarà colmabile, è vero che altri campioni ci emozioneranno ma sicuramente in maniera differente. Vederlo vincere uno Slam a 43 anni non sarebbe bello, sarebbe semplicemente poesia.