Con l’impresa realizzata dallo scozzese Andy Murray il circuito tennistico ha eletto il suo ventiseiesimo numero uno. Un onore ed un privilegio che in passato è toccato a campioni del calibro di Ivan Lendl (attuale allenatore dello stesso Murray), ma anche Pete Sampras, Bjorn Borg, John McEnroe, Andre Agassi – solo per citarne alcuni. Un primato che dalla caduta di Andy Roddick era diventato un gioco a tre tra Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic. Ma ci sono stati dei grandi campioni del passato che per un “difetto del sistema”, nonostante lo meritassero ampiamente, non hanno mai potuto fregiarsi di questo primato.
DILETTANTI O PROFESSIONISTI? – L’era Open, nel tennis, inizia nel 1968, l’anno in cui i tornei del Grande Slam sono stati “aperti” anche ai giocatori professionisti. Prima di allora, infatti, coesistevano due circuiti paralleli e comunicanti tra loro. Da una parte quello professionistico, creato dall’americano Richard Sears, il primo ad organizzare un incontro esibizione a pagamento; dall’altra, quello amatoriale. Nel primo circuito i giocatori erano pagati sempre più profumatamente, sopratutto dopo l’avvento di Jack Kramer e di Bill Tilden, e prendevano parte solo ai tornei esibizione in giro per il mondo. Nel circuito amatoriale invece i giocatori potevano provare l’emozione impagabile di disputare i quattro tornei del Grande Slam (Roland Garros, Wimbledon, Australian Open e Flushing Meadows); di contro, però, i “dilettanti” dovevano accontentarsi dei miseri prize money offerti dai tornei. Va da sé quindi che, come nel più naturale dei processi osmotici tra i due circuiti vi fosse un continuo scambio di giocatori. I vincitori di Wimbledon o dei Roland Garros passavano presto al più redditizio circuito professionistico, salvo poi fare ritorno in quello amatoriale, richiamati dall’impagabile fascino di una vittoria Slam: Bill Tilden, Fred Perry, Don Budge sono solo alcune di queste leggende.
ERA OPEN – Questa situazione è terminata proprio nel 1968 quando, con il prevedibile malcontento dei “dilettanti”, i tornei sono stati finalmente aperti anche ai professionisti. Ecco, quindi, proprio in quell’anno vedere vincere Wimbledon da Rod Laver, sei anni dopo (passati a giocare esibizioni ben pagate) aver realizzato il Grande Slam. Ma per cinque anni e mezzo, da quel 1968, non fu messo a punto un sistema che, come oggi avviene, sommando i successi ottenuti nei vari tornei stabilisse chi fosse il numero uno del mondo. Fu così che alcuni tra i migliori giocatori di tutti i tempi non ebbero mai il privilegio di fregiarsi, nonostante lo meritassero, del titolo di numero uno del mondo.
I MAGNIFICI 5 – Secondo il sito menstennisforum sono cinque i giocatori che avrebbero potuto ricoprire la leadership della classifica mondiale in quei cinque anni e mezzo. In primis, in ordine di importanza, proprio Rod Laver che rappresenta, probabilmente, il caso più eclatante, uno dei tennisti migliori di tutti i tempi. Ha dominato il circuito per gran parte degli anni ’60 e per parte dei primi anni degli anni ’70. Non a caso è l’unico tennista nella storia ad avere realizzato il doppio grande slam (1962 e 1969). Secondo le statistiche avrebbe ricoperto la posizione numero uno del mondo almeno per 187 settimane. Fino alla fine della sua carriera avvenuto nel marzo del 1973, pochi mesi dopo i debutto della prima classifica ufficiale.
ROSEWALL, ASHE, SMITH, NEWCOMBE, NASTASE – Primo in ordine cronologico sarebbe stato però Ken Rosewall, vincitore del primo torneo dell’era Open, quello di Bournemouth, che ebbe luogo nel mese di aprile 1968. Il fenomeno australiano avrebbe poi consolidato ulteriormente la propria leadership vincendo la prima finale del Grande Slam dell’era Open, quella del Roland Garros. Quello stesso anno, il 25 novembre 1968, dopo la vittoria degli Us Open, avremmo visto un nuovo numero uno: il tennista di colore Arthur Ashe che nel 1975 riusci nell’impresa di vincere Wimbledon, non prima di avere conqiestao l’Australia nel 1970. Nel mese di luglio del 1972, invece, a soli 23 anni Stan Smith, con la vittoria di Wimbledon avrebbe raggiunto la leadership riuscendo a scavalcare Laver, Jan Kodes e Manuel Orantes. Smith, secondo gli speciali calcoli fatti da menstennisforum avrebbe mantenuto la testa della classifica per 37 settimane. In quegli anni avrebbero agguantato la vetta della classifica mondiale, anche John Newcombe e Ilie Nastase. Ma, mentre Newcombe avrebbe raggiunto la vetta solo nel 1974, il rumeno Ilie Nastase, sarebbe stato il primo numero uno della storia della classifica ATP, per 40 settimane, a partire da agosto 1973.
Ecco infine di seguito, in ordine cronologico, tutti i numeri uno della storia del ranking ATP:
(tra parentesi l’anno di accesso al primato per la prima volta ed il numero di settimane di permanenza)
Ilie Nastase (ROM, 1973, 40 settimane)
John Newcombe (AUS, 1974, 8)
Jimmy Connors (USA, 1974, 268)
Björn Borg (SWE, 1977, 109)
John McEnroe (USA, 1980, 170)
Ivan Lendl (CZE, 1983, 270)
Mats Wilander (SWE, 1988, 20)
Stefan Edberg (SWE, 1990, 72)
Boris Becker (GER, 1991, 12)
Jim Courier (USA, 1992, 58)
Pete Sampras (USA, 1993, 286)
Andre Agassi (USA, 1995, 101)
Thomas Muster (AUT, 1996, 6)
Marcelo Rios (CHI, 1998, 6)
Carlos Moya (ESP, 1999, 2)
Evgueni Kafelnikov (RUS, 1999, 6)
Patrick Rafter (AUS, 1999, 1)
Marat Safin (RUS, 2000, 9)
Gustavo Kuerten (BRA, 2000, 43)
Lleyton Hewitt (AUS, 2001, 80)
Juan Carlos Ferrero (ESP, 2003, 8)
Andy Roddick (USA, 2003, 13)
Roger Federer (SUI, 2004, 302)
Rafael Nadal (ESP, 2008, 141)
Novak Djokovic (SRB, 2011, 223)
Andy Murray (GBR, 2016)