Lunedì. Giorno di ritorno alla routine settimanale, ma che spesso significa anche nuovo inizio. Nuovo inizio che molte volte è quello di un torneo di tennis, qualunque esso sia. E da almeno quattordici anni a questa parte, gli appassionati del gioco della pallina gialla, si informano sulle presenze a quel determinato torneo, andando a cercare sempre i soliti due. Ebbene sì, parliamo proprio di Federer e Nadal. Quegli uomini su cui ci cade sempre l’occhio, e che dentro di noi vorremmo non smettessero mai di giocare, anche se ora ne odiamo fortemente uno perché magari siamo tifosissimi dell’altro. Ma il giorno in cui uno dei due si ritirerà sappiamo perfettamente che sarà un giorno triste per noi, per il tennis e lo sport: nessuna rivalità è stata tanto intensa e spettacolare come quella tra lo svizzero e lo spagnolo, e probabilmente nessuna lo sarà mai, con buona pace delle NextGen. Il momento del ritiro sembra in realtà più vicino per lo svizzero: durante le premiazioni della domenica finale del torneo, da qualche mese a questa parte, Roger inizia spesso con uno “spero” prima di concludere la frase con “di essere qui anche l’anno prossimo”. E non sai quanto lo speriamo noi, caro Roger. Tuttavia, pare quasi che il tennista di Basilea sia riuscito a fare un patto col tempo, come una sorta di moderno Dorian Gray, al quale si pensa abbia chiesto di regalargli ancora qualche anno ai massimi livelli. Lo ha fatto per il mondo (e non solo quello del tennis), perché è coscio di quanto sia decisivo per il circuito, per i bambini che vogliono iniziare a giocare a tennis e per i valori che incarna. Senza presunzione, sa di essere il tennista (e forse lo sportivo) più importante della storia.
Dall’altra parte, Rafa Nadal è sempre stato considerato come “l’altro”, l’outsider, ma per la verità tanto outsider non è visto che ha vinto con quello di ieri sedici tornei dello Slam (il secondo per numero nella storia del tennis). È sempre però quasi vissuto all’ombra della stella di Roger, grazie alla quale, dicono alcuni poco coscienti (visto anche che negli scontri diretti è in vantaggio Nadal), ha brillato e brilla anche lui. In realtà, Rafa è stato capace di imporre uno stile e un gioco totalmente innovativi, che nelle scuole tennis i bambini si divertono a copiare. Lo spagnolo è stato il primo a giocare quel dritto a sventaglio che va a finire quasi verso l’alto, a mettersi le canottiere e i pantaloni “a pinocchietto” (stile che, con gli anni, ha cambiato e raffinato) e ad avere la “mania delle bottigliette” in ordine, tramandata appunto a molti bambini nel mondo. E poi, beh, ha vinto settantuno titoli.
C’è stato un periodo storico in cui il fatto che Nadal e Federer arrivassero in finale era più sicuro dell’oro. La domenica mattina ci si alzava con il sorriso anche se non si aveva seguito neppure una partita del torneo in svolgimento, perché il match di quei due era una certezza. Dopo infortuni e risurrezioni, abbiamo ancora la possibilità di sperare che la domenica ci siano ancora loro due a farci divertire. E la speranza fa bene al cuore. E allo sport.