Dopo avere assodato, seppur a malincuore, la fragilità del fisico di Thanasi Kokkinakis; dopo avere probabilmente detto definitivamente addio alle chance di vedere trionfare Bernard Tomic che preferisce passare il tempo a contare i soldi piuttosto che farsi onore giocando in campo davanti il suo pubblico, e con tanti dubbi e paure sulla tenuta mentale dell’altro bad boy, Nick Kyrgios, vincitore del primo titolo dell’anno, l’ATP 250 di Brisbane, le speranze dell’Australia tennistica saranno da quest’anno, probabilmente, riposte sul piacevolissimo tennis del giovane talento Alex De Minaur.
IL SOGNO DI OGNI BAMBINO. Nato a Sydney, il 17 febbraio del 1999, De Minaur sta giocando in maniera pazzesca, incantando il pubblico ed attirando su di lui l’attenzione dei media di tutto il mondo. A Brisbane, nei primi giorni del nuovo anno, ha perso in semifinale ma ha fatto in tempo a battere 6-4 6-4 un seppure acciaccato Milos Raonic. “Tutto questo è strano” dice Alex. “Credo che quando siamo piccoli tutti sogniamo questi momenti ma ora è davvero pazzesco!” Così come deve esserlo stato avere iniziato l’anno da numero 208 del mondo e trovarsi già 167° dopo neanche una settimana. “Ma io rimango uguale. Non cambia nulla. Continuo a scendere in campo cercando di fare del mio meglio”. Anche l’ex numero uno del mondo Andy Murray ha trovato il tempo per scrivere, pardon twittare, le congratulazioni ad Alex: “Spero di essere bravo quanto Alex. E’ davvero un piacere vederlo giocare”.
PROFETA IN PATRIA. Questa settimana poi, non pago di quella appena trascorsa, dopo un cammino strepitoso durante il quale ha fatto fuori Verdasco, Feliciano Lopez, Dzumhur, Paire, Alex, ha raggiunto la prima finale in carriera di un torneo ATP: il 250 di Sidney, sua città natale. “E’ stata una settimana pazzesca” scrive Alex sul suo profilo twitter. “Credo di non avere mai potuto immaginare posto migliore per giocare la mia prima finale. E’ stato incredibile il sostegno che tutti mi hanno dato”. Ha aggiunto il diciottenne, residente ad Alicante, arresosi solo al terzo set, in finale, al più esperto Daniil Medevedev con il punteggio di 1-6 6-4 7-5. Solo ad un passo da un clamoroso successo.
MIGRANTI. Alex è nato a Sydney. Come lui stesso ha recentemente ricordato in una intervista per il sito internet dell’ATP, all’età di cinque anni si è trasferito in Spagna dove i suoi si erano spostati per aprire un car-wash. Passerà otto lunghi anni nella terra di Ferrer e Nadal. E’ qui che Alex impara a giocare a tennis, sulla terra rossa; quindi la crisi che mette in ginocchio la Spagna ed il ritorno in Australia dove i genitori di Alex questa volta ci provano con un ristorante italiano dove anche lui ogni tanto da una mano. In patria Alex giocherà altri tre anni prevalentemente in duro. Ma sottolinea Alex e’ l’erba la mia superficie preferita. Passati questi tre anni il ristorante chiude e la famiglia De Minaur ritorna in Spagna. Dove Alex continua ad allenarsi in quel di Alicante. Alex è figlio di emigrati. Sua madre è spagnola, suo padre è uruguaiano. E’ incredibile la percentuale di giocatori figli di emigranti che hanno fatto la storia del tennis. Uno su tutti: Jimmy Arias. Chissà, forse vedere i propri cari che cambiano paese per trovare lavoro, la necessità di imparare nuovi idiomi (Alex parla correntemente inglese, spagnolo e francese) il fatto di doversi adattare in un nuovo contesto ricominciando tutto da capo (scuola, amici, casa); chissà, forse tutti questi elementi forgiano in modo unico il carattere di questi campioni, Alex è un ISTP o ESTP secondo il test Myers-Briggs Personality.
LEONI E DEMONI. Sul portale dell’ATP c’è scritto che il coach di Alex si chiama Adolfo Gutierrez ma tutti abbiamo visto come a soffrire sugli spalti per lui ci fosse, anche, un certo Lleyton Hewitt. Tra il leone di Adelaide ed il demone di Sidney c’è più di un punto di contatto nonostante l’evidente differenza di età. Il capitano della squadra australiana di Coppa Davis ha il doppio degli anni del finalista di Sydney. Trentasei anni Hewitt, diciotto De Minaur. “Mi è stato vicino durante l’off season. Non mi ricordo molto di lui perché ero piccolo. Solo qualche match, ad esempio contro Agassi. Una delle prime cose in assoluto che mi ha consigliato Lleyton è di credere in me stesso. Con il mio gioco posso dare filo da torcere a chiunque. Devo solo credere in me stesso e prima o poi i risultati arriveranno.”
BLUE WALL. L’argomento che forse più di tutti avvicina Alex a Lleyton è la passione per il rugby. Il rugby australiano è, infatti, la più grande passione di Alex. “E’ uno sport che mi appassiona davvero. Lo seguo sempre quando posso. Sono stati Jordan Thompson e Matt Reid (altri due tennisti australiani) a farmelo conoscere”. Ed il rugby per Alex è anche grande fonte di ispirazione. In Australia si gioca il rugby a 13. Una delle manifestazoni più importanti è lo “State of Origin”. E’ un torneo annuale al meglio delle tre partite che si disputa tra la rappresentativa composta dai migliori giocatori delle squadre di due stati: il Queensland e il Nuvo Galles del Sud. E’ soprannominata Blue Wall in omaggio al colore delle casacche la rappresentativa del Nuovo Galles Del Sud di cui Alex è fiero sostenitore. “Blue Wall è il nome di battaglia dei New South Welshmen” dice Alex. “E’ una sorta di atteggiamento da tenere in campo. Il tentativo di costruire mattone dopo mattone un muro che non lasci passare nulla, che non conceda errori gratuiti”. Anche se Alex come ha fatto vedere in questi giorni sa anche attaccare. E di questo muro inizia a farne sempre più parte Leyton Hewitt. Alex si allena ad Alicante ma è aiutato economicamente dalla Federazione Tennis Australiana. Madrepatria nella quale ritorna ogni anno di questi tempi. Ma Alex sembra non avere dubbi. “Mi sento assolutamente australiano” dice al cronista che gli chiede a quale delle due nazioni si senta più vicino.
SLAM. Ad aspettare Alex all’esordio slam ci sarà Tomas Berdych, numero 2o del mondo. Ma Alex sembra non essere disturbato dal valore dell’avversario. “Ogni volta che entro in un campo da tennis imparo qualcosa di nuovo”, dice. “Sto cercando di fare tesoro da tutte le esperienze, ControTomas sarà un match sicuramente difficile. Ma io non vedo l’ora di giocarlo. Credo sarà divertente. Voglio dare il massimo, lottare su ogni punto. Credo che l’unica cosa che posso chiedere a me stesso sia giocare al meglio le mie carte.”