Dopo l’impressionante risultato al Mutua Madrid Open, Denis Shapovalov ha mostrato di essere ancora in stato di grazia a Roma, dove ha superato Tomas Berdych, ex numero 4 del mondo, per poi doversi arrendere solo a Rafael Nadal. Con questa vittoria, è diventato il miglior tennista canadese a livello di ranking, superando Milos Raonic.
Riguardo la notizia, Shapovalov si è mostrato altamente sorpreso: “E’ successo decisamente in fretta. Non ne avevo idea, e questo mi confonde un po’. E’ da quando ho iniziato la mia carriera che ci lavoro“.
“E’ folle che sia arrivato così in fretta. Ho fatto un sacco di esperienza. E’ il mio primo anno completo come giocatore professionista, e quindi per me tutti questi eventi sono nuovi. E’ la mia prima volta a Roma, e ogni settimana mi sento così”.
“Ora è tutto divertente. Alla fine dell’anno scorso, quando ho iniziato a viaggiare di più, ho iniziato a sentirmi un po’ nostalgico. Mi sentivo come se non avessi niente in comune con tutti quei ragazzi.
Ho giocato due bei tornei, ma non sapevo ancora se il mio livello fosse quello. Per questo stavo male, ho viaggiato molto e non l’ho apprezzato appieno. Nell’offseason, però, mi sono seduto con il mio team e dopo averci parlato ho capito cosa mi sarebbe aspettato nel tour. Dopo quella conversazione, ho iniziato a godermela. Mi godevo il tempo coi media, cambiare città ogni settimana, e ora, ad essere sinceri, sto amando il tour e mi diverto molto. Spero di poterlo fare il più a lungo possibile.”
Il canadese ha poi ammesso che anche l’età ha giocato un ruolo fondamentale sulle sue sensazioni nel circuito: “L’anno scorso avevo 18 anni, e tutti i miei amici hanno iniziato ad andare all’università, e a fare cose da 18enne “normale”. Io invece stavo iniziando una carriera da tennista professionista con gente molto più grande di me, e non mi sentivo proprio bene a riguardo. Ovviamente avevo degli amici canadesi con qui giravo, uno su tutti Vasek [Pospisil]. Solo dopo esser tornato a casa, e aver parlato con il mio staff ho capito che questo era il mio lavoro, quello che volevo fare”.