Tantissime volte abbiamo sentito chiamare il tennis come “lo sport del diavolo”, perifrasi che, seppur poeticamente non sempre rilevante, sintetizza molto bene tutto quello che il nostro sport rappresenta: un’attività in cui la mente ha un peso incredibile, ma che allo stesso tempo, in misura nettamente maggiore rispetto alla maggior parte degli altri sport, richiede lo sforzo fisico di ogni parte del nostro corpo, anche in condizioni climatiche quasi estreme. Si aggiunga a questo ovviamente il fatto che, nel tennis, non esiste pareggio, così come non esiste di conseguenza un cronometro che alla partita vada a porre fine. Da qui possiamo tornare alla nostra definizione, perché quando non c’è limite di tempo, i limiti che vanno a sancire la fine di un match tennistico, possono evidenziarsi, oltre che nella cifra tecnica, soprattutto nella mente e nel corpo, inteso qui come tenuta fisica: sono questi, insieme appunto all’avversario dall’altra parte della rete, i principali “diavoli” contro cui chiunque abbia mai giocato al tennis con una certa serietà, anche nel campetto sotto casa, scende in campo. In special modo, quando l’ostacolo viene da noi stessi, da un fisico o da una mente che non riusciamo più a controllare e a che a noi si ribellano portandoci verso la sconfitta, sui campi da tennis si consumano spesso scene drammatiche, scatenate dalla brutalità stessa del tennis, sport che nella sua declinazione moderna spinge oltre se stessi sotto tutti i punti di vista.
LA BEFFARDA VICENDA – Ieri, sui nuovissimi campi del Masters 1000 di Miami, precisamente sul Campo 1, il giovane spagnolo Nicola Kuhn, ha sperimentato sulla sua pelle la crudeltà dello sport che ha scelto. Lo ha fatto fra le lacrime mentre le sue stesse gambe, e probabilmente anche la schiena, non lo sorreggevano più perché in preda ai crampi. Dopo due ore e sette minuti di gioco nel match di esordio contro Mischa Zverev, nel corso del quinto gioco del terzo set, infatti, Kuhn si è accasciato a terra, in una eloquente smorfia di dolore e quasi senza fiato. A nulla è ovviamente valso l’intervento del fisioterapista, che invece ha dovuto accompagnarlo personalmente fuori dal campo, permettendo al 19enne, grazie al suo sostegno, di rimettersi in piedi e riprendere a camminare. La parte più dolorosa di tutta la vicenda, però, quella che ha scatenato il pianto a dirotto del povero Kuhn, sta nel fatto che, ieri stesso l’iberico compiva 19 anni, e che per di più, contro un tennista ben più affermato come Mischa Zverev e di 180 posizioni davanti a lui nel ranking, per la prima ora di gioco aveva espresso un tennis estremamente solido, in grado prima di chiudere il primo parziale (6-4) recuperando un break di svantaggio e poi di salire in cattedra spingendosi fino al 5-2. Da qui certamente, anche per colpe proprie, le nubi si sono addensate sulla sua splendida giornata fino ad allora. Perché Kuhn, prima di ritirarsi nel terzo parziale, tra 5-2 e il 5-4 del secondo set, ha sciupato ben otto palle match, perdendo ben cinque giochi di fila, che hanno permesso a Zverev di rimandare tutto a quella terza, ultima e fatale partita per il ragazzo di Torrevieja.
SORTE AVVERSA – Non si limita a quanto detto sopra il carattere beffardo e triste della vicenda, che peraltro si consuma a Miami, proprio nel torneo in cui Kuhn aveva ricevuto una wild card e dove conserva senz’altro il primo ricordo davvero importante della sua giovanissima carriera. In Florida, infatti, lo spagnolo aveva ottenuto nel 2018 la sua prima vittoria in carriera nel circuito Atp, il più veloce a farlo in Spagna, in termini di età, dopo Rafael Nadal. A marzo dello scorso anno, Kuhn era vicinissimo all’ingresso in Top-200, salvo poi essere fermato nel mese di aprile dalla frattura di un dito del piede nel mese di Barletta, inconveniente che lo aveva frenato in un ottimo momento, facendogli perdere fiducia e nel corso dei mesi successivi al rientro anche 180 posizioni (esattamente le stesse di differenza ieri con Zverev), con la disastrosa difesa del titolo a Braunschweig, primo e unico successo in carriera Pro. Kuhn ha reagito benissimo all’infortunio dello scorso anno, arrivando proprio ieri ad un passo dell’eguagliare il buonissimo secondo turno dello scorso anno. A tradirlo è stato ancora una volta il suo corpo, in una giornata sfortunatissima nel giorno del suo compleanno. Sperando che i crampi di ieri non nascondano nulla di più grave, lo spagnolo potrebbe ora modificare il suo approccio al campo, cambiando probabilmente qualcosa tra il suo piano di lavoro e la sua alimentazione per evitare che un problema come i crampi, tutt’altro che impossibile da risolvere per un professionista, possa fermare l’ascesa di quel bravo e umano ragazzo che ieri abbiamo visto piangere ed abbracciare spontaneamente il fisioterapista al Miami Open.
2 comments
Veramente impressionante poverino!
Auguri