Il poker di Jannik

Quarto titolo stagionale – impresa mai riuscita a un azzurro – per Sinner, che stende Schwartzman con un doppio 6-2 che non ammette repliche e adesso insegue le Finals.

Ora che lo spazio sul carro del vincitore si riduce, tornano in mente le critiche ricorrenti a questo ragazzo – che è scarso a rete, che non sa servire, che non ha margini di miglioramento, che non è italiano, che non è andato alle Olimpiadi, che perde con Nadal, che perde con Djokovic, che perde con O’ Connell, insomma che perde, che è goffo, che è noioso, che è inquietante, che è troppo freddo ma anche troppo emotivo – a volte veniva voglia di difenderlo, invece bastava sedersi sull’argine a guardare il fiume. Non che sia sbagliata o ingiustificata la voglia di chiedergli di più, a prescindere dal modo in cui lo si fa – ecco magari il garbo non regna sul web– ma bisogna anche dare a Jannik quel che è di Jannik, celebrando un risultato che nessun italiano ha raggiunto in passato, con la bellezza di quattro trofei Atp alzati in stagione. E cinque in totale (escludendo le Next Gen Finals 2019 e gli svariati Challenger), tutti racchiusi in un anno. È vero che non di soli numeri vive l’uomo e che non bastano le cifre per misurare la grandezza, però l’idea che il leggendario Adriano ne abbia vinti dieci in tutta la carriera, rende ulteriore lustro all’impresa di Jannik.

È poi impressionante il modo in cui sono giunte queste vittorie, perché evidenzia l’evoluzione clamorosa e rapida del rosso di Sesto Pusteria. Dai primi titoli conquistati fra alti e bassi, partite tiratissime anche con avversari non di prima fascia, lunghe lotte estenuanti che lo lasciavano senza energie – come testimoniato dalle successive e quasi puntuali uscite al primo turno – risolte con una presenza mentale di rara intensità, siamo passati al dominio assoluto di Anversa (e tutto sommato anche di Sofia bis dove ha sofferto leggermente ma non ha lasciato per strada neanche un set). In mezzo c’è stata la spedizione di Indian Wells, non del tutto negativa ma finita male per colpa di un servizio preoccupante e di un grande Taylor Fritz. Rimane il fatto che, dopo le quattro sconfitte di fila tra giugno e luglio, Jannik ne ha vinte 18 su 22 nei mesi successivi: una continuità pazzesca.

Jannik sui campi di Melbourne 2021

Ad Anversa si è aggiunta una gestione molto matura delle partite, senza quei cali di tensione pericolosi che l’hanno spesso messo a rischio. Il cemento indoor è senza dubbio la superficie preferita di Sinner, che qui sfrutta le condizioni veloci e regolari per prendere ritmo e cannoneggiare senza pietà ma anche in tale contesto i miglioramenti sono vistosi. La finale, così come la semifinale, è stata quasi una partita senza storia, di cui c’è davvero poco da raccontare in termini di svolte e ribaltamenti. Jannik ha dettato legge dall’inizio alla fine, e lo ha fatto contro un giocatore che trae le proprie energie dalla risposta, quindi in teoria fastidioso per lui che ha problemi al servizio. Le percentuali di prime non sono salite rispetto a Indian Wells, ma l’efficacia è stata ben diversa, con il 91% di punti ottenuti (21 su 23) e un ottimo 62% con la seconda. Questo trend è stato costante nel torneo e conferma una situazione in divenire, gravata negli scorsi mesi da qualche cambio di strategia ma comunque passibile di grandi miglioramenti.

In tutto questo, ripensando alle critiche di cui sopra, viene dire che sì forse la nostra cultura sportiva è da rivedere, che giudichiamo troppo da vicino e in base ai meri risultati ma che dall’altro lato, se c’è qualcuno a cui chiedere di più, quello è proprio Jannik, già forte e titolato eppure ancora acerbo e difettoso; quindi va bene, criticatelo, attaccatelo, sottolineate senza pietà ogni mancanza e ogni sconfitta; lui, da parte sua, se continua a crescere con questa mentalità dovrà presto comprarsi una mensola più lunga per fare posto a nuovi trofei.

Ora non c’è tempo per fermarsi a godere del successo; c’è Vienna, c’è Bercy e soprattutto ci sono le Finals lì a portata. Non sarà facile parchè la concorrenza per gli ultimi posti è agguerrita; la partenza in salita con Opelka non aiuta, inoltre molto peseranno i risultati altrui (l’uscita prematura di Hurkacz può aiutare, per esempio), ma Jannik farà di tutto per inseguire questo sogno, da condividere con il Matteo nazionale che l’ha già raggiunto.

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