Liam Broady, la famiglia e uno sport crudele: “Nel tennis non sono ammesse debolezze”

Il 25enne Liam Broady ha parlato per la prima volta della depressione affrontata nello scorso anno, definendo il tennis come una lotta per la sopravvivenza in cui non sono ammesse debolezze. Fondamentale è stato l'aiuto della sorella Naomi, anche lei tennista, per ritrovarsi e provare ora a ripartire da lontano.

Che lo sport, e per noi in particolare il tennis, rappresenti un certo qual modo la metafora della vita, non credo sia cosa nuova. D’altronde ci sarà pure un motivo se anche il padre della psicanalisi Sigmund Freud, negli scritti riordinati dopo la sua morte da Theodor Saretsky, arrivò ad affermare che “la vita è tennis e il tennis è vita”, e che per conoscere al meglio un certo tipo di persone bisognerebbe giocarci una partita a tennis. Ne sa qualcosa e anche di più, certamente, il britannico Liam Broady, che a 25 anni appena compiuti si è raccontato qualche giorno fa a Bbc Sport, confessando di aver pensato al ritiro dopo una forma di depressione abbastanza grave, che ha oltretutto fermato la sua ascesa verso l’élite dei primi 100 giocatori del mondo. Dopo aver raggiunto il best ranking al numero 154 Atp nella scorsa primavera, il ragazzo di Stockport ha attraversato un periodo difficilissimo con 8 sconfitte consecutive e una crisi psicologica che ha cambiato la sua vita, riportandolo conseguentemente fuori dai primi 300 al mondo a fine 2018.

CROLLARE SUL PIÙ BELLO – All’inizio dell’agosto 2017, Liam Broady era fermo alla 336esima posizione del ranking e si apprestava ad affrontare le qualificazioni nel Challenger di Aptos, in California, senza sapere che quello sarebbe diventato il torneo più importante in questa parte di carriera per lui. Perché l’ascesa veloce e costante di Broady è iniziata proprio negli Stati Uniti, con l’ottima finale raggiunta e poi persa per mano di Alexander Bublik. Dopo la finale ad Aptos, è arrivato infatti anche il miglior risultato in carriera a livello Atp, con la prestigiosa vittoria ai danni dell’allora numero 31 del mondo Adrian Mannarino e i quarti di finale conquistati in quel di San Pietroburgo, prima di essere fermato da Damir Dzumhur. Un ulteriore salto è arrivato con la terza finale Challenger in carriera, a Las Vegas, dove ancora si è arreso sul più bello al giovanissimo Stefan Kozlov. Concludendo così il 2017, il britannico aveva fatto il pieno di fiducia anche per l’anno successivo che, come detto lo ha portato al best ranking, posizione 154 Atp, grazie alla semifinale nel Challenger di Rennes e, soprattutto, alla prima vittoria in carriera in un Masters 1000, a Key Biscayne. La crisi vera e propria, mentale e quindi anche tennistica, è arrivata proprio qui, sul più bello. Il 2 aprile, un giorno dopo il suo 24esimo compleanno, la classifica segnava il punto più alto, eppure iniziava due settimane dopo il periodo più buio della sua vita da professionista e, forse, della vita in generale. Un parziale di due vittorie e dieci sconfitte, di cui otto consecutive tra il maggio e il luglio 2018, da Lisbona a Lexington, passando anche per l’incontro con Milos Raonic in quel di Wimbledon. Tornato ad Aptos, Broady è riuscito a frenare la carenza di risultati, vincendo per la prima volta da Miami due partite consecutive: paradossalmente, per la dura legge della classifica Atp, nonostante la striscia negativa interrotta, in California è iniziato il crollo nel ranking, che lo ha portato prima fuori dai 200 e ad ottobre fuori dai 300, salvo poi riuscire a chiudere l’annata al numero 273.

Liam Broady Miami
Liam Broady Miami

FAMIGLIA, CONSAPEVOLEZZA E CORAGGIO – Nell’intervista a Bbc Sport, Broady fa notare come solamente verso la fine della stagione 2018 si sia realmente accorto di cosa stesse accadendo nella propria mente. In questo, riconosce un ruolo fondamentale di supporto per la sorella Naomi Broady, anche lei tennista, e a grazie alla quale si è avvicinato a Phil Quirk, allenatore e mental coach: “Sentivo di non riuscire più ad avere un rapporto umano con molte persone che a me tenevano, ed è un qualcosa che ha del grottesco.” Un grottesco che è ambiguo e si identifica in un qualcosa di molto simile a un riso amaro o ad un volto malinconico. Perché il tennis è lo specchio della vita, non solo in quanto parte di essa, come due cose che vicendevolmente si influenzano, ma soprattutto come ritratto della frenetica società contemporanea, in cui, nell’affrontare la tua stessa mente, rischi di perdere te stesso, se non per sempre, per moltissimo tempo. E infatti, Broady, definisce il tour come un “dog-eat-dog world”, che è una lotta per la sopravvivenza all’ultimo sangue: “Non vuoi mostrare le tue debolezze a nessuno, non vuoi dire che stai soffrendo, perché nel Tour, altri provano a rubare cibo dal tuo piatto, e tu fai lo stesso.” Al tennis e alla vita, definita cruda e aspra, lo stesso concetto lo legava infatti Joel Drucker nel suo libro “Jimmy Connors mi ha salvato la vita”. Parole che ci mostrano il lato più difficile dello sport che amiamo e che forse valgono il doppio quando non si parla di fenomeni mondiali, ma di giocatori per il quale dal tennis e dai suoi risultati dipende la possibilità investire anche economicamente su sé stessi, sul proprio futuro, e sul proprio sogno. Liam, però non è rimasto solo. Con lei c’era e c’è la sorella maggiore perché “non sapevo con chi altro parlare dei miei sentimenti e delle mie difficoltà”, dice il 25enne. La sorella, che di anni ne ha 29, mostra orgoglio nei confronti del fratello: “Nel Regno Unito si parla moltissimo riguardo agli uomini e alle donne alle prese problemi di salute mentale, e con le statistiche che possiamo osservare riguardo i suicidi sono contentissima che lui sia riuscito ad uscirne”. Broady è ripartito nel 2019 e ora è alla posizione 335, come prima di Aptos nel 2017, ma la più grande dimostrazione a sé stesso, e forse a noi, l’ha già data: ha scelto di giocare anche nei Futures, e proprio nell’ultima uscita, a Calabasas, è tornato in una semifinale con tre successi consecutivi, che non arrivavano in uno stesso torneo dal Challenger di Rennes, nel gennaio dello scorso anno. Non sappiamo cosa abbia in serbo il futuro per Liam Broady, magari tornerà ad essere padrone del proprio destino, magari no. I fatti, però, rendono la sua storia esemplare: venire fuori da un problema psicologico, qualora questo ci fosse, avendo la forza di individuarlo ed ammetterlo insieme all’appoggio della famiglia è probabilmente quanto di meglio di possa desiderare in casi del genere. Un desiderio scatenante, che con sé ne porta altri, come quello di ripartire avendo ancora la forza di legarsi alla propria passione.

Naomi e Liam Broady
Naomi e Liam Broady
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