Djokovic, Federer, Nadal: il Tennis nella Terra di Mezzo
Lorenzo Cialdani
Tennis. Le faide tra i primi tennisti del mondo, che si parlasse di McEnroe-Borg, Agassi-Sampras o Federer-Nadal, sono sempre state all’ordine del giorno, sia per le folte schiere di tifosi esaspera(n)ti, sia per il solito titolo di Greatest Of All Time che fluttua costantemente tra le mani dei diretti interessati e le penne di chi scrive di loro quasi a farli sembrare gli apostoli, in un modo tanto epico quanto da Bar Sport, alle volte. Dopo l’eclissi dell’era americana, ecco che di volti ne sono usciti fuori eccome per rilanciare per l’ennesima volta l’immagine del tennis, e se Andy Murray veniva considerato un FabFour anche se qualche gradino più indietro rispetto agli altri tre, sono proprio queste tre icone del circuito che se la sono cantata e suonata per tante tante volte, scrivendo un copione di successo sempre in continua evoluzione. Forse sarebbe scontato ripresentare l’idea sempreverde de Il buono, il brutto e il cattivo, anche perché forse non perfettamente calzante: se Roger Federer è già una leggenda a detta di molti, Rafael Nadal è sicuramente stata la sua nemesi, oltre ad essersi inserito tra i più grandi di sempre a colpi di Roland Garros. E Novak Djokovic? Beh, lui è l’altro, quello che è arrivato a partita già iniziata reclamando (sacrosanta) attenzione dopo aver vinto 7 titoli Slam e 4 ATP Finals, oltre che tutti i mille a disposizione salvo Cincinnati. In un’altra epoca storica, anche se faremmo prima a dire senza gli altri due in giro, magari Nole sarebbe venuto fuori ancor più da top player vista la sua incredibile costanza di rendimento unita impeccabilmente ad un vasto e fruttuoso repertorio. Anche se l’immagine del western d’annata potrebbe lasciare più che soddisfatti, la suggestione che passa per la testa è quella di un’enorme Terra di Mezzo, proprio quella sapientemente creata da Tolkien per il suo Signore degli Anelli: in un mondo di tennis senza fissa dimora e con gli equilibri sempre in bilico, i nostri protagonisti non sono pochi, bensì un’infinita schiera di razze (terrarossisti, cannonieri, baseliner ecc.) e di dinastie. Chi nasce e cresce in un dato modo, chi fa la sua parte senza scombinare le gerarchie e chi batte chi reclamando il potere. Per quante partite vengano disputate e per quanti ottimi risultati vengano raggiunti, i libri di storia accolgono solo una minima parte di coloro i quali si costruiscono una vita basata totalmente o quasi sul tennis, e se ci sono tante splendide storie così come molte altre semplicemente normali che si intrecciano continuamente, la risultante è la solita lotta al vertice, letta in svariati modi ma con un finale che sarà deciso solo quando la polvere si sarà diradata dal campo di battaglia. Roger Federer, capofila dei vincitori di trofei Slam, il suo ritorno al vertice l’ha già messo in atto dopo un 2013 da dimenticare, portandosi ad un solo passo dall’ottava vittoria a Wimbledon e ad un paio dagli U.S.Open poi diventato totalmente degli outsider, oltre ad aver conquistato quella Davis Cup che mancava al suo palmares. Resta da capire cosa succederà al solito Rafael Nadal, campionissimo soprattutto in terra francese, che nella sua carriera ha sempre alternato un periodo da imbattibile ad un altro da lungodegente con tanti punti interrogativi sullo sfondo. Le sue recenti dichiarazioni lascerebbero presagire un drastico calo fisico, vista la sua intenzione di giocare meno tornei non pensando al ritorno al N.1 del mondo, ma ciò che dice va sempre preso con le dovute precauzioni: vuoi per la pretattica, vuoi per la scaramanzia o la paura di non riuscire a riconfermarsi, Nadal è e resterà sempre quell’incognita che terrà sempre il discorso aperto. Federer ha sempre potuto contare su una tenuta fisica notevole non subendo fin qui mai gravi infortuni nella sua carriera, grazie soprattutto ad una ragionatissima preparazione e ad un duro lavoro di conservazione, così come Djokovic che però deve ancora raggiungere gli anni del vorrei ma non posso nei quali il fisico perde inevitabilmente colpi salutando i bei vent’anni. Resta la tremenda possibilità che in questo scontro tra luce ed ombra, tra rosso e nero, tra Lancaster e York non resti ai posteri un vero e proprio trionfatore assoluto, come quel Sauron che proprio non ne vuole sapere di andarsene per sempre lasciando in pace gli analisti ed i soliti tifosi di ferro. Eppure potrebbe essere proprio questa l’incredibile magia di questa era tennistica: non avere vinti o vincitori alimenta la discussione, avvicina un po’ di più l’obiettivo alle nuove leve che verranno e lascia un suggestivo alone di incertezza che renderà il tutto dieci, cento, mille volte più epico. Tutto molto bello, anche se di strada ne hanno ancora tanta da fare tutti e tre, a partire dal prossimo Major di scena a Melbourne, con Nadal che si presenterà con un solo incontro ufficiale in singolare nelle gambe, con Djokovic che si è dovuto arrendere ai quarti di finale a Doha perdendo da Ivo Karlovic e Federer che fisicamente è quello che paga di più in un torneo lungo, oltre che il più anziano. Una stagione finisce così come tante, tantissime altre ne inizieranno, regalando match da incorniciare e campioni da sostenere ed ammirare per i tanti anni che essi trascorreranno sui campi. Non resta che godere della stagione appena cominciata, non perdendosi neanche un singolo 15 tra tutti quelli che i grandi protagonisti di questa storia ci regaleranno, per capire una volta per tutte di chi sarà il trono in questa magnifica era.