La Svizzera batte la Francia e solleva la sua prima Insalatiera nella sua storia sportiva. E lo fa grazie alla vittoria del suo sportivo più illustre, Roger Federer, il quale aggiunge, dal canto suo, uno dei pochissimi trofei che mancavano nella sua straordinaria bacheca e che, a 33 anni, forse credeva di non poter più vincere. Il n. 2 del mondo ha regalato il terzo punto alla sua nazione grazie a una prova impeccabile contro Richard Gasquet, entrato al posto di un Jo Tsonga martoriato dai problemi al gomito, battendolo con un facile 6-4 6-2 6-2 in un’ora e 56 minuti.
Roger Federer è in lacrime, nel gremito stadio di Lille. Appena chiuso l’ultimo match-point, a 0 al servizio, lo svizzero si butta a terra. Il boato del pubblico elvetico, una bellissima distesa di dinamiche macchie rosse, è un omaggio estatico al suo grande campione, anche lui maglietta rossa squillante sul manto uniforme della terra battuta. Lui che, dopo 17 Slam vinti e diverse decine di titoli conquistati in questi 15 anni di carriera, oggi ha raggiunto uno dei successi più belli, forse perché inatteso. D’altronde, dopo quella finale persa nel 1992 contro gli Stati Uniti di Andre Agassi e Jim Courier, chi avrebbe scommesso che la piccola Svizzera avrebbe avuto altre chance per salire sul tetto del mondo del tennis? Oscure congiunzioni astrali, e forse un po’ di fortuna, hanno voluto che desse i natali a Roger Federer e Stan Wawrinka. Prodigio vivente il primo, ammirevole esempio di volontà immensa il secondo, hanno saputo traghettare il loro team verso la finale e risolvere una situazione che non era certo partita con i migliori auspici.
Solo una settimana fa i due si erano dati strenua battaglia nella ormai leggendaria semifinale alle Atp Finals di Londra. Un braccio di ferro concluso non senza qualche screzio e con nessun vincitore: se Stan aveva perso sul campo, Federer aveva dovuto optare per il ritiro poco prima della finale, poi contestatissimo, a causa di un infortunio alla schiena che rischiava seriamente di preguidicare la competizione a squadre. Questi due uomini hanno però saputo mettere subito da parte i dissapori, ignorare le polemiche e i timori esterni, procedendo uniti verso la vittoria. La bella prova di Stan contro Tsonga e lo splendente successo in doppio hanno riparato la brutta sconfitta del Re contro Monfils, evidente effetto di uno stato di forma ancora arrugginito. La Svizzera, avanti 2 a 1, aveva bisogno di Federer per chiudere i giochi: questa volta il tennista di Basilea non ha deluso, offrendo una magnifica prestazione contro un Gasquet piuttosto spento e indolente, che dal canto suo ha vissuto un triste dramma sportivo.
Richard-testa bassa, l’eterno incompiuto, ancora una volta ha dimostrato i suoi limiti, fisici e caratteriali. Sin dall’inizio del match è partito timoroso, quasi rassegnato, a due metri di distanza dalla linea di fondo, subendo la controffensiva spietata di un Roger più motivato che mai, capace di urlare tre come on in un unico game. Le forze di Richard-testa bassa, senza una chiara visione tattica, si limitavano semplicemente a cercare di rendere meno amaro un risultato già scritto, tentando di allungare gli scambi senza quasi mai prendere l’iniziativa del gioco o coinvolgere il pubblico di casa, sfruttare l’impeto, il brivido del momento che solo i match di Coppa Davis sono capaci di trasmettere.
E davanti agli sguardi rassegnati del capitano Arnaud Clément, del neoritirato acrobata Michael Llodra, del bisonte muschiato Tsonga, e dello spiritato Mister 11-finali-perse Julien Benneteau, si sgretolava a poco a poco la speranza della grande France, le cui sorti erano state messe in mano a un condottiero troppo fragile e inconsistente per tentare l’impresa eroica, da aggiungere nei manuali di storia accanto a Jeanne d’Arc e Napoleone. No, Richard-testa bassa Gasquet non ha la stoffa dell’eroe, né del Davisman, e probabilmente lui stesso non ha mai preteso di esserlo. Oggi è stato protagonista suo malgrado di un’epica guerra troppo grande per lui, così come ‘vittima’ di altrui aspettative troppo ambiziose caricate sulle sue spalle a spiovente sin da bambino, quando a 9 anni era apparso sulla copertina di TennisMagazine accanto alla scritta: “Le champion que la France attend?”.
No, la Francia dovrà attendere ancora per portare a doppia cifra il numero di titoli conquistati nel torneo per nazioni. Il team transalpino ha giocato male le sue carte in una finale possibile, ma che, dopo le illusioni iniziali, è rapidamente sfuggita di mano. Certo, se il capitano Clement avesse fatto altre scelte, come lo schieramento di Gilles Simon e di Roger-Vasselin nel doppio, magari i giochi sarebbero ancora apertissimi. Ma non si può nemmeno parlare di occasione perduta. Sin dall’inizio si sapeva che erano i più forti: Roger Federer e Stan Wawrinka, protagonisti a loro modo di un 2014 straordinario: per Stan la stagione migliore, per Roger quella della rinascita. Questi due campioni, nonostante le fatiche e gli incidenti di percorso, hanno saputo confermare le attese e dimostrare di esserlo davvero, i più meritevoli. Dimostrando ancora una volta la loro immensa caratura di giocatori e di uomini, idolatrati dai connazionali e premiati da applausi di stima del pubblico francese.