Il Muro: un amico fidato e un nemico imbattibile

In una recente intervista il maestro di tennis più famoso e discusso del mondo Nick Bollettieri ha sottolineato l'importanza per ogni giovane tennista del solitario allenamento contro il muro. Ogni campione ha avuto il suo, grazie al quale si è migliorato, ha inventato colpi, ha affinato le proprie strategie e i propri fondamentali. Ma è lo stesso muro con cui si è confrontato chiunque abbia mai tenuto in mano una racchetta, anche solo per passare il tempo o per sfogarsi un po'. Diversi muri per diversi tennisti, ma un unico Muro, contro il quale nessuno può vincere.

Il mio muro – Citando il comico Mitch Hedberg: “La cosa deprimente del tennis è che non importa quanto bene giochi, non sarò mai forte come un muro”. Quando ho preso per la prima volta in mano una racchetta, poco dopo aver imparato le basi dei fondamentali, uno dei primi compiti che mi diede la maestra di tennis fu quello di andare a giocare contro il muro. Il muro del circolo in cui iniziai a giocare altro non era che una parete un po’ irregolare e scalcinata ricavata in un piccolo spazio all’angolo fra due gradinate degli spalti che sovrastavano il campo centrale. Ci volle un po’ per fare più di tre palleggi di fila. Oggi non ho smesso di giochicchiare contro il muro; il muro di adesso è altrettanto scalcinato, ma a differenza di quello di quand’ero bambino è sulla strada privata di fronte a casa mia, e pure il pavimento su cui cade la palla è scalcinato. Il risultato deve essere poco piacevole alla vista altrui, e mi ci è voluto un bel po’ per fare più di tre palleggi di fila.

Immagino sarà capitato anche a voi di prendervela per un rimbalzo imprevedibile, per non essere arrivati a dieci palleggi di fila, perchè sentite che il vostro rovescio è orribile e via deprimendo. La cosa che ci accomuna tutti è che è capitato anche ai grandi campioni di prendersela contro un muro, che sostanzialmente è invincibile. Diversamente da noi però, loro sono riusciti a far sudare più di sette camicie al muro prima di perdere, e grazie alle sue lezioni sono diventati ciò che sono oggi. La storia di un muro è importante per almeno due campioni: uno è un campione del passato, Bjorn Borg, e l’altro è un campione del presente, Novak Djokovic.

Il muro di Borg – Il muro di Borg è un muro avvolto in un alone leggendario; si dice infatti che il grande campione svedese, principale antesignano, se non vero e proprio inventore, del top-spin e del rovescio a due mani, vincitore di 11 slam, giocasse volutamente contro un muro di pietra nuda, con superficie completamente irregolare, perchè la palla rimbalzasse ogni volta in modo diverso e imprevedibile, affinando così i propri riflessi e i propri recuperi. Bella voglia. Oltre al miglioramento tecnico, con ogni probabilità l’allenamento al muro ha offerto al piccolo Borg alcuni dei principali segreti per il successo: la calma, la tenacia e la pazienza. Non per nulla soprannominato Ice Man, o anche IceBorg, lo svedese ha fondato i propri successi su una calma glaciale nei momenti chiave delle partite. Chi altri avrebbe potuto giocare contro un muro con cui fare più di due scambi è pressochè impossibile? Alla fine, la esperienza contro il muro è una esperienza personale che incarna l’essenza stessa dello sport. Il muro ti prepara e migliora i tuoi colpi, ma soprattutto migliora i tuoi limiti e la tua pazienza, perchè una volta in campo la vera partita è contro se stessi, più che contro l’avversario.

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Il muro di Djokovic – Il muro di Novak Djokovic è un muro un po’ diverso: un muro in cui rifugiarsi, sia mentalmente che fisicamente, un posto in cui andare a nascondersi dagli orrori che ci circondano. Il piccolo Nole ha infatti vissuto uno dei momenti più sanguinosi delle guerre della ex Jugoslavia, in cui furia fratricida devastò la maggior parte della regione dei Balcani, anche grazie al deplorevole contributo dei paesi occidentali. Il muro in questione si trova a Kopaonik, in Serbia, vicino a Belgrado, un posticino di campagna. Muro che fino al 1998 è stato il principale avversario del piccolo Nole e dei suoi meno talentuosi fratelli, fin da piccoli appassionatissimi di tennis e contro il quale spendevano buona parte delle proprie giornate tutti insieme, anche ai genitori, e che il campione serbo ha ricordato con malinconico affetto. Lo scorso anno Djokovic è infatti tornato a visitare quegli stessi posti, abbandonati in fretta e furia per l’inasprimento della guerra, ed è tornato a trovare proprio quel muro. Oggi quel muro, come ha mostrato in un video pubblicato per l’occasione sui social, appare crivellato da proiettili sparati proprio durante la guerra da cui era fuggito.

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Il muro di Bollettieri – Un po’ meno poetico il muro per Nick Bollettieri, ma più pratico: “Amo quando gli studenti colpiscono contro il muro. Perché? Perché il muro può darti abilità tennistiche che non possono darti gli allenatori e gli avversari. In un tennis sempre più veloce, i giocatori devono avere colpi solidi da effettuare in modo rapido. In questo, Monica Seles era la più brava tra tutti quelli e tutte quelle che ho visto. Non conta quanto colpisci la palla contro la Seles, lei riuscirebbe comunque a piazzarsi bene con la racchetta impattando la palla a dovere.

Allenarsi contro il muro può aiutarti a migliorare questo aspetto del tuo gioco. Comincia a una buona distanza dal muro, e pian piano che ti senti a tuo agio, vai più vicino. La palla ti arriverà alta in modo più veloce di qualunque avversario che tu possa affrontare.

Ciò ti costringerà a leggere la traiettoria della palla in anticipo e colpirla mentre sale, qualità essenziali per ogni giocatore moderno”.

E il vostro muro com’è?

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