Per come si era conclusa la stagione 2018, il 2019 del tennis russo avrebbe dovuto avere in copertina il faccione barbuto e rassicurante di Karen Khachanov, più ancora di quello ostinatamente adolescenziale di Rublev e più ancora di quello pulito e malinconico di Medvedev.
Karen, infatti, aveva appena finito di festeggiare il suo primo Masters 1000 a Parigi Bercy battendo in finale un certo Novak Djokovic e aveva avuto l’onore di assistere, come riserva di lusso, alle ATP Finals di Londra, concludendo l’anno a ridosso della Top Ten (n°11) in piena rampa di lancio. Insomma la strada sembrava quella giusta, quella che da Mosca, dove Karen è nato, porta dritto nell’Olimpo del tennis mondiale.
Peccato che a percorrerla sia stato il suo coetaneo e concittadino Medvedev, su cui si sono accesi i riflettori non solo per le “incomprensioni” con il pubblico di Flushing Meadows ma soprattutto poi per una seconda parte di stagione dove sembrava imbattibile (tranne per Nadal, ovviamente).
Il 2019 di Khachanov è sembrato, invece, più un giocare a nascondino che a tennis.
“Dov’è Karen?” Nessuno l’ha visto, è uscito al primo turno (4 volte). “Qualcuno ha visto Karen?” Mi spiace, è uscito al secondo turno: se ne contano addirittura nove, due delle quali per mano del nostro Matteo Berrettini. Ecco, proprio Berrettini è il contraltare che ci restituisce la cifra delle deludente stagione di Khachanov: sono due giocatori che si assomigliano, per caratteristiche (stessa età, stessa altezza) e per tipo di gioco (servizio e dritto poderosi, rovescio bimane molto solido). In breve, identiche potenzialità. La differenza, però, quest’anno l’ha fatta la continuità, essenziale in uno sport come il tennis, fatto di settimane e di tornei che si rincorrono uno dietro l’altro. Che ha portato Matteo alle Finals e Karen a chiudere, nonostante tutto, nella Top 20.
É vero, di mezzo ci sono stati i quarti di finale al Roland Garros e la semifinale di Montreal (sconfitto proprio da Medvedev), che gli sono valsi anche l’ingresso in Top Ten. Troppo poco per un giocatore dalle sue potenzialità e con le sue ambizioni.
Siamo sicuri che Khachanov ricorderà il 2019 più per la nascita del suo primogenito che per i suoi risultati sul campo. Al contempo, è difficile immaginare un 2020 ancora così sottotono, per un tennista che ambisce a vincere uno Slam come il suo connazionale Safin, a cui è stato più volte paragonato. Difficile possa accadere già nella prossima stagione, ma è lecito aspettarsi che possa giocarsi la vittoria finale di qualche 500 (se non un 1000). Anche perché gli altri NextGen corrono forte e non hanno proprio intenzione di voltarsi indietro ed aspettare.
Good luck, Karen. Anzi удачи
Di Federico Cembalo