Grazie ad una Wild Card richiesta e ottenuta all’ultimo minuto, Novak Djokovic ha preso parte al main draw del torneo del Queen’s, evento dal quale risultava assente dal 2010. Nole si è detto entusiasta di rientrare a Londra tra i partecipanti di uno dei tornei più amati sull’erba inglese: “La stagione sull’erba è molto breve, quindi sono felice di essere in grado di giocare qui e, naturalmente, a Wimbledon“, comincia il discorso di Djokovic ai microfoni dell’ATP, in un’intervista rilasciata prima della sua partecipazione al torneo inglese. Al campione di Belgrado viene chiesto come venga vissuto il passaggio dalla terra battuta al manto erboso e quanto costi adattarsi nel migliore dei modi ad un tipo di superficie così diversa da quella in cui aveva giocato negli ultimi due mesi e mezzo. “Giocare ora su una superficie veloce come l’erba è una sfida, soprattutto dopo che si proviene dalla terra battuta, che risulta più lenta. Entrambe sono molto diverse anche se hanno qualcosa in comune, cioè sono scivolose. Sul clay il rimbalzo è molto alto e il tipo di gioco necessario per vincere è molto diverso: scambi lunghi e lavorati, contro scambi brevi e molto tattici. E’ molto importante che ora ci sia una settimana in più per giocare sul grass-court; questo permette ai tennisti di avere qualche giorno in più da dedicare alla pratica e di sentirsi a loro agio in previsione di Wimbledon, in particolare nei movimenti, che sono i più difficili ad adattarsi sin dall’inizio” -spiega il serbo. Il livello di gioco di Novak, ultimamente, è migliorato rispetto a questo inizio di stagione, sebbene il serbo sia apparso molto infastidito a Parigi, dopo aver perso ai quarti da Marco Cecchinato. Infatti è ancora fresco il ricordo della conferenza stampa in cui a mala pena voleva rispondere alle domande dei giornalisti. “Se osservo le cose da una prospettiva più ampia, sento che il mio gioco sta migliorando e vedo le cose in modo più positivo. Sto progredendo torneo dopo torneo. Dopo i quarti di finale a Parigi ero molto deluso perché ho sentito che avevo una grande opportunità per arrivare in semifinale, ma le cose sono andate così e Cecchinato ha disputato una grande partita. Ne ho approfittato per ricaricare le batterie e per rilassarmi un po’ ho fatto un viaggio con mia moglie, ed è stato magnifico” -confessa il campione slam.
Nel torneo del Queen’s vedremo nuovamente in campo Andy Murray, anche lui fuori dai giochi per quasi un anno, dopo aver patito un infortunio duraturo all’anca. Lo scozzese ora deve fronteggiare un ritorno di cui non si conoscono gli esiti e nessuno meglio del serbo sa quanto sia complicato ricominciare a competere dopo uno stop così lungo. “Andy è stato lontano dai campi per quasi un anno e merita di rientrare. E’ un ragazzo fantastico e con lui ho un rapporto meraviglioso. So quanto sia complicato gestire questo tipo di situazioni giorno per giorno, dove non puoi fare quello che ami, perché il tuo corpo non te lo permette, ma spero che Andy possa tornare e giocare come prima. Riprendere a casa sua lo motiverà a fare bene e sono ottimista sul fatto che resterà in buona salute da qui in avanti“. Il belgradese spiega, in seguito, ciò che un infortunio lascia dentro sé stessi, al di là di danni fisici. “Le conseguenze si avvertono più mentalmente che fisicamente. Non pensavo che ci sarebbe voluto così tanto tempo per recuperare lo stato mentale che avevo prima, quando mi trovavo bene con il mio gioco e con me stesso. La sfida più grande è quella mentale, almeno questo è il mio caso specifico. Non è facile lasciarsi tutto alle spalle, pensare solo a scendere in campo e godersi il momento, non rimuginare su quello che è accaduto o potrebbe accadere. Bisognerebbe solo concentrarsi sul proprio gioco e non pensare se la mossa scelta sia stata corretta od errata, se il dolore che si prova sia reale o immaginario. In questo modo, sbagliato per altro, si spende il 50% del tempo a pensare a troppe cose e se in campo non si ha la giusta chiarezza mentale, soprattutto sull’erba dove tutto avviene in modo molto veloce, giocare bene è difficile. Tutti noi viviamo momenti del genere, che si sia degli sportivi oppure no. La vita è così e questo genere di cose è ciò che ci rende più forti” -afferma Nole con uno sguardo abbastanza sereno. “È frustrante, a volte, constatare che ci sono aspetti del mio gioco che non posso eseguire nel modo in cui facevo prima, ma spero che le circostanze cambino, come tutto nella vita muta e si evolve. Lavoro giorno per giorno per tentare di avvicinarmi a quello scenario di sicurezza tattico-mentale a cui aspiro già da diversi mesi a questa parte“.
Termina così l’intervista di Nole, che domani affronterà l’australiano John Millman nell’incontro di primo turno al Queen’s Club di Londra.