Ci risiamo! Al termine di una eccellente prestazione, l’altra sera Fabio Fognini è diventato il quinto italiano di sempre capace di battere un n°1 del mondo. Il primo fu Barazzutti, a Monaco di Baviera nel lontano 1974, quando si impose a Ilie Nastase; poi ci riuscì due volte Adriano Panatta con Connors (Stoccolma ’75 e River Oaks ’77), Gianluca Pozzi con Agassi (ma lo statunitense si ritirò mentre era in vantaggio di un set sull’erba del Queen’s, nel 2000) e infine, ultimo in ordine di tempo, Filippo Volandri sempre al Foro Italico contro Federer nel 2007.
A conti fatti, e al netto dello stato di forma di Andy Murray (che con questa ha fatto salire a sette il numero di sconfitte da quando è diventato leader del ranking ATP), il successo del ligure rappresenta dunque un exploit a cui l’Italia del tennis (perlomeno di quello maschile) non è certo abituata e conferma, qualora ve ne fosse bisogno, la qualità di Fognini, in particolare sulla terra rossa. La scorsa settimana, in quel di Madrid, l’azzurro fu l’unico a strappare un set al futuro campione del torneo Rafael Nadal e a farlo veramente tremare sul piano del risultato oltre che del gioco. Pur avendo la testa a Barcellona (per via dell’imminente maternità della moglie, Flavia Pennetta), Fabio ci teneva tantissimo a dimostrare anche al pubblico romano le sue capacità e c’è da crederci che Murray, al momento del sorteggio, non avrà appreso la notizia del possibile accoppiamento con Fognini al secondo turno con grande gioia.
Perché, ormai è assodato, pur peccando talvolta in continuità, il tennis che Fabio è in grado di esprimere nelle giornate migliori può infastidire chiunque. In un 2017 in cui le giornate storte (le sconfitte con Robredo a Buenso Aires, Kuznetsov a Budapest e Pella a Monaco, solo per citare le peggiori) sono state superiori a quelle dritte (quasi tutte concentrate nella meravigliosa cavalcata a Miami, in cui ha raggiunto le semifinali), la netta vittoria su Murray apre l’ennesimo squarcio di fiducia in un giocatore che, quanto a talento puro, dovrebbe veleggiare stabilmente tra i primi 15-20 del mondo.
Oggi però, Flavia permettendo, il ligure sarà chiamato ad una prova importante contro il capofila consolidato di quella NextGen di cui tanto si parla. Al tedesco Alexander Zverev non manca nulla per prenotare un posto in vetta alla montagna e il best-ranking (17) ottenuto qualche giorno fa grazie alla vittoria di Monaco (secondo torneo dell’anno dopo Marsiglia) e ai quarti di Madrid (dove solo il mestiere di un ispirato Cuevas è riuscito a fermarlo) dimostra i progressi fatti registrare da Sasha negli ultimi mesi. Zverev riesce a conciliare la potenza nei colpi di rimbalzo a una mobilità più che dignitosa, considerando la sua stazza, e a una maturità inusuale per un ventenne.
Fabio però possiede la chiave per entrare in questo mix apparentemente letale (per gli avversari) e confondere le idee al tedesco, ovvero usando l’anticipo e gli angoli oltre che facendolo correre in avanti, pratica nella quale Zverev mostra ancora qualche lacuna. Tutto questo, banale ripeterlo, se Fognini per una volta saprà confermare sul campo quanto tutti si attendono da lui, ovvero quella continuità di rendimento ad alto livello fin qui quasi sempre venuta meno. Pur riconoscendo al ligure un talento indiscutibile, quest’ultimo da solo non basta e nel circuito sono tanti gli esempi di giocatori che hanno saputo costruirsi e mantenere una classifica di tutto rispetto lavorando anche e soprattutto sull’intensità mentale nonché sulla capacità di resettare qualsiasi episodio negativo e mettersi alle spalle gli episodi avversi all’interno della partita. Aspetti, questi ultimi, su cui Fabio dovrebbe concentrare ogni suo sforzo per fare quel definitivo salto di qualità che tutti attendono da lui.