NOLE, NON CI SIAMO – La recente vittoria di Dominic Thiem su Novak Djokovic non è arrivata certo inaspettata, ma l’uscita prematura di quest’ultimo (e, per abitudine, con prematura spesso si intende prima della finale) desta sempre un certo scalpore. Non che il serbo abbia giocato un cattivo match, portando anche a casa un primo set molto combattuto, ma l’impressione che ha dato è ancora di “non esserci”, di essere l’ombra di se stesso, sbagliando su quella diagonale di rovescio che era stata lo strumento del suo dominio, insomma di non aver risolto nulla durante quei 6 lunghi mesi di riposo intrapresi nel corso dell’anno scorso. Quello che molti temono, in realtà, è che the Djoker non debba fare più ritorno: se, nei casi di Federer o Nadal, il problema aveva una dimensione materiale – l’affaticamento, un infortunio… – sembra che quello di Nole sia perlopiù un problema interiore, intangibile, con la confusione che da questo deriva, situato là dove i medici e i coach non possono arrivare.
L’ONERE DELLA PREDESTINAZIONE – Ma torniamo a noi. Il circuito si è finalmente spostato sulla terra battuta, superficie su cui Dominic Thiem può davvero assumere il soprannome che gli è stato assegnato, “the Dominator”. Questo periodo potrebbe assumere a tutti gli effetti i caratteri di un vero dominio, se non fosse per il fatto che, nel frattempo, un ostacolo all’affermazione del nuovo si profila all’orizzonte, sotto le spoglie del dominatore del rosso per eccellenza. È Rafa Nadal, ovviamente, che mentre Thiem si è fatto strada fra primi turni difficili, rientrando da un infortunio, ha letteralmente messo a ferro e fuoco il suo percorso finora. Come l’anno passato, il maiorchino si è presentato ad aprile nella sua versione migliore, preparato a difendere l’enorme ammontare di punti che qui ha conquistato. Ma potrebbe, l’austriaco, sconvolgere i suoi piani?
UN PARTICOLARE PER LA VITTORIA – Nel 2017 Domi è stato l’unico in grado di battere Nadal sulla terra. Dopo aver perso le due finali di Barcellona e Madrid, sempre più in lotta, è finalmente riuscito a sconfiggerlo nei quarti a Roma, perdendo, però, nel turno successivo con Djokovic. E questo è abbastanza indicativo del suo problema: l’austriaco ha un gioco perfetto per questa superficie, il fisico gli viene in aiuto ma, come molti altri “giovani” (chiamati, poi, incompiuti) prima di lui, ancora sembra non aver raggiunto la maturità definitiva; quella capacità necessaria per mantenere un livello alto anche dopo una singola partita di prestazione fenomenale. L’austriaco è in grado di mettere alle corde i più forti e di vincere, ma non è ancora mai riuscito a dare continuità a questo livello. Il requisito necessario per dominare, infatti, è vincere i tornei, non le singole partite, ed è anche questo che fa la differenza fra un campione e un ottimo giocatore (vedi Dimitrov, che, pur in grado di estromettere i giocatori più forti, raramente è riuscito ad arrivare ad alzare un trofeo importante). La sfida più grande, e sicuramente più difficile, per Thiem sarà proprio questa: non solo farsi trovare pronto al momento buono, ma anche prima e dopo.
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Continua a palesare “difetti” notevoli nella tattica. Per me vincerà titoli importanti su terra, solo dopo il ritiro di Nadal.