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L’IMBROGLIONE MAIORCHINO E LO SCUDIERO SVIZZERO

Ieri Stas Wawrinka ha vinto.

Da ieri i detrattori di Rafa Nadal oltre ai sospetti di doping, le critiche al modello di gioco e i timori per come influenza la preparazione delle superfici (ieri anche Rafa ha riconosciuto che il cemento della O2 Arena è più lento della terra del Roland Garros) hanno un nuovo argomento certificato per esercitare il proprio certame eziologico.

I nadalisti potranno obiettare che all’elvetico “je roda” di non poter citare Vitas Gerulaitis che dopo aver interrotto la serie di sedici sconfitte con Jimmy Connors iniziò la conferenza stampa post match con uno spettacolare “Nessuno può battere Gerulaitis diciassette volte di seguito”.

Stas ha segnalato ufficialmente per la prima volta, il coro a bocca chiusa dell’Ernani lo segnalava da tempo, l’uso sistematico del coaching tra il nipote Rafa e lo zio Toni. “Il tennis è uno sport individuale” è la semplice affermazione che ci fa rivedere sotto una nuova luce l’intera epopea dello spagnolo?

La regola dell’ITF (la Federazione Tennistica internazionale) dicono “Il coaching è visto come comunicazione, consiglio o istruzione di qualunque tipo, uditivo o visibile, verso un giocatore durante un match <…>. Tutto ciò non è concesso.

Le eccezioni sono inserite nel regolamento delle prove a squadre e in quello della WTA che dal 2009 consente un consulto a set tra coach e tennista.

In campo maschile c’è un tacito accordo per chiudere un’occhio? Perché non si inquadra mai il coach in tribuna nel mentre dell’inizio dello sviluppo dell’azione.

Due cose però sono certe: la regola restrittiva esiste e Wawrinka (e il suo coach Norman) non utilizzano la parte slabbrata del regolamento “materiale”.

Altre due cose certe sono che lo zio Toni è il coach che interviene di più sui media, dispone quasi di una sua tribuna fissa settimanale: trova sempre un microfono pronto a riportare le sue imperdibili opinioni. E che sorge il dubbio che i complessi rituali pre-battuta di Rafa che lo fanno arrivare quasi sempre al limite di tempo per effettuare il servizio, con strisciamenti strofinamenti e toccamenti vari, possano nascondere un codice comunicativo con il loquace parente.

Wawrinka ha chiuso la polemica prima dicendo che avendo già ricevuto un warning, per tempo eccessivo in battuta, Nadal non poteva riceverne un altro; poi affermando che Rafa si era scusato e aveva detto allo zio di non farlo più.

Mah!

Volendo pensar male il risultato ottenuto da Wawrinka è accendere un faro sul comportamento di zio Toni nei prossimi match e in particolare in semifinale dove, tutti i rossocrociati sperano, il maiorchino incrocerà la racchetta con Re Roger.

Fatto sta che certamente una telecamere e qualche zilione di giornalisti seguiranno i gesti di zio Toni domenica.

Una regola va rispettata, anche se è di difficile controllo (qualunque spettatore potrebbe fare coaching) ma già mettere una telecamera fissa sul coach aiuterebbe a fare chiarezza.

Perché giocare comunicando col proprio coach è antisportivo, è giocare due contro uno, soprattutto se l’avversario non lo ritiene etico e non lo fa. Le prove del dolo dovrebbero portare al warning e all’esclusione del coach dagli spalti.

Altrimenti consentiamo di giocare con l’auricolare, come è successo per un certo periodo nel ciclismo, e todos caballeros.

Che non a caso è un’espressione ispanica.

PS = Il nostro ufficio legale mi impone di precisare che l’espressione “imbroglione” non è riferita a Rafa Nadal ma allo zio e si riferisce a un comportamento perpetrato, secondo le parole di Wawrinka, e riconosciuto dal di lui nipote.

Ilario Gradassi

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