679 giorni dopo Matteo Berrettini torna a sorridere e lo fa sulla terra rossa di Belgrado, nella sua seconda apparizione stagionale su questa superficie. Una settimana preziosissima per il romano, che aveva iniziato il torneo con l’obiettivo di mettere partite nelle gambe e lo ha chiuso con una vittoria sul tennista rivelazione dell’anno, Aslan Karatsev.
Prima del torneo serbo l’azzurro aveva giocato solo 5 tornei, tre dei quali nel primo mese della stagione; sono arrivati poi due mesi di stop prima di tornare in campo nel master 1000 di Montecarlo, dove ha perso con lo spagnolo Davidovich Fokina. Lo stop è stato forzato da uno strappo di oltre un centimetro all’addome, che l’aveva costretto al ritiro anche agli Australian Open prima del match contro Stefanos Tsitsipas.
Negli scorsi giorni Berrettini è tornato a parlare dell’infortunio, sottolineando come questo gli creasse fastidi anche per semplici azioni quotidiane, come salire in macchina e persino starnutire. Le ulteriori difficoltà nel gestire il dolore sono anche nate dal fatto che, come ha ricordato lo stesso Matteo, è stato il primo a interessare la parte alta del corpo; i numerosi stop affrontati in carriera, infatti, sono stati tutti dovuti a problemi nella metà inferiore, anche a causa della sua struttura longilinea e delle caviglie fragili, che lo hanno fermato in entrambe le scorse stagioni.
Nel finire del 2019 il romano ha anche dovuto imparare a convivere con un infortunio all’addome basso, che però non gli ha impedito di vincere la sua prima partita alle ATP Finals. A causa di questa numerosa quantità di infortuni – affiancati dalla lunga pausa per covid che ha limitato tutta la stagione tennistica 2020 – il giocatore italiano non ha ancora potuto mostrare una continuità di risultati, ma ha dato prova in varie occasioni di tutto il suo potenziale.
Infatti, nonostante i pochi tornei giocati, è ancora il numero 1 del movimento azzurro ed è nella top 10 mondiale. Non ci resta che sperare che la sfortuna non lo perseguiti e lo lasci giocare sereno per vedere fino a dove si potrà spingere.
Luciano de Gregorio