IL ROVESCIO – Negli ultimi anni il rovescio di Federer si era un po’ appassito. Nel fiore degli anni e dei successi il rovescio è un colpo semplicemente incredibile, come il resto del gioco dello svizzero. Verrà poi reso fragile dalle immani rotazioni della nemesi mancina, la quale per prima mostrerà al mondo, e soprattutto ai colleghi, come spogliare il re. Di fatto nessun altro è stato in grado di mettere in difficoltà Federer su un fondamentale in questo modo, ma ha dato speranza a molti. Molti che, fino a quel momento in costante imbarazzo, si sono trovati fra le mani un modo per rischiare di vincerci qualche partita.
La storia recente diventa (putroppo) una storia di umanizzazione progressiva ma fisiologica del colpo, che viene a fruttare sempre meno vincenti, che costa sempre più non forzati, ma che rimane ovviamente indispensabile e efficace per la costruzione del punto, ma con un ricorso più frequente allo slice per garantirsi un appoggio migliore e un rallentamento del gioco avversario. Come sempre comunque ineguagliabile nel tocco e nella voleè.
PRIMA EDBERG – La collaborazione con Edberg per prima va nella direzione della ricerca di una soluzione a questo problema, dopo un 2013 deludente. Lo scarso controllo del colpo negli scambi lunghi viene aggirato proiettando il gioco fin da subito verso la rete. Solo aggirato però, nascosto sotto il tappeto. Il risultato è comunque eccezionale. Oltre ad essere bellissimo, questo gioco porta a ben 22 finali in due anni.
POI LJUBICIC – A 35 anni suonati però Federer ha voluto dimostrare che si può non smettere mai di imparare. Imparare forse è una parola grossa per uno che comunque aveva già un rovescio così, ma non siamo molto lontani.
A fine 2015 esce Edberg ed entra Ljubicic, ritiratosi da solo tre anni, ex avversario, grande tifoso e soprattutto grande amico di Federer. I frutti della collaborazione ci vengono negati dai vari infortuni che colpiscono lo svizzero lungo tutto l’anno, fino ai famosi 6 mesi consecutivi di stop.
Pronti-via e al rientro ufficiale arriva il successo agli Australian Open, il 18esimo Slam. Costruito sul rovescio. Un lavoro incredibile quello di Ljubo, che in un anno e spiccioli di collaborazione aumenta tantissimo il peso specifico del rovescio nel gioco dello svizzero, e si concentra su due aspetti chiave. Quello più evidente è sulla tecnica del colpo, ma quello forse più importante è sul nuovo ruolo del rovescio nella costruzione del punto, frutto di un lavoro probabilmente molto più freudiano di quanto si possa pensare. L’immagine più rappresentativa è la finale con Nadal, il vero banco di prova del lavoro di Ljubicic, dove il successo arriva grazie e soprattutto al controllo della diagonale sul dritto mancino dello spagnolo.
Da gran maestro di rovescio a una mano, Ljubicic toglie polvere da un paio di colpi usciti dal repertorio svizzero e fa un riarredamento estetico della meccanica: il rovescio diventa più coperto, di più difficile lettura, bellissimo quando giocato inside-out dal centro del campo, con un ricorso frequentissimo all’attacco in avanzamento, quasi in controbalzo sulla diagonale; molto più spesso piatto, diagonale e forte, meno spesso colpo di interdizione e di appoggio.
Da grande psicologo però, Ljubicic fa un lavoro ancora più straordinario. Convince lo stesso Federer che il rovescio è un colpo chiave e che, se è appassito, è appassito solo nella sua testa. Un colpo per fare il punto e non solo per costruirselo. Una chiarificazione sul ruolo che il rovescio può avere nel gioco dello svizzero, su come usarlo e quando usarlo. E il suo gioco va ad adattarsi all’avversario. Contro Nadal è lampante la scomparsa dello slice se non come estrema difesa, ma soprattutto è lampante la scelta inaspettata e vincente di usare un rovescio diagonale piatto, pesante e pronfondo, ancorato sulla linea di fondo. Contro Wawrinka in semifinale invece lo slice pesa molto per abbassare le traiettorie e limitare la potenza esplosiva dei colpi dell’ “altro” svizzero, quindi non viene abbandonato ma riadattato.
Il gioco di Federer si fa quindi, se ce n’era bisogno, un po’ più scaltro, più aggressivo e sicuro di sé, per accorciare lo scambio e per prendersi il punto, e più adattato al punto debole avversario. Smette forse di imporre il proprio gioco come dogma come faceva in passato, quando d’altronde il suo gioco era di fatto un dogma inarrivabile per gli avversari, che si trovavano di fronte un giocatore più sempre e comunque più forte e con più soluzioni, e costruisce sul rovescio un gioco più scaltro e funzionale a ottenere il punto.
Le partite su cui basarsi sono ancora poche, di fatto meno di 10 considerando le uscite ufficiali. Quindi solo il tempo potrà di dire quanto queste scelte tecniche introdotte dal coach croato siano in grado di reggere oltre l’entusiasmo iniziale. Fin’ora abbiamo visto cose che personalmente non risiedevano nemmeno nei miei sogni più nascosti, quindi continuiamo a sognare. Federer è ben consapevole di quanto importante sia stato fin’ora il croato, tanto che a fine torneo ha provato a consegnargli a sua volta la coppa.