Juan Martin Del Potro: questo nuovo, insopportabile, infortunio non deve avere il sopravvento

Ancora un infortunio per il campione argentino che getta lui stesso e i suoi tifosi nello sconforto più totale. Ma le ultime notizie presentano una situazione meno grave del previsto e lasciano sperare che, tra qualche mese, Del Potro potrà tornare a competere nel circuito. E non c'è un solo addetto ai lavori o appassionato di Tennis che non gli auguri una pronta guarigione.

Quando si va alla ricerca di un tennista sfortunato, dal potenziale enorme e che, se non fosse stato bistrattato dagli infortuni avrebbe potuto cambiare la storia di questo sport, il focus inevitabilmente cade su Juan Martin Del Potro. La Torre di Tandil, il Gigante Buono, il Palito per gli amici più cari, il campione slam degli US Open 2009, la medaglia di bronzo e argento olimpionica, è di nuovo vittima, per l’ennesima e insopportabile volta, di un infortunio. Non ci voleva, non è giusto, dopo una stagione stellare in cui ha portato a casa i titoli di Acapulco e Indian Wells, la finale degli US Open, la semifinale al Roland Garros e il primato di aver giocato una delle partite più belle dell’anno contro Rafael Nadal a Wimbledon. Ma in particolar modo, questo nuovo e malaugurato stop, non è accettabile se si considera che la sua carriera già in altre due occasioni è stata pesantemente condizionata da malanni fisici di non rapida soluzione. Il sudamericano, ora numero del mondo, fresco qualificato per le Finals di Londra dopo 5 anni di assenza, dovrà sostare ai box, ancora una volta forzatamente, a causa della sfortuna che lo attanaglia da troppo tempo, ma anche per colpa di una giustizia superiore che si è dimenticata di avere pietà di lui e della sua salute. Stavolta è la rotula del ginocchio destro ad aver ceduto, per via di una caduta rimediata durante il match di ottavi di finale a Shanghai, incontro nel quale è stato costretto al ritiro dopo il primo set.

La rotula di Delpo, fasciata dopo la caduta a Shanghai
La rotula di Delpo, fasciata dopo la caduta a Shanghai

Nessuno osava immaginare che il responso della radiografia potesse essere così pesante, per lo meno non quanto le altre precedenti sciagure che gli erano costate care in fatto di continuità. Allora, sia nel 2010 che nel 2014, era il polso a ridimensionare la carriera dell’argentino, una zona particolarmente a lui sensibile e per la quale si sono resi necessari due anni di stop (biennio 2014/16) e diverse, delicatissime, operazioni per recuperare totalmente l’elasticità del polso sinistro; interventi rischiosi che avrebbero potuto segnare il suo KO definitivo, qualora anche una sola sbavatura fosse stata commessa in sala operatoria. Per Juan Martin quei due anni sono stati terribili non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico. Come lo stesso tennista ha più volte raccontato, la lontananza dai campi gli ha procurato un dolore interno fortissimo, una semi-depressione che lo aveva privato di quella voglia di combattere e lottare per riprendersi il palcoscenico che tanto amava. Oggi Palito è un tennista non solo ferito al ginocchio, ma anche nell’anima. Dopo l’ultima pausa forzata trascorsa a recuperare forma e condizione, dopo la pervicacia con la quale è riuscito a ricostruire una carriera che sembrava finita, attingendo a tutte le risorse motivazionali di cui disponeva e anche di più, e che lo ha visto regalare alla sua nazione un’altra medaglia olimpica, oltre all’agognata Coppa Davis, un altro stop e un’altra riabilitazione sembrano impossibili da affrontare. Fortunatamente, con un secondo comunicato, l’addetto stampa che segue e monitora costantemente la sua situazione ha annunciato che non sarà necessario ricorrere ad un intervento chirurgico per risolvere la frattura e ha parlato di cure conservative, attuabili tramite un tutore e un immobilizzatore osseo che, unito ad una riabilitazione di alcuni mesi, dovrebbero riportarlo alla normalità e quindi ad essere pronto per rientrare nel circuito in occasione degli Australian Open o al massimo per il torneo di Delray Beach a Febbraio 2019, scenario che già nelle due passate occasioni aveva segnato il rientro del campione di Tandil. Del Potro, ora, è comprensibilmente triste e scorato, deluso ed amareggiato per mano di un destino crudele che ha inficiato e non poco un percorso che avrebbe potuto essere molto più ricco di soddisfazioni per lui. D’altronde per i top players se c’è un avversario che da sempre viene visto come ostico è lui, ovvero il cecchino che ha tolto a Roger Federer il record di vincere 6 US Open di fila, che lo ha battuto due volte in finale nella sua Basilea, che per due volte ha privato Novak Djokovic del sogno della massima medaglia olimpica, che ha sfiancato Rafa Nadal sull’erba di Wimbledon, che ha incantato il pubblico di tutto il mondo regalando la Coppa Davis alla sua nazione e che, recentemente, ha emozionato ogni singolo spettatore dell’Arthur Ashe stadium versando lacrime di commozione, copiosissime e cariche di pathos, dopo aver perso la finale di New York e aver ceduto allo strapotere fisico e tattico dell’amico e rivale Nole Djokovic. Sono state forse lacrime premonitrici quelle dell’argentino, che non sapevano di disfatta ma quasi della consapevolezza che l’occasione di disputare un’altra finale slam non sarebbe stata così semplice e immediata da realizzare.

Del Potro e Djokovic durante la premiazione agli US Open 2018
Del Potro e Djokovic durante la premiazione agli US Open 2018

Spesso, quando ci sofferma a parlare degli sportivi professionisti, si tende a relegare tutto al fatto che sono strapagati, che non devono faticare per arrivare alla fine del mese e che per loro ogni sventura è meno pesante che per chiunque altro comune mortale. Ma quando un atleta, un tennista, è un uomo così provato dalla sorte, che comunque dedica parte dei suoi guadagni ad aiutare i bambini disagiati del proprio paese, e in Argentina si sa non sono pochi, e che ogni volta che si è trovato davanti al baratro ha sempre tentato di reagire, il cinismo lascia spazio ad una delicata tristezza, composta di ricordi straordinari per tutto ciò che Juan Martin ha donato alla racchetta e per tutto ciò che avrebbe potuto conseguire, se solo il destino fosse stato meno cinico e baro.

Del Potro vince gli US Open nel 2009 contro Federer
L’argentino vince gli US Open nel 2009 contro Federer

Palito ora si sente solo, ingoiato da uno scenario che sperava di non dover rivivere, un palcoscenico fatto di gessi, tutori, trattamenti, cure, infermieri, fisioterapisti e medici che gli hanno rubato tre anni di carriera e una marea di sogni ampiamente realizzabili. Ma la forza d’animo che ha sempre contraddistinto il suo carattere e la generosità con cui ha accettato ogni sconfitta, alla stessa maniera di una vittoria, non verranno meno e gli daranno la forza di ricominciare. Sicuramente il calore dei tifosi e degli appassionati, i messaggi degli amici, dei colleghi e degli addetti ai lavori infonderanno a Juan Martin Del Potro il giusto vigore per riprendere a combattere e ogni supporto diretto o indiretto lo aiuterà a trovare le energie per riafferrare quanto lasciato in sospeso. Le Finals senza di lui non saranno le stesse, tutto il circuito senza di lui non sarà lo stesso, ma se una giustizia esiste, e siamo certi che sia così, questo non può essere un addio, ma solo un arrivederci un po’ più lungo del solito, il cui esito, prima della resa definitiva, sarà un altro grande successo.

Indian Wells 2018, ultimo trofeo vinto da Del Potro
Indian Wells 2018, ultimo trofeo vinto da J. M. Del Potro
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  1. Troppo sfortunato…..ma dimostra sempre una grande forza di volontà…..non è facile e non è da tutti…..grazie Del Potrò un esempio da imitare…..forza e grandezza d’animo….un grande atleta

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