Dopo la primavera rossa, il mese verde. Archiviata con l’impresa di Nadal al Roland Garros la prima parte (la più importante) della stagione sulla terra, per sei settimane si giocherà sull’erba e sarà interessante verificare se le tendenze di questa prima metà del 2017 verranno confermate o se invece qualcosa cambierà.
Prima di Wimbledon si giocheranno due 500 (la prossima settimana: Halle e il Queen’s) e quattro 250; a Stoccarda e ‘s-Hertogenbosch sono già partiti mentre proprio prima dei Championships ci sarà la novità turca di Antalya e Eastbourne. Chiusura tradizionale nella suggestiva cornice di Newport, subito dopo Wimbledon.
Il motivo di maggiore interesse risiede naturalmente nel rientro di Roger Federer. Dopo aver trionfato sul cemento australiano e statunitense, lo svizzero ha scelto di prendersi una pausa e non sprecare energie inutili allo scopo di essere nelle migliori condizioni sulla superficie a lui preferita. Vista com’è andata, probabilmente Federer ha preso la decisione giusta. Infatti, nonostante i trionfi di Melbourne, Indian Wells e Miami, è probabile che sulla terra rossa si sarebbe trovato in difficoltà contro diversi avversari e ben difficilmente, anche li avesse battuti, avrebbe potuto applicare con efficacia contro Nadal gli schemi che gli hanno permesso di imporsi al maiorchino negli ultimi confronti diretti. In fondo, a questo punto della sua carriera non ha più molto senso partecipare ai tornei se non ha la concreta possibilità di vincerli.
Roger dunque partirà favorito nei tre appuntamenti a cui è iscritto (Stoccarda, Halle e Wimbledon) ma non mancheranno certo gli avversari. E saranno numerosi. A partire proprio da Rafael Nadal, la cui condizione fisica e psicologica è tale da renderlo assai competitivo anche sull’erba. Nonostante la sua naturale vocazione per il rosso, il maiorchino sui prati non è proprio un pesce fuor d’acqua. Anzi! Cinque finali a Wimbledon, di cui due vinte, più un paio di titoli minori e una percentuale di successi del 77% (praticamente uguale a quella sul duro) contribuiscono a mantenere Nadal tra i pretendenti al titolo in ogni torneo. Pericolosi saranno, per sua stessa ammissione, i primi giorni in cui l’erba più fresca e il bisogno di ambientamento lo renderanno più vulnerabile. L’anno scorso Nadal non giocò sull’erba e quindi, comunque vada, da queste settimane potrà trarre solo benefici in termini di classifica.
Allo stesso livello del dieci volte campione di Parigi c’è Andy Murray. Il campione in carica sarà chiamato a una difficile conferma ma i timidi progressi fatti registrare al Roland Garros lasciano ben sperare i suoi tifosi. In fondo la crisi di risultati a cui è andato soggetto il n°1 del mondo ha avuto contorni piuttosto sfumati e tuttora non è facile individuarne i motivi se non cercandoli nel carico di responsabilità che comporta detenere lo scettro. Lo scozzese sta risalendo la china e ipotizzarne buoni (se non ottimi) risultati non è poi così azzardato.
Diverso il discorso per Novak Djokovic, scivolato al 4° posto dopo una vita tra i primi tre e ancora convalescente, se non proprio del tutto malato. L’esperimento Agassi (che ora potrebbe essere affiancato o sostituito da Stepanek) ha funzionato a metà e la batosta rimediata contro Thiem ha ispessito la patina di insicurezza del serbo. Nole, a differenza di Murray, ha margini di miglioramento enormi e deve essere questa la sua forza: sapere che, se torna quello di due anni fa, per gli altri sono dolori. Djokovic non è un erbivoro in senso stretto ma, in fondo, al giorno d’oggi chi lo è più?
Dietro ai soliti quattro c’è una banda di pirati più o meno bellicosi che aspettano l’occasione buona per arraffare il tesoro anche se, per diversi motivi, nessuno di loro sembra poter garantire di arrivare a completare l’opera. Insomma, per farla breve si tratta di un gruppetto di mine vaganti in grado di esplodere da un momento all’altro ma forse capaci solo di un unico botto e quindi mancanti della continuità indispensabile per cogliere grandissimi traguardi. Più che Wawrinka, crediamo sia giusto puntare su Nick Kyrgios, Milos Raonic, Grigor Dimitrov e Marin Cilic. Quest’ultimo più degli altri ha l’esperienza necessaria a gestire eventuali situazioni stressanti come potrebbero essere una finale o un match particolarmente importante. Dal bulgaro invece ci si attende sempre la consacrazione (che forse non arriverà mai) mentre Raonic potrà ritrovare a Wimbledon l’atmosfera che un anno fa lo trasportò in finale. Infine, Kyrgios. L’australiano sulla terra ha giocato davvero male e continua ad avere un atteggiamento non del tutto positivo; tuttavia, è proprio la sua apparente indifferenza a ciò che lo circonda a renderlo quasi immune all’emozione e questo, qualora dovesse arrivare in fondo, sarebbe senza dubbio un fattore.
Per finire, un dato su Wimbledon che deve far riflettere: pur disputandosi su una superficie anomala qual è (o dovrebbe essere) l’erba, negli ultimi dieci anni il titolo è stato sempre conquistato da una delle prime tre teste di serie. Si sa che, per assegnare le teste di serie, gli organizzatori dei Championships tengono conto sia del ranking ufficiale che di un algoritmo; quest’ultimo tiene conto dei risultati ottenuti sull’erba da ciascun partecipante negli ultimi due anni e quindi anche i tornei di preparazione potrebbero incidere sulla suddetta compilazione. Mentre il n°1 sarà Murray, per le altre posizioni è tutto in discussione.er e