Si può dire che l’altro ieri Juan Martin Del Potro sui campi del Queen’s abbia giocato un duplice incontro: il primo lo ha vinto contro Denis Shapovalov 75 64, il secondo – forse il più importante – lo ha perso contro una sfortuna che continua a tormentarlo e gli ha imposto un nuovo stop a causa della frattura della rotula del ginocchio destro.
Gli ultimi esami medici ai quali si è sottoposto indicano la necessità di un nuovo intervento da effettuare entro un paio di giorni in una struttura ancora da definire, che sembra lo terrà lontano dai campi fino alla fine dell’anno: un copione che Delpo suo malgrado conosce sin troppo bene. L’infortunio è avvenuto nell’ottavo game del secondo set nel quale, a seguito di una discesa a rete, il giocatore argentino ha avvertito una fitta al ginocchio destro, lo stesso a causa del quale si era dovuto fermare anche al Masters 1000 di Shanghai dello scorso ottobre. È una torre di cristallo quella di Tandil, che dal 2008 ha dovuto affrontare una serie di infortuni che lo hanno costretto a un vero e proprio calvario, specie i più gravi come quello del 2010 al polso destro che lo ha tenuto lontano dai campi da tennis per otto mesi, per poi cominciare a sentire dolore a quello sinistro, che lo ha portato a ritirarsi del febbraio del 2014 fino al febbraio 2016 dall’attività agonistica per sottoporsi a una serie di delicati interventi nel tentativo di sistemarsi.
L’ultimo della cronologia riguarda proprio il ginocchio a marzo 2019 e lo costringe a saltare diversi tornei che lo hanno visto protagonista nel 2018: Acapulco dove ha vinto imponendosi contro l’allora n°6 Thiem, il n°5 Zverev e in finale contro il numero 8 Anderson, e Indian Wells, primo Masters 1000 vinto dall’argentino in finale contro l’allora n°1 Roger Federer. Un risalita che lo ha portato al n°3 del ranking Atp, salvo poi fermarsi a Shangai per l’ennesimo infortunio. Guardando ai risultati ottenuti in carriera nei brevi momenti lontani dagli infortuni, Delpo è stato uno dei pochi in grado di opporsi al dominio Federer – Djokovic – Nadal, come è successo nel 2009 quando si è aggiudicato gli US Open battendo in semifinale Rafa Nadal con un triplo 6-2 e in finale Roger Federer dopo una battaglia di oltre quattro ore e divenendo il primo ad aggiudicarsi uno Slam dopo che i precedenti 18 erano stati cannibalizzati dai big 3.
Guardando alla sua storia, il “gigante buono” è stato in grado di ritornare dopo ogni infortunio alle posizioni più alte della classifica Atp, superando i momenti di sconforto nei quali il ritiro sembrava l’unica scelta plausibile, partendo dal basso, modellando il proprio stile di gioco in base a ciò che le sue articolazioni gli permettevano di utilizzare più agevolmente, dimostrando che se la torre è di cristallo, il cuore è adamantino. Il grande pubblico ha sempre amato Juan Martin Del Potro, forse per la gentilezza dei modi, forse empatizzando con la storia sfortunata anche fuori dai campi (ha perso la sorella morta giovanissima in un incidente stradale, è a lei che dedica il bacio dopo le vittorie) e sono già tantissime le manifestazioni di affetto sui social che si stringono attorno a una torre avvolta di nuovo in una nuvola scura. Un grande pubblico che spera di vedere una fenice uscire dalla torre, che rinasce dalle proprie ceneri per tornare a nuova vita.