Mentre infuria la Nolemania e tutti si sforzano di comprendere e definire la portata della forza mentale di questo campione, là fuori c’è qualcuno che può vantare un record positivo contro di lui. Anticipiamo agli eventuali fanatici che il tono è scherzoso e che non parleremo di goatismi vari, questioni di lana caprina (sic) che per natura non possono includere argomentazioni utili a smuovere di un millimetro i partigiani dei pretendenti al trono. C’è chi snocciola i numeri, chi privilegia lo stile, chi invece guarda prima alle emozioni… e poi entra in ballo la soggettività; in ogni caso avremo tutta la vita per discuterne dopo che i tre tenori si saranno ritirati.
Qui invece parliamo di fatti concreti e dati che non lasciano scampo. Nole giustamente fa finta di niente, ma la verità è che il testa a testa con il dottor Ivo Karlovic ha un altissimo valore simbolico. Non può essere un caso se il più grande battitore della storia, recordman di ace realizzati, principe del tie break e seguace del serve and volley, ha vinto i due terzi delle partite giocate contro il più grande ribattitore della storia, numero uno in carica, cannibale del decennio, più volte rogericida e spianatore di Nadal fuori dal rosso, e detiene oltretutto una striscia aperta di successi dal 2008 a oggi. Detta così suona abbastanza bene, ma sotto sotto la filosofia si avvicina a quella di Roddick: “Come avere un head to head positivo con Djokovic? Basta ritirarsi prima di giocare contro di lui nuovamente”. In effetti il big server croato e il campione serbo si sono incrociati pochissime volte, due nel 2008 e una nel 2015, caso abbastanza bizzarro per due carriere così lunghe, e il bombardiere conduce per 2-1.
Tra i giocatori che hanno chiuso la questione ritirandosi dopo averlo battuto quando non era ancora così forte, oltre a Roddick (5-4), troviamo il celebre Safin (2-0) e un manipolo d’intrepidi come González (2-1), il nostro Volandri, Van Scheppingen e Dupuis (1-0).
Ma ben più coraggiosi sono coloro i quali, pur avendo raggiunto questo epico risultato, continuano a giocare rischiando di rovinare l’invidiabile statistica: il connazionale Krajinovic, il ceco Vesely e il giapponese Daniel possono affermare di aver sempre battuto il tanto decantato robot invincibile (alla successiva domanda su quante volte l’hanno affrontato si limiteranno ad alzare un ditino, ma tant’è… vorrei vedere voi!). La vittoria di Filip (6-4 e ritiro) resiste dal lontano 2010, ma era pur sempre un derby dei derby sulla terra di Belgrado; il vecchio Jiri, scaltro come una volpe, ha messo in sicurezza la vittoria di Montecarlo 2016 con un walkover prematch (che non conta negli scontri diretti) agli Us Open dello stesso anno; infine il buon Taro ha approfittato del momentaccio di Novak sbattendolo fuori precocemente a Indian Wells 2018, solo due anni fa che per il serbo pesano quanto sei Slam e tanto altro.
Ci siamo lasciati in fondo, come il dolce, l’unico per il quale la statistica può avere un minimo di senso compiuto, il nostro fedele lettore Nick Kyrgios, che tra l’altro conduce per distacco, avendo vinto entrambi gli scontri diretti disputati: correva l’anno 2017 e nel breve giro di Rolex che unisce Acapulco e Indian Wells, il puledro australiano rifilò due schiaffoni all’attuale boss del ranking. Sul caro Nick si è detto di tutto e di più ma non è mai abbastanza. I critici severi lo derubricano semplicemente come un idiota che butta via il suo talento, tuttavia ha mostrato troppe volte un’umanità profonda e complessa, una psiche instabile e accidentata, un’intelligenza raffinata e originale per limitarsi a un giudizio tanto sommario. È pazzo, questo è fuor di dubbio, e si macchia a più riprese di atteggiamenti assurdi – e spesso autolesionistici – ma se lo si osserva attentamente è difficile non volergli bene.
Ma al di là di questioni emotive è il suo gioco ad avere la potenzialità per mettere in difficoltà anche persone serie come Djokovic, lo sa bene Nadal che pur avendolo regolato più volte ne ha patito anche sconfitte e difficoltà. Kyrgios attacca senza paura e senza compromessi, prendendosi i rischi inevitabili e necessari per destabilizzare il serbo. Certo, se lo incontrasse adesso, probabilmente ci perderebbe quattro volte su cinque, perché non si allena seriamente, perché è incostante e perché non ha la capacità né la voglia di soffrire. Ma se ci fosse il modo di instillare un pizzico di mentalità Djokovic nel suo cervello allora sì, avrebbe qualche probabilità di approfondire e incrementare questo brillante head to head – e accidentalmente portare a casa qualche altro trofeo.
In ogni caso sarà un piacere vederli ancora di fronte prima o poi, perché la classifica endemicamente deficitaria rispetto al suo talento, rende Kyrgios una clamorosa mina vagante da prima settimana Slam, ma negli ultimi tempi l’hanno incrociato soltanto Roger e Rafa, mentre Nole non ha ancora avuto l’onere/onore.