Il destino va a scovare Jannik e lo porta di peso sul campo di Torino. Volevamo vederlo qui insieme a Matteo, e non ci aspettavamo certo che ne prendesse il posto in una staffetta crudele simboleggiata dall’immagine del Berretto nazionale in lacrime, con l’espressione frantumata di chi ha perso un sogno accarezzato a lungo e infine conquistato con merito.
Sinner, che la qualificazione l’aveva soltanto sfiorata, stasera si ritrova guardacaso proprio contro l’amico polacco che gli aveva già negato la gioia del primo master 1000 in carriera, per poi precederlo al fotofinish nella race to Turin. In questo pasticciaccio emotivo la riserva abbandona l’ombra per il centro della scena senza nemmeno il tempo di farsi domande o crearsi aspettative, trasformandosi nell’underdog per eccellenza.
Non c’è pressione, dunque, ma c’è un’esperienza da godere fino all’ultima goccia.
Torino, che aveva sostenuto Matteo con tutte le forze, è pronta ad abbracciare il rosso di San Candido che proverà a non farlo rimpiangere su una superficie velocissima che potrebbe sorridergli.
Non c’è tempo per i convenevoli: si fa subito a sportellate e Jannik annulla palla break nel secondo gioco, poi se ne prende due nel terzo, aggredendo il servizio di Hurkacz con una profondità insostenibile; sulla seconda agguanta il break con una risposta nei pressi delle stringhe di Hubert. Il polacco argina il tentativo di fuga prolungando gli scambi, raggiunge i vantaggi e si procura tre occasioni per rientrare; Jannik è bravo e paziente, rimedia allo smash sbagliato e agguanta il 3-1 con le unghie. Poi, nonostante i tre ace di Hurkacz, Sinner gli strappa nuovamente il servizio chiudendo il game con una volée che accarezza la linea di fondo (4-1).
Dopo un veloce giro di giostra (ed è già una notizia), Jannik va a servire per il set sul 5-2. Apre con l’ace, poi ci prende gusto e replica, infine va a set point con un servizio vincente (40/0). Ora non entrano più prime e Hubert vince tre punti di fila poi getta alle ortiche la rimonta con due gratuiti che segnano la fine del parziale 6-2.
La reazione di Hurkacz è intelligente come il suo tennis, e mira a variare il peso delle palline costringendo Sinner a spingere di continuo con il rischio di andare fuori giri. La tattica funziona fino alla palla break nel secondo game, ma Jannik annulla e si porta avanti nel terzo, accendendo l’energia degli spalti. Non ha bisogno di sbracciarsi in stile Monfils per chiamare a raccolta i suoi sostenitori: lascia che sia il tennis a farlo, lui pensa a giocare e conferma il vantaggio dopo un game di sette minuti (3-1). Da qui in avanti l’impressione è che Hurkacz accusi anche qualche problema fisico e alterna qualche ottimo vincente a una serie di gratuiti che spianano la strada all’azzurro; la chiusura sul 6-2 è la conseguenza naturale di una partita ben giocata, che Sinner è riuscito a rendere più facile di quel che era. In fin dei conti è solo merito suo se Hubi non è quasi mai riuscito a prendere possesso della rete, perdendo via via sicurezza nei propri mezzi e persino nel proprio temibile servizio.
Sinner non sarà un chiacchierone, ma la dedica a Matteo (Matteo sei un idolo + cuoricino, scritto in rosso sulla telecamera) è sentita e sincera, ribadita con voce commossa nell’intervista. Ora si punta a Medvedev, con rispetto ma senza paura: sarà difficile batterlo e probabilmente non basterà, perché Hurkarcz dovrà contemporaneamente avere ragione di un ottimo Zverev. Purtroppo il regolamento non è clemente in questo caso, visto che il numero di partite giocate figura al secondo posto (dopo il numero di vittorie) fra i criteri dirimenti in caso di arrivo a pari punti.