I “rumors” sull’infortunio di Novak Djokovic hanno prodotto le più bizzarre ipotesi etiopatogenetiche, sottovalutando le dichiarazioni molto precise e dettagliate del medico della squadra di Coppa Davis della Serbia, Zdeslav Milinkovic. Quest’ultimo, in una delle tante interviste, ha rilevato la natura della patologia che affligge il 12 volte campione Slam. Trattasi, in buona sostanza, di un “bone bruise”. Non è, tuttavia,una patologia vera e propria, ma un segno radiografico patognomonico di una lesione o trauma. Per comprendere appieno il quadro clinico, si ricorda come l’osso è formato da una parte centrale, detto “osso spongioso”, costituito da numerose “celle”, delimitate da sepimenti ossei, chiamate “trabecole”.
Ebbene, quando le trabecole collassano, in seguito a un trauma diretto (caduta accidentale) o a gesti ripetitivi (vedi soprattutto il servizio), si forma del liquido all’interno (di qui, il termine “edema intraspongioso osseo”) con conseguente gonfiore e limitazione funzionale (Figura 2).
Il “bone bruise” NON prevede intervento chirurgico ma riposo adeguato ed è comunemente trattato con magnetoterapia. Riposo che, in tutta onestà, non è stato osservato appieno da Nole, nonostante la lunga assenza dai campi di gioco. Il tennista, infatti, prima degli Australian Open, continuava ad essere scettico sulle reali condizioni del gomito. Nole ha continuato a giocare, contro il parere di molti medici. Il risultato? Nel match contro Chung, Djokovic ha ammesso,in conferenza stampa post partita, di aver accusato molto dolore, con conseguente limitazione della sua prestazione. Questo atteggiamento, purtroppo, non contribuisce al buon decorso clinico della patologia anche in ragione dei tempi di risoluzione di detta patologia che appaiono ancora piuttosto incerti. Nole rischia di star fuori ancora molti mesi. Il dolore è un segno importante che non va sottovalutato. Il Campione, per ovviare alle problematiche del gomito, ha modificato, nel corso degli ultimi tempi, il gesto del servizio, abbreviando il cosiddetto “mulinello” (figura 3), ovvero il movimento generato dietro la schiena. Come si può notare, a destra, il gomito è preservato grazie ad un movimento meno ampio a discapito, però, della performance.
Secondo Patrick Mouratoglou, infatti,rispetto agli Australian Open del 2016, il rendimento del servizio del 30enne di Belgrado è calato vertiginosamente. Ultimamente, Djokovic si è sottoposto, in una clinica vicino Basilea, ad un intervento chirurgico. Vale la pena ribadire che tale trattamento non ha nulla a che fare con il bone bruise. Si è trattato, in estrema sintesi, dell’asportazione – in artroscopia – di un frammento osseo fluttuante nella mano. In questo caso,la causa è da scrivere verosimilmente ad una caduta accidentale. L’intervento è stato poco invasivo e non dovrebbe influenzare la pianificazione dei tornei dello sfortunato campione serbo. A proposito del calendario dei prossimi appuntamenti di Djokovic, chi scrive è dell’avviso che il momento più opportuno per rientrare alla gare sia la stagione sulla terra rossa. E ciò per un motivo strettamente biomeccanico. La pallina, dopo il rimbalzo sulla terra rossa, arriva sul piatto-corde con una velocità decisamente inferiore rispetto a quello che accade sui campi in duro. In questo modo, le sollecitazioni meccaniche a livello del gomito sono minime e il recupero potrebbe essere favorito dalla maggiore morbidezza dei campi in terra.
Di Rodolfo Lisi
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Articolo perfetto complimenti all’autore
Peccato . Un grande da vedere. Per fortuna ha vinto molto e può permettersi di smettere. (Nella sfortuna )
Ottimo articolo
Mi dispiace tanto x nole