Nel match di primo turno a Wimbledon, Fabio Fognini ha sofferto molto contro il n. 148 del mondo Alex Kuznetsov. Ha vinto, ma ha dato prova ancora una volta della sua maturità, tra gesti di scherno e insulti al giudice di sedia, prendendosi pure un penalty point. Tra gli eleganti giardini dell’All England Club, il n. 1 d’Italia ha messo in scena un triste spettacolo. La domanda è sempre quella: ‘Fabio, quando imparerai’?
Londra. Primo turno del più celebre torneo tennistico al mondo. Day 1, Fabio Fognini è in campo contro l’americano Alex Kuznetsov, statunitense nato a Kiev, in Ucraina, numero 148 del mondo.
La testa degli appassionati italiani è già ai turni successivi, Fabio ormai ha raggiunto la maturità, è entrato nei primi venti al mondo e sicuramente non perde contro un qualificato qualsiasi. Detto, fatto. Passa poco più di un’ora e il tabellone luminoso del campo numero 18 segna 6-2 6-1. No, non è Fognini che sta annientando, come ampiamente pronosticabile prima dell’inizio del match, l’americano. In realtà. È Kuznetsov che sembra diventato Sampras, in confronto al ligure.
La paura si fa sempre maggiore, perdere il numero uno italiano al primo turno, dopo l’uscita di Seppi con Mayer sarebbe un uno-due abbastanza devastante. Ma Fognini si riprende. Sei giochi a quattro il terzo set, sei giochi ad uno il quarto. Ed ora via libera per prendere il largo e qualificarsi al secondo turno, dove lo aspetta una sorpresa tedesca, Puetz, che ha sconfitto Gabashvili. Ma sarebbe troppo semplice. Fabio spreca due occasioni per portarsi avanti 3-1 e si innervosisce. Facciamo che poi due ottimi colpi di Kuznetsov lo portano avanti 30-0 sul servizio dell’italiano e, come da copione, vola la racchetta. Con violenza, sull’erba di Wimbledon che, si sa, deve rimanere immacolata da attrezzi di gioco. Penalty point e 0-40. Scoppia la bufera. Fabio si avvicina al supervisor, tale Wayne McKewen. Con supponenza, quella che lo contraddistingue da sempre, Fognini protesta per il punto di penalità assegnatogli, nonostante pendesse già un warning sulle sue spalle. Stupid si sente dalla televisione, più volte ripetuto e facilmente indirizzato al giudice arbitro.
Il supervisor ascolta le lamentele di Fognini, ma non le considera neppure, indisponendo ancor di più l’italiano, che esplode definitivamente, alzando ancor di più il tono della voce, gesticolando come suo solito. Due parole e un gesto del supervisor all’arbitro e il gioco ricomincia, con un Fognini sempre più a nervi tesi e la testa altrove. 3-2 e servizio Kuznetsov è l’immediata conseguenza. Qui però, Fognini si riprende, recupera il break e poi chiude per 9-7, evitando di stringere la mano all’arbitro, con successive esclamazioni incomprensibili dalla televisione, ma sicuramente non si trattava di parole dolci.
Fabio Fognini è dunque al secondo turno, bene, bravo. Anzi no. Nonostante molti commenti trionfalistici che si possono sentire in giro, la prestazione di ieri ed il comportamento, più consono ad un pagliaccio che non ad un giocatore di tennis, nel tempio di questo sport, non sono assolutamente accettabili. Un giocatore che è entrato nei primi venti in classifica, numero uno della sua nazione, che pensa di essere un fenomeno ed il salvatore della patria non può e non deve atteggiarsi in modo così indisponente dal primo all’ultimo punto di ogni singolo match, non può essere teso come una corda di violino e dare di matto ad ogni controversia che può capitare all’interno di una partita.
Si è spesso parlato di maturità raggiunta, di un nuovo Fognini, ma a giudicare dal comportamento, oltre che dai risultati, non mi sembra sia cambiato molto: stesse lamentele esagerate, stessi toni da supponente e stesso identico risultato, rendersi antipatico. Fognini, visto che il talento ce l’ha e l’ha dimostrato ancora una volta ribaltando una situazione complicata, anche se a onor del vero in quella data situazione ci si è cacciato lui, non gli ha ordinato nessuno di riuscire a fare tre giochi in due set con un qualificato oltre il numero 100 del mondo, dovrebbe concentrarsi sul gioco e lasciar perdere le pagliacciate con le quali ogni giorno ci delizia, che hanno l’unico scopo di deconcentrare ancor di più un giocatore che problemi di concentrazione e di costanza ne ha tanti. Il problema maggiore è che sono ormai anni che ne si parla, ma la soluzione del problema è lontana dall’essere trovata.
Fognini è incostante, tra una partita e l’altra ed anche all’interno della stessa, gioca con i nervi tesi, rischiando appunto di rovinare il talento che ha. Non è questo il modo di andare in giro per il mondo a giocare a tennis, rappresentando una nazione ed un movimento tennistico che è spesso riconosciuto nella figura di Fabio. Sarebbe ora di cambiare, ma avvicinandosi ai trenta, Fognini non sembra avere intenzione di mettere la testa a posto. Forse, sarebbe conveniente, perchè di ‘pagliacci’, il tennis e soprattutto quello italiano, non ne ha bisogno. Né ora, né in futuro. Sveglia, Fabio!