Per capire che qualcosa sia cambiato in Benoit Paire non è assolutamente necessario grandi viaggi nel tempo, ma basta tornare sul Grandstand del torneo di Washington, perché è da lì che tutto comincia
Baghdatis batte Paire, o Paire batte se stesso?
Il caso è ormai noto a tutti, ma è sempre giusto ricordarlo: siamo al primo turno del Citi Open di Washington, e Marcos Baghdatis conduce per 4-2 nel set decisivo contro il francese. Si giunge ad una palla break che avrebbe portato il cipriota a servire per il match: in un punto che sembra ormai vinto, Paire sbaglia uno smash, scivolando anche a terra, perdendo nuovamente il servizio. Proprio mentre era a terra, il giocatore di Avignone spacca una prima racchetta, poi, al cambio campo, ne distrugge un’altra: a ben poco servono le parole di conforto di Baghdatis al cambio campo, perché Paire, dopo aver lanciato le due racchette rotte in mezzo al campo (senza alcun motivo logico), pone fine al match perdendo l’ultimo game a 0. Prima di andare a rete dall’avversario, però, non si fa mancare la soddisfazione di sfasciare un altro telaio.
Il rapporto turbolento con la FFT
Di certo, non è stato questo evento a tenere lontano dalla Davis per tutta la carriera il 29enne Paire: in fatti, la Federazione Francese (o FFT) ha sempre dichiarato di non sopportare gli atteggiamenti posti in essere dal proprio giocatore, ma questo non ha mai minimamente toccato il tennista d’oltralpe, che è rimasto indifferente anche davanti all’esclusione da Rio 2016.
Esattamente, anche alle Olimpiadi, Paire è riuscito a farsi riconoscere: infatti, dopo l’estromissione dal torneo di singolare per mano di Fabio Fognini, gli è stata preclusa la partecipazione alle altre competizioni, a causa di comportamenti non rispettosi del gruppo. A tutto questo aveva risposto dicendo “Sono contento di andarmene, l’importante era partecipare, la Federazione è inesistente”. Ovviamente il caso non passò inosservato: il nostro caro Benoit subì una sospensione di 6 mesi da ogni attività federale, cosa che non ha mai turbato, almeno a quanto dice, il tennista francese.
Di certo, non è il miglior modo per ottenere un posto in Davis, visto che anche col pubblico ha avuto più di qualche screzio: proprio nel Master 1000 di casa, quello di Parigi-Bercy, ha più volte avuto da ridire sugli spettatori del torneo. Partendo dal 2012, in cui li ha accusati di non capire niente di tennis di livello, passando per l’anno successivo, in cui dava loro degli idioti, arrivando al 2015, in cui affermava che stessero solo aspettando l’occasione giusta per fischiare i giocatori di casa, Benoit non è mai riuscito ad instaurare un rapporto felice con il proprio pubblico.
La Davis: territorio inesplorato
Il rapporto di Paire con la Davis è alquanto controverso: se da una parte ha sempre ignorato le continue esclusioni, che fossero per motivi di atteggiamento o di ranking, dall’altra non aveva fatto mancare le lamentele quando, prima Chardy, e successivamente Mannarino, erano stati convocati al suo posto nonostante la classifica più bassa.
Certamente, neanche il giocatore di Avignone ha mai collaborato: ai continui sforzi di Noah, grandioso capitano della formazione francese, che erano culminati con uno spiraglio aperto per la convocazione in finale nel 2017, Paire aveva risposto con un “probabilmente sarò in vacanza” che non è suonato molto bene.
Noah, verò fautore della comparsa del campione di Bastad 2015, ha però continuato a riallacciare i rapporti, ed è riuscito a far scattare qualcosa nella mente di quest’ultimo: proprio Paire aveva dichiarato quest’anno che avrebbe voluto giocare la Davis, visto che la riforma in arrivo l’avrebbe completamente cambiata, e che si sarebbe impegnato per mandare un messaggio al capitano.
All’ipotesi avanzata da qualche media francese che il proprio connazionale fosse stato convocato solo per venire spazzato via da Nadal, Noah risponde preferendolo a Gasquet contro Carreno Busta, numero 1 spagnolo ad interim.
In conferenza stampa dopo il sorteggio, Paire aveva dichiarato: “Capisco che sia difficile darmi fiducia, in campo a volte impazzisco, ma quest’anno penso di essere diventato più continuo e anche più forte mentalmente. Non vedo l’ora di scendere in campo, è una grande opportunità per dimostrare che non sono solo un pessimo esempio. Certo, a Washington ho combinato un disastro, ma è l’unico caso in tutto l’anno: qua è diverso, voglio portare un punto alla Francia, e per farlo devo giocare con serietà”.
Un sogno che diventa realtà
Arriva, dunque, il momento fatidico: nel match d’apertura della semifinale del World Group, Benoit Paire affronta Pablo Carreno Busta.
Il primo set è decisamente complicato: lo spagnolo si porta avanti per 3-2 grazie ad un break nel quinto gioco, ed arriva a servire per il set sul 5-4, dopo aver visto sfumare due set point nel game precedente: ancora una volta, Paire salva il primo parziale, annullando la terza palla set, e si riporta in parità. Da questo momento parte un assolo del francese: vincerà 14 dei successi 15 game, imponendosi col risultato finale di 7-5 6-1 6-0.
Certo, come poi dichiarerà anche lui stesso, Carreno Busta non era al meglio della condizione fisica, ma questo primo punto, sommato alla maratona vinta da Pouille su Bautista Agut e al doppio portato a casa da Benneteau, all’ultima apparizione in maglia francese, e Mahut, regala alla Francia la finale di Davis per il secondo anno di fila.
Sembra, dunque, arrivato il momento anche per Benoit Paire, rappresentazione perfetta del motto “genio e sregolatezza”, che, a 29 anni suonati, ha deciso di mettere la testa a posto e concentrarsi solo sul tennis giocato e non sui disastri in campo. Certo, sarebbe anche ora, ma come dice il detto, meglio tardi che mai.