Franco Davin: “Fognini papabile top 10, ma non è facile”

Il coach di Fabio Fognini racconta al quotidiano Punto de Break del suo rapporto con il giocatore italiano, del suo metodo d'allenamento e delle esperienze vissute dalla panchina.

Franco Davin, attuale coach del primo tennista azzurro del ranking mondiale, ha recentemente concesso un’intervista al quotidiano Punto de Break in cui si racconta come allenatore.

Prima di tutto, come sta Fabio?
Finito Montecarlo era allo stremo delle forze, quindi non ha potuto giocare a Barcellona né ad Estoril. Non sta ancora al 100%, però trattandosi di un Masters 1000 ha deciso di provarci; anche perché è raro che un tennista stia sempre al massimo delle sue condizioni, ci sono sempre dei fastidi o dei dolori. Stavolta però non c’è rischio che insorgano ulteriori complicazioni, perciò siamo tutti più tranquilli.

Si tratta solo di stanchezza fisica quindi?
Ovviamente conta anche lo stato d’animo. Il rendimento di un giocatore dipende da diverse cose: per i Sudamericani come me, o per chi viene dagli Stati Uniti, il fuso orario è molto pesante. Non è solo una questione di fisico, ci sono molti altri fattori, ma alla fine ci si abitua.

Vincere Montecarlo è una conquista talmente grande che quasi spaventa. Come la sta gestendo?
Sono situazioni nuove per lui, ma dovrebbe prenderle con il piede giusto: considerata la sua età, vincere un torneo come questo deve donargli tranquillità. In Italia lo sport viene vissuto in maniera forte, per cui è normale che si parli molto. Spero che Fabio sappia come rispondere loro.

Dopo tanti anni e tentativi, perché proprio a Montecarlo?
L’anno per Fabio non è iniziato nel migliore dei modi: lo conferma il fatto che nel primo turno ha passato guai seri; ad ogni modo se lo merita tutto, perché si tratta di una località molto vicina al suo paese. C’era tutta la sua famiglia, sua moglie, suo figlio. Se aveste chiesto a Fabio quale torneo avrebbe voluto vincere al di fuori degli Slam sicuramente avrebbe risposto Montecarlo. Avere l’appoggio delle persone a lui più care è stato fondamentale dal punto di vista emotivo.

Questo è il vostro terzo anno insieme, avete raggiunto tutti i vostri obiettivi?
Se facciamo un tuffo nel passato potremo notare quanto Fabio sia migliorato nel corso del tempo: se è sufficiente o no?
Personalmente ritengo che sia un papabile top 10, ma non è facile. Il nostro obiettivo era quello di rimanere stabili, e penso che ultimamente lo abbia raggiunto. Prima aveva molti dubbi ed insicurezze; oggi invece gode di una maggiore tranquillità.

E com’è di giorno in giorno?
Fabio è un gran lavoratore: non ha mai saltato un allenamento, nemmeno ora che ha messo su famiglia. Avere Flavia al suo fianco da questo punto di vista lo aiuta molto, perché anche lei è stata una giocatrice e sa com’è la vita del tennista.

Di tutti i giocatori che hai allenato, cos’ha Fognini di diverso?
Tutti i giocatori sono diversi, ognuno ha le sue peculiarità…

Confrontato con Del Potro, per esempio.
Juan pensa di più, è più razionale, più logico. Un po’ il contrario di Fabio, insomma. Sono semplicemente diversi, ma ciò non implica che le caratteristiche dell’uno siano migliori dell’altro.

Qual è stato il tuo maggior successo in veste di allenatore?
Cerco di trarre esperienza dal processo: non c’è cosa migliore di fare un piano con un tennista e portarlo a termine. Ciascun cammino ha i suoi alti e bassi, ma è importante pazientare. Ovviamente sono contento quando arrivano risultati e vittorie, è ciò a cui aspiriamo.

Si impara qualcosa anche dalle crisi?
Certamente. Quando inizi ad allenare un giocatore, non puoi garantirgli che tra 6 mesi sarà un top 20, top 10 e così via. A volte il giocatore con cui lavori potrebbe non assimilare i tuoi concetti, o avere delle cattive abitudini. Bisogna lavorarci su: non sono il tipo di allenatore che vede il suo giocatore in campo e poi non lo vede più fino al giorno seguente. Mi piace vivere ogni esperienza intensamente.

Qui l’intervista completa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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