In riferimento ad un articolo che ho scritto qualche giorno fa, relativo alla possibilità di definizione o meno di Federer come il più grande di tutti i tempi, mi sono state opposte varie obiezioni. Una delle più interessanti era proprio quella collegata alla rivalità tra Federer e Nadal, Si può asserire con certezza che Federer sia stato il più grande della sua epoca tennistica in quanto, nei confronti diretti con Nadal, ha comunque perso la maggior parte dei confronti? Ecco, proviamo a rifletterci su, proprio quando, in questi giorni, è caduto il tredicesimo anno dalla prima edizione targata Miami 2004.
SFIDA OMERICA –Innegabile è che questa sfida abbia avuto la forma pugilistica dello sfidante che insidia il titolo al campione. Infatti la pressione mediatica è sempre stata rivolta verso l’angolo di Federer. All’interno di questa storica rivalità si sono venuti a creare due personaggi con profili profondamente distinti: da un lato l’eroe umano, geniale ma scostante; dall’altro lo sfidante invincibile, infallibile che si può sconfiggere soltanto al massimo delle proprie forze. Praticamente una sorta di versione tennistica dello scontro tra Ettore e Achille. Immaginando infatti i nostri due campioni avvolti dallo scenario omerico, viene normale pensare a un Federer-Ettore: è in lui che ci si immedesima più facilmente, è sempre lui deve sottostare al nuovo, al rivale arrivato inaspettatamente da fuori e che in questo caso si estrinseca in un parvenu più piccolo, diventato in pochi mesi il suo sfidante storico. Dall’altra parte Nadal, nel suo essere una macchina di atletismo, di costanza e di precisione, rende difficile un’identificazione da parte dello spettatore. Mai un gesto fuori posto, ma un momento a vuoto. Anzi, il suo ruolo ha alimentato il pubblico di Federer, ha fatto crescere il desiderio di vedere trionfare l’umanità, come se fosse un film con protagonisti i supereroi della Marvel.
CHIAVE DI LETTURA – Un tale rendimento era scardinabile solo da momenti di tennis quasi irraggiungibili da parte dello svizzero. E proprio la consapevolezza di tali difficoltà hanno spesso inibito il campione svizzero, come quando Ettore, prima di affrontare Achille, scappa innanzi a lui. E infatti si torna al punto iniziale: al centro della sfida c’è sempre e comunque il rendimento di Federer. La tattica (la maggior parte delle volte sbagliata) e il timore reverenziale che si sono venuti a creare con il passare delle partite (e molto spesso delle sconfitte) hanno contribuito a creare il mito di un massacro adoperato dal maiorchino a danno del campione, appesantendo la posizione di Roger di un fardello emotivo importante a cui tutti (in primis lui stesso), prestavano attenzione: tutte le pressioni per lui ed un giovane maiorchino pronto ad irriderlo (tennisticamente parlando) laddove nessun altro ci era mai riuscito. Un handicap forte. Mentre sul campo il top di dritto incrociato sul rovescio ad una mano di Federer è stata la chiave della maggior parte delle vittorie di Nadal, dal canto suo lo svizzero, specialmente nei primi incontri non minati da una pesantezza psicologica, ha spesso sbagliato clamorosamente strategia di gioco attendendo troppo, non andando a rete o allungando lo scambio: preda facile in territorio nemico. E poi c’è il Master di Roma del 2006, le vere sliding doors: se uno dei due match point viene realizzato dallo svizzero, la storia cambia. E non parlo di una vittoria in più, ma dell’inerzia di quasi dieci anni di sfide.
VINCITORE VERO – Eppure però, il fatto di avere avuto un così forte rivale ha aiutato la figura di Roger innalzandolo veramente a più grande della sua generazione. Un vero eroe infatti non è nessuno se non ha un antagonista. E poco importa se Nadal lo ha strapazzato tante volte sulla terra rossa, o se sull’erba è riuscito a strappargli una drammatica finale a Wimbledon nel momento in cui ci sarebbe potuto essere il sorpasso: la leggenda di Federer avrebbe avuto ancora meno risalto, sia dentro che fuori dal campo. Non si sarebbe migliorato così tanto e forse si sarebbe ritirato già da qualche tempo, convinto non di avere più niente da dare a questo glorioso sport. Non avrebbe rispolverato il vetusto serve&volley per riproporlo e far vedere agli adolescenti, che non sanno cosa significhi non poter scambiare a fondocampo sull’erba, come si giocava il tennis di una volta. Un ritorno al numero 1 dopo anni di assenza sarebbe stato un miraggio così come il ritorno in campo a 35 anni suonati dopo un infortunio grave e per andare a vincere uno Slam contro il rivale (che sempre più giovane è). Fuori dal campo non avrebbe convinto tanti spettatori ad appoggiare la sua causa in questo indomito scontro rendendolo il giocatore più amato (adesso più che mai, tant’è che ormai giocare contro Federer è giocare sempre contro il pubblico). Nadal è stato fondamentale per Federer più di quanto non sia stato l’opposto. Tutti noi ammiravamo Achille, ma abbiamo sempre fatto il tifo per Ettore, perché è umano, perché è come noi siamo e come vorremmo essere. E se è sicuramente vero che l’acheo uccide il troiano, qual è il vero vincitore morale di quella sfida?