Sto per dirti una cosa, ma non voglio che ti preoccupi figlio mio. Andrà tutto bene, ma c’è una ragione per cui non ti ho chiamato negli ultimi giorni. Ho il cancro.
Così è iniziata, 14 anni fa, la chiamata della madre di John Isner per metterlo al corrente del suo precario stato di salute. Il tennista americano racconta uno dei momenti più difficili della sua vita, quando sua madre, appunto, gli ha rivelato di avere un cancro al colon. “Avevo 18 anni e il cancro era un problema di cui avevo letto e che, sfortunatamente, aveva colpito persone a me vicine o i genitori dei miei amici, ma che personalmente non avevo vissuto” – spiega Long John. “Non avevo notizie di mia madre da alcuni giorni. Di solito ci sentivamo sempre, anche quando ero impegnato con il tennis e le lezioni all’Università. Non mi aveva più chiamato perché doveva subire un’operazione di emergenza; pensavamo tutti che il problema fosse un’appendicite, ma quando si è svegliata dall’anestesia le hanno detto che si trovava in una fase molto avanzata del cancro al colon, quindi i medici hanno deciso di rimuovere immediatamente il tumore.” Il tennista a stelle e strisce racconta che sua madre, inizialmente, ha preferito non dirgli nulla, in modo tale da non spostare la sua concentrazione dal tennis e gli ha illustrato, solo successivamente, quanto sarebbe stato duro il cammino costellato dalle cure e dalla chemioterapia. “Quando ho riattaccato il telefono, ho iniziato ad urlare e a piangere. Ho pianto così tanto da sentire, alla fine, la mia testa totalmente vuota. Sei settimane prima ero a casa a festeggiare il Natale con la mia famiglia e stavano tutti bene; poco tempo dopo ho temuto di perdere mia mamma” -rivela John- che specifica che per l’Università voleva lasciare la casa dei suoi genitori e recarsi in un posto abbastanza lontano, tale da non permettere loro di visitarlo spesso, mentre dopo la triste notizia l’unico luogo dove voleva stare era proprio casa sua. “Mia madre era attesa da sei mesi di chemioterapia: dal lunedì al mercoledì si sedeva per ore con un tubo collegato al braccio, attraverso il quale la medicina le veniva diffusa direttamente nelle vene. Non era mai sola però; sia mio padre che mia zia, io o i miei fratelli, andavamo con lei in ospedale a stringerle la mano o a parlarle di qualsiasi cosa. Mi sono sentito bene il primo e il secondo giorno, ma molto male quelli successivi. Avevo nausea, vomito e non volevo alzarmi dal letto. La chiamavo a casa e lei mi diceva che si sentiva bene, ma poi mio padre mi ha raccontato tutta la verità” -continua a raccontare Isner- “Mamma voleva che continuassi a giocare a tennis e io, in qualche modo, sentivo che stavo realizzando qualcosa di buono per lei. Appena possibile veniva a vedere ogni mia partita, assieme a mio padre. Passava dalla chemioterapia (nel corso della settimana) ai campi da Tennis durante il weekend” -rivela Isner. “I sei mesi di chemioterapia, per fortuna, avevano eliminato il cancro, quindi pensavamo che fosse tutto finito e che l’incubo fosse passato. Ma i successivi controlli periodici hanno portato alla luce una ricaduta, nell’Ottobre del 2007. In questa occasione il trattamento è divenuto ancora più aggressivo. I medici le avevano prescritto 28 trattamenti radioterapici, con l’aggiunta della chemioterapia costante per sei settimane. Fortunatamente le cure hanno funzionato, il cancro è regredito ed è stato asportato più avanti con un’altra un’operazione. Ovviamente i controlli sono continuati, ma sempre meno frequentemente, fino a quando non sono stati più necessari, ringraziando il cielo”. Isner rende noto che, ogni volta che gioca negli Stati Uniti, i suoi genitori cercano sempre di assistere alle sue partite a Indian Wells, Miami, Cincinnati, New York, Houston e Atlanta. “Lungo i miei 12 anni di carriera nel tour, ho avuto la fortuna di disputare molte partite intense, ma non ho mai provato nulla di simile al dolore che mia madre ha dovuto sopportare” -ammette John. “Che cosa ho provato quando mi trovavo 68 pari contro Mahut a Wimbledon? È difficile fare raffronti. Quanto ero stanco durante il primo set della finale di Miami contro Zverev? Nessuna di queste due situazioni può avvicinarsi all’intensità del dolore e della forza di mia mamma.”
In conclusione, Long John termina con una riflessione molto importante. “Quando sento lo stimolo di lamentarmi per il caldo o per l’orario in cui mi hanno messo a giocare, ricordo sempre quanto sia stata coraggiosa mia madre in questi anni e questo mi aiuta a vedere tutto in un’altra prospettiva. Nella vita come nello sport, a casa o in tribuna, porto sempre con me il suo infinito sostegno” -ammette Isner, che quando cammina sul rettangolo di gioco porta con sé un grande esempio di vita, che gli permette di lasciare fuori dal campo ogni preoccupazione per il risultato finale. “Che io perda o vinca, mamma mi ribadisce sempre quanto sia orgogliosa di me. A lei devo tutto” -conclude il gigante di Greensboro, non senza un filo di vibrante emozione nella voce.