Kyrgios, di nuovo sotto esame?

Ci risiamo, o forse no. Fatto sta che Nick Kyrgios la scorsa settimana, durante il torneo di Tokyo, ha preso un warning per aver “abusato” di una pallina, lanciandola sugli spalti durante il match, poi perso, di quarti di finale contro Benoit Paire.

Come ricorderete, la querelle dell’estate che ha riguardato il tennista australiano si è conclusa con un’ammenda e l’inizio di un periodo di prova della durata di sei mesi durante i quali Kyrgios sarà tenuto sotto osservazione. A corollario della sanzione c’è proprio questo periodo di “training”, nel quale Nick dovrà evitare di prendere ammende per un importo superiore a 5000 $ e sanzioni per comportamenti disdicevoli o frasi ingiuriose. Insomma, dovrà comportarsi bene. Da aggiungere che durante la partita con Paire, nel secondo set in particolare, Kyrgios ha manifestato altre intemperanze, non sanzionate.

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Insomma, forse ci risiamo. La sanzione c’è e va rispettata. Lo abbiamo scritto da queste tribune a suo tempo e lo ribadiamo adesso. Il punto è però gestire la cosa in modo saggio, non con un atteggiamento persecutorio o “farmacistico”. Nel tennis la componente caratteriale è fondamentale, e nelle situazioni di gioco sappiamo bene come i nervi possano influire sul comportamento senza per questo essere necessariamente offensivi verso il pubblico o l’arbitro o l’avversario. Da questo punto di vista il comportamento tenuto dall’arbitro durante il match di Tokyo ci pare corretto, una giusta misura tra la sanzione da irrorare e un occhio da chiudere, quando il comportamento del giocatore non andava a ledere terzi, ma si rivolgeva solo contro se stesso per una umana forma di sfogo.

La caccia alle streghe, in sintesi, andrebbe evitata. E invece pare che le cose si stiano mettendo diversamente. Kyrgios non ha ancora la maturità, è evidente, per gestire la sua immagine pubblica, soprattutto in un’epoca di attenzione mediatica non richiesta e sostanzialmente non arginabile, specie se guardiamo all’eco che nei social network ogni comportamento dei giocatori genera. Il pregiudizio, in altre parole, è già in essere. E quindi ecco comparire analisi della sua conferenza stampa, con testo delle dichiarazioni sbobinato e passato al setaccio e al vaglio della sociologia dello sport. Kyrgios si sdraia al cambio campo? Ecco comparire foto e ulteriori analisi. In tutto questo Kyrgios ha dichiarato che “Federer è il mio modello di comportamento”. Era ironico? Non crediamo.
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Certo, l’australiano non è un ragazzo di educazione impeccabile. Figlio del suo tempo, vive tutto senza filtri, limiti, forse con un vago senso di onnipotenza bonaria che proviene dall’indubbio talento sportivo e dai primi successi (economici, anche) che la sua carriera gli concede e gli lascia immaginare. Un bad boy più per necessità che per vocazione, però. Infatti i modelli di giocatori con evidenti “distonie” comportamentali rispetto ai codici etici del tennis sono noti, e tantissimi: Connors che affronta e minaccia McEnroe in campo, Nastase che si burlava di chiunque, McEnroe che recitava la sua parte in giro per il mondo ad ogni chiamata dubbia. Lo stesso Brad Gilbert ci ha costruito la sua seconda carriera, con la biografia “Winning hugly”, che non ci pare un modello da proporre, per quanto di successo. Lleyton Hewitt e i suoi “com’on”, il giovanissimo Roger Federer che distruggeva racchette senza pietà. E in casa nostra Paolino Cané, meritevole dell’appellativo simpatico di “neuro” da parte di Gianni Clerici, fino a Fabio Fognini, il cui comportamento in alcune occasioni è stato decisamente paragonabile a quello di Kyrgios, ma sanzionato in modo diverso. E dunque, se le cose stanno così, ovvero che molto nel comportamento dei tennisti è dovuto a fattori quali la crescita e la maturità (le due cose non sempre collidono dal punto di vista della tempistica), forse sarebbe il caso di allentare la tensione mediatica su questo ragazzo, e lasciare che questo periodo di “messa alla prova” passi senza l’ulteriore pressione dell’opinione pubblica, talvolta troppo veloce nell’emettere le sue sentenze (non richieste).

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