Sembra passato più di un anno oramai dalla seconda metà di 2018 per Fabio Fognini: mesi fa, con la grandiosa vittoria su Juan Martin Del Potro in quel di Los Cabos, seguita poi dalla finale a Chengdu e dalla semifinale, non giocata per ritiro, a Pechino, il ligure era riuscito a toccare nuovamente il suo best ranking, al numero 13, dopo 4 anni di distanza. E questa volta, sembrava potersi spingere ancor più avanti, per avvicinarsi ancor di più alla Top-10, il sogno della sua carriera. Ma da quella semifinale in poi, le cose, sono enormemente cambiate e, se non in classifica, dove Fognini è ancora al numero 17 Atp, si può dire che senz’altro che le prestazioni in campo del 31enne azzurro siano abbastanza precipitate. Analizzeremo di seguito la situazione di Fognini, le questioni alla radice del suo calo e le prospettive future.
MAI COSÌ DAL 2012 – Dalla semifinale di Pechino, Fognini ha totalizzato uno score negativo di 7 vittorie (di cui un walkover) e 9 sconfitte, 5 di queste consecutive. In questo 2019 infatti, il ragazzo di Arma di Taggia non porta a casa un match dal secondo turno degli Australian Open, su Leonardo Mayer: in terzo turno, con Carreno-Busta, si è aperta la striscia negativa, protrattasi anche in Sud America, tra Cordoba, Baires e Rio, fino ad arrivare all’ultima caduta, quella all’esordio di Indian Wells contro Radu Albot. Degli ultimi 13 set giocati, l’italiano ne ha vinti solo 2, uno con Carreno-Busta agli Australian Open e l’altro contro Jaume Munar a Buenos Aires. Quella contro l’allievo della Rafa Nadal Academy, rimane la miglior partita degli ultimi tempi per Fognini, ma proprio il suo andamento, con una rimonta subita ad un passo dalla vittoria, è indicativa dello stato mentale in primis, e poi fisico, del tennista nostrano. Basti sapere, tornando ai numeri, che il ligure non totalizzava almeno 5 sconfitte consecutive dal finale di stagione del 2012, quando queste furono addirittura 6.
MENTE E CORPO – Già prima dello Slam australiano, Fognini aveva evidenziato uno stato di forma non eccellente, vincendo ad Auckland solo al tie-break del terzo il match d’esordio contro Peter Gojowczyk, per poi arrendersi ad un Philipp Kohlschreiber molto più attivo. Fino al risultato di Melbourne, quando Carreno-Busta si è ancora una volta dimostrato la bestia nera dell’azzurro con la sesta vittoria in altrettante partite, tutto pareva poter tornare al suo posto. I veri problemi sono iniziati nella trasferta sulla terra rossa sudamericana, in cui Fognini è sceso in campo molto meno stimolato del solito e ancora non perfettamente al meglio dal punto di vista fisico. C’è da ricordare che già dal finale di stagione del 2018, Fognini ha ammesso di convivere da diversi mesi con un dolore alla caviglia e di aver giocato più volte solamente grazie a delle infiltrazioni che ne limitassero i sintomi. Sarebbe sbagliato tuttavia ricondurre alla sola forma fisica non ottimale il periodo nero che Fognini sta attraversando, alla cui sembrano esserci soprattutto delle motivazioni di tipo psicologico. Nonostante le parole dello scorso anno, quando l’italiano disse di voler rivedere il suo calendario per il 2019, limitando, se non addirittura cancellando la trasferta sulla terra a febbraio, Fognini ha deciso di presentarsi comunque nei tabelloni di Cordoba, Buenos Aires e Rio de Janeiro. Dai nastri di partenza di questi ultimi, però, il marito di Flavia Pennetta non si è mai staccato. Emblematica è la sconfitta contro Aljaz Bedene, vittorioso a Corboba per 6-1 6-4, dopo aver perso per 8 volte consecutive contro il sanremese. Lo sloveno, effettivamente, si è poi rivelato tra i più in forma sulla terra in questo inizio di stagione, ma questa non può suonare come una giustificazione per un giocatore che sulla terra è oramai tra i più solidi al mondo. A Cordoba, e poi nelle settimane successive, è mancata a Fognini la giusta concentrazione, la spinta emotiva per restare dentro i match, per spingere con costanza e fare la differenza da fondo campo per prendere il controllo dei punti, cosa a cui invece, contro tennisti obiettivamente meno dotati di lui, il numero 17 del mondo, è oramai abbastanza abituato. Dal punto di vista tennistico, la miglior partita del 2019, è stata, come si diceva, quella contro Jaume Munar. Il giovane iberico si è dovuto aggrappare alla sua fase difensiva, contro una versione di Fognini questa volta sì attenta e propositiva. Il ligure però è crollato sul più bello, quando a due punti dalla vittoria, sul 5-4, si è lasciato andare troppo facilmente, subendo una striscia finale, fatale, di 12 punti consecutivi. Dopo questa partita le cose sembrano aver subito una definitiva svolta in negativo, con le pesanti lezioni rimediate prima dal giovanissimo talento Felix Auger-Aliassime, poi dal moldavo Radu Albot sul cemento di Indian Wells. Se contro Munar l’esito è riconducibile ad un vero e proprio black-out mentale, e contro Auger-Aliassime va considerato anche il grande momento del canadese, nell’ultima sconfitta, la negativa attitudine ha avuto delle evidenti ripercussioni anche sui movimenti, apparsi limitati rispetto al solito, non mettendolo in condizione di fare la partita con la costanza necessaria: dopo un pessimo primo set, perso per 6-0, l’azzurro non è riuscito a scrollarsi di dosso il proprio avversario, che ha chiuso la contesa aggiudicandosi il secondo parziale al tie-break. Fognini, da un paio di mesi, non sembra più se stesso, fatica a divertirsi e a far divertire. A volte si è parlato di lui come un tennista senza più stimoli, che indubbiamente sente la mancanza e la lontananza della propria famiglia e a che a questo non è in grado di trovare una reazione.
IL FUTURO PROSSIMO – Ad Indian Wells, Fognini è ancora in campo in doppio con Novak Djokovic, e proprio insieme al serbo si è lasciato andare a qualche sorriso, oltre a regalare spettacolo al pubblico statunutense. Senza lasciarsi andare immediatamente a toni eccessivamente negativi, si può dire che il futuro prossimo di Fabio Fognini, in un certo qual modo passi proprio dal torneo di doppio in corso. Il divertimento ritrovato, la vicinanza di un amico e di un campione come Novak Djokovic, anche lui costretto ad abituarsi alla lontananza della famiglia, reduce da una reazione senza eguali dopo i problemi fisici e mentali del 2017, con gli ultimi 3 Major vinti, può avere effetti curativi. Il numero uno del mondo, anche indirettamente, può rivelarsi il Socrate della situazione, che utilizza l’arte della maieutica, in grado di far partorire nella mente dell’ascoltatore/osservatore, un nuovo percorso. Un percorso che Fognini, fermatosi lo scorso anno a pochi punti dalla Top-10, deve ritrovare al più presto, insieme alla consapevolezza dei suoi stessi mezzi tecnici, e alla voglia, soprattutto di regalarsi ancora dei risultati degni del suo talento.