Ernests Gulbis: “Mi sento un vero tennista, ho un vuoto dentro da riempire”

Parla Ernests Gulbis, alla ricerca di nuova fiducia cercando di risalire la china dopo essere sceso fino al posto numero 195 della calssifica

Una situazione particolare

E’ riuscito ad entrare nel main draw di Dubai, dove però ha perso da Lucas Pouille, ma Ernests Gulbis continua a girare per le players lounge senza coach e fisioterapista. Ex top 10 e semifinalista del Roland Garros è finito a giocare i tornei challenger: la scorsa settimana ha giocato a Bergamo, perdendo al secondo turno.

Ha scoperto di essere nel tabellone secondario di Dubai solo venerdì a mezzogiorno e ha fatto le corse per arrivare negli Emirati Arabi da Milano facendo scalo a Vienna. “La mia carriera ha avuto molti alti e bassi: da quarti slam a qualificazioni nei challenger, poi top 10 e di nuovo in basso. Trovare la motivazione nei challenger è difficile, sai perché stai giocando, perché sei lì, ma non è la stessa cosa“.

Da quando è diventato professionista, nel 2004, ha conquistato 6 titoli ATP e altrettanti milioni di montepremi. “Dopo aver giocato le qualificazioni di un challenger, essere in un 500 è decisamente gratificante. Qui è tutto ben organizzato, e ti senti un vero tennista, e questo non accade sempre”.

Gli organizzatori di certo fanno il meglio che possono, ma non ci sono risorse finanziare, strutture, e anche le cose a cui sei solitamente abituato, e questo delude. L’importante è avere un obiettivo chiaro, e sapere perché lo fai. Per me è gratificante sentirmi di nuovo un tennista. Voglio tornare a fare le cose in grande. Sento qualcosa di vuoto dentro di me, qualcosa che deve essere riempito. Non voglio sentirlo ancora anche a 40-50″.

L’allenatore vagante e l’off-season

Senza un allenatore a tempo pieno, Gulbis lavora a Vienna, di tanto in tanto, con Gunter Bresnik (allenatore di Dominic Thiem). Si sono ritrovati a Wimbledon, dove Gulbis è riuscito a raggiungere il terzo turno battendo Del Potro, perdendo poi da Djokovic.
“E’ stato un torneo strano, venivo da un triplo stiramento addominale, e non mi sono riuscito ad allenare prima. Penso che se mi fossi preparato meglio, avrei potuto battere Djokovic. Ho perso in maniera relativamente facile, ma poteva cambiare molto: avevo un break di vantaggio nel primo set e anche lui non era al 100%”.

L’off-season, il lettone l’ha passata con Bresnik in Austria, ma espone idee particolari sull’avere un allenatore: “Ad alto livello, in semifinali e finali, può darti una mano con accorgimenti tecnici. Ora come ora, però, non mi interessa la tattica, ma voglio riuscire a correre e mettere la palla in campo, riacquistare un livello minimo di fiducia. Per fare questo non ho bisogno di un babysitter, riesco benissimo a farlo da solo, non ho più 20 anni”.

“Ovviamente, sento la necessità di stare in famiglia con mia  moglie, che mi aiuta sempre. Sa anche lei che non avrò molto altro tempo nel circuito: ho 29 anni, ma altre 4-5 buone annate vorrei farle. Speriamo ci riesca, perché sarebbe una grande sorpresa in questo momento tennistico.

Fonte: TennisWorldItalia

 

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