Oggi vi racconteremo una storia, la storia di un giovane ragazzo nato a Maiorca, avvicinatosi al tennis per volere dello zio allenatore e diventato con il tempo, una vera e propria leggenda vivente di questo sport.
La sua tenuta fisica e mentale, il feeling speciale che aveva con la terra rossa e la fame atavica di vittoria che sembrava attanagliarlo, in breve l’hanno trasformato nel re della terra, nel dominatore incontrastato su questa superficie. Gli anni passano e per il nostro eroe tutto sembra andare nel migliore dei modi, continua a vincere e convincere, migliora anche sulle altre superfici e di conseguenza conquista le vette delle classifiche mondiali. A quel punto: è lui l’uomo da battere.
Questo è quello che è stato, poi d’improvviso qualcosa inizia a cambiare, arrivano gli infortuni, tanti, forse troppi e quella macchina che sembrava perfetta, comincia pian piano a dare i primi segni di cedimento. Rafa se ne accorge ed inizia palesemente a risentirne. D’improvviso, frasi del tipo “Non so se riuscirò mai a tornare come prima” diventano all’ordine del giorno.
A guardarlo in campo ci si rende subito conto che il problema non è più fisico, il problema è psicologico, il re ha perso il suo piglio, le sue certezze, si sente detronizzato. Quella che era la sua arma più potente, la testa, in un batter d’occhio si è trasformata nel suo tallone d’Achille. In ogni match, con ogni parola, con ogni singolo gesto, si presenta come un leone ormai domo, stanco di lottare e quasi rassegnato al proprio destino. Tutto ciò gli avversari ovviamente lo percepiscono e com’è giusto che sia naturalmente ne approfittano, semplicemente sfruttano la situazione.
Da mesi il suo linguaggio del corpo non ci raccontava nulla di buono, tutti noi però ci eravamo illusi che da un momento all’altro qualcosa potesse cambiare, che “l’incubo” prima o poi dovesse finire. Non si sa bene su quali basi, ma ci eravamo profondamente convinti che con l’arrivo della stagione su terra tutto si potesse risolvere, che il semplice tocco con la sua superficie preferita, come una sorta di polvere magica, potesse finalmente ricaricarlo, ricordargli vecchie sensazioni e perché no regalargli anche nuova linfa vitale.
I suoi recenti risultati però raccontano altro, raccontano di un Nadal che è l’ombra di sé stesso, che sembra non avere la forza né la voglia di reagire. Rafa non sembra voler trovare realmente il bandolo della matassa. La domanda che a questo punto ci poniamo è: continuare a negare il problema, rispondendo semplicemente con un banale e sterile, “con le vittorie arriverà anche la fiducia” è realmente la soluzione migliore? Non è piuttosto un continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, o dar vita ad un circolo vizioso? Perché parliamoci chiaro, giocando così difficilmente le vittorie possono arrivare, piuttosto al massimo ci possiamo trovare di fronte ad una sorta di cane che si morde la coda.
Non sarebbe, invece, maggiormente utile affidarsi ad un professionista? Un mental coach o qualunque altra figura professionale che possa realmente intervenire su questo aspetto? Se è vero che ciò che contraddistingue un campione è la forza di rialzarsi sempre, per intenderci la politica del “se cadi 10 volte, devi rialzarti 11”, è anche vero che ammettere le proprie debolezze e chiedere aiuto non ha mai fatto male a nessuno. Ma le nostre sono solo semplici farneticazioni, la soluzione del problema e soprattutto la forza di rinascere Rafa la deve trovare dentro sé stesso. A noi invece non resta che aggiungere uno speranzoso “chi vivrà vedrà”, sottolineiamo lo speranzoso, perché che Nadal possa piacere o meno, tutti gli amanti di questo sport debbono convenire sul fatto che la sua presenza nel circuito è fondamentale, perché vederlo giocare al meglio, dà qualcosa in più a questo sport. Forza Rafa dunque, credici ancora!