Quando Federer è entrato in campo, annunciato da una voce disumana che lo celebrava a dovere sotto uno stormo indefinito di urla infervorate, stavo giustappunto terminando la mia dignitosa colazione, gustandomi con accurata lentezza quell’ultimo spicchio di dolcissima Sacher.
Sentendo il solenne proclamo, ho saggiamente deciso di abbreviare i tempi, concedendomi il privilegio di assistere al tanto atteso ritorno del conclamato Vate svizzero.
Romantica era la premessa. A Perth infatti, sedici anni fa, Roger vinse il suo primo titolo, accompagnato dall’argentea presenza della dama Hingis, mentre l’anno successivo, ancora giovane e scapolo, si presentò in coppia con la tennisticamente oscena Mirka, sua futura moglie, manager, padrona e tiranna.
Torna quindi dove tutto cominciò, abbigliato con un pallido completo grigio-azzurro e, dopo aver facilmente ipnotizzato i fedeli, scende in campo contro il modesto Evans, giocatore monotono e prevedibile dall’aberrante rovescio ad una mano.
Il risultato, un rapido 6-3 6-4 scivolato via con pronosticabile scioltezza, viene messo in secondo piano dalla desueta cornice, che accompagna con regolari scrosci di applausi le vezzose movenze del danzatore svizzero.
I colpi escono fluidi, piatti, precisi ed il Salvatore scaglia senza fatica ventiquattro celeri vincenti, assecondato con immensa gentilezza dall’avversario, che gli permette, senza opporre resistenza, di colpire quasi sempre da fermo.
Il fondersi di tocchi, SABR, attacchi in controtempo e volee sobriamente accarezzate, manda in totale visibilio spettatori e giornalisti, che lodano il loro paladino definendolo ormai pronto per fare il Grande Slam in singolo, doppio e doppio misto.
Ma lui, così sapientemente esperto, riesce a nascondere agli occhi dei più quei particolari ancora da aggiustare.
Guardandolo infatti, non posso far altro che notare la sua evidente lentezza in uscita dal servizio, accompagnata, di pari passo, da una certa rigidità e difficoltà solitamente inusuale nel trovare la giusta posizione sulla palla colpendo di dritto.
Ovviamente non posso pretendere di poter assistere sin dal primo istante alla miglior versione di Federer, ma la speranza di poter vincere uno Slam, rimane ancora, per me, utopistica.
Ma il tempo passa ed il Re non passa mai, quindi perché privarlo dell’ultimo romanzesco obiettivo?