Mancano due settimane al 2020, poco meno di tre all’inizio del 2020 tennistico, che parte il 3 gennaio con la nuovissima Atp Cup. E al nuovo anno ci avviciniamo, come di consueto, con previsioni su cosa ci aspetta e riepiloghi di ciò che è stato. Per evitare di essere ripetitivi, nel nostro ripercorrere l’annata, la faranno da padrone le immagini. Una per mese, fino a novembre. Perché il mese di dicembre, spoglio di competizioni ufficiali, se ai giocatori serve per ricaricare le batterie, a noi serve per ricordarci che, senza tennis, non sappiamo stare. Scegliendo una foto per mese è inevitabile dover lasciare fuori qualcosa che meriterebbe invece di esserci. Ai tanti altri momenti da immortalare sarà per questo dedicata l’ultima scheda del nostro fotoracconto. Per non farci mancare nulla, per metterli tutti insieme nel nostro album del 2019.
[tps_title]GENNAIO – La dittatura di Djokovic che demolisce Nadal[/tps_title]
Rafael Nadal sembrava più pimpante, in un torneo giocato più all’attacco che mai. “Questa volta è sua”, si pensava, dopo sei partite e 18 set consecutivi. E invece Novak Djokovic il 27 gennaio giocherà quella che considera miglior partita della sua vita. Improvvisamente Nadal pare uno qualunque, confinato alla fase difensiva, a volte semplice spettatore. “Mi serviva più tempo per essere atleticamente sui suoi livelli”, dirà lo spagnolo, lucido in conferenza. Prima però, nella premiazione, dietro all’allora numero 1 del mondo, lo vediamo in un misto tra delusione e rabbia, mentre osserva il suo carnefice e tra le sue braccia la coppa che gli sfugge per la quarta volta dal 2009. Djokovic vince 6-3 6-2 6-3, è sempre più nella storia è la vittoria più schiacciante nella rivalità più ricorrente della storia del tennis Open. Settima “Norman Brookes Challenge Cup” per lui, che mira all’infinito, col terzo Slam consecutivo e il 15esimo in carriera.
[tps_title]FEBBRAIO – Rimonte, colpi da cineteca e polemiche: Kyrgios torna grande[/tps_title]
Due vittorie al tie-break decisivo e tre Top-10 sconfitti. Quella di Acapulco è la settimana di Nick Kyrgios, che dopo il primo turno contro Andreas Seppi, il 28 febbraio gioca uno dei più bei match dell’anno e annulla due match point a Nadal per vincere 3-6 7-6(2) 7-6(6). Rifiorisce in tutto il suo splendore e le sue contraddizioni proprio dopo il brutto primo set. Nelle fasi finali se la prende con arbitro e pubblico. Destabilizza perfino un giocatore corretto come il mancino iberico, che lo accusa di poco rispetto nei confronti del mondo del tennis oltre che di sé stesso. Dopo aver toccato il punto più basso a gennaio, sfiorando l’uscita dalla Top-100, ritrova la sua natura e le sue cristalline doti tecniche. Dopo Nadal, fa fuori anche Stanislas Wawrinka, John Isner e Alexander Zverev.
[tps_title]MARZO – Re Roger è inarrivabile: titoli numero 100 e 101[/tps_title]
Ogni titolo è inadatto, probabilmente ogni parola non basta per descrivere Roger Federer. Non solo per le performance offerte a marzo, ma per le condizioni in cui vi si avvicinava. A gennaio, dopo un Australian Open da dimenticare al più presto, era facile pronosticare la possibilità di vederlo brillare solo sull’erba. Aveva iniziato male anche a Dubai lo svizzero, con due vittorie faticose su Philipp Kohlschreiber e Fernando Verdasco. La svolta definitiva è arrivata proprio al primo marzo con il 6-2 6-2 ai danni di Borna Coric. Da lì, poi, negli Emirati è arrivato il 100esimo titolo in carriera con la vendetta su Stefanos Tsitsipas in finale ed anche ad Indian Wells è apparso in buonissima forma. Dominic Thiem e le sue tante colpe l’hanno privato del titolo in California, oltre a togliergli anche un po’ di fiducia. La settimana successiva, a Miami, Radu Albot l’ha costretto alla rimonta nella peggior partita della prima parte dell’anno. Superato lo scoglio, a 37 anni e mezzo, Roger Federer ha quasi inspiegabilmente messo il turbo. Ha ripreso a danzare sul campo e a colpire con una pulizia che non gli si vedeva forse dall’Australian Open 2018. Il torneo principe della Florida quest’anno ha cambiato sede, da Key Biscayne è passato all’Hard Rock Stadium dei Miami Dolphins, e Federer ha messo la sua firma sul cambiamento. Cinque partite dominate, zero set e solo 29 giochi persi contro Filip Krajinovic, Daniil Medvedev, Kevin Anderson, Denis Shapovalov e, per il 101esimo titolo, Isner. Dal marzo 2019, Federer è uscito come il giocatore più costante sul veloce.
[tps_title]APRILE – Il sogno di Fabio e la settimana incredibile del Principato[/tps_title]
Nei primi dodici match del 2019, Fabio Fognini aveva vinto solo quattro volte. E al torneo di Monte-Carlo, che da Arma di Taggia dista circa 50 minuti di macchina, l’azzurro arrivava con sette sconfitte nelle ultime otto. Quanto successo a Monte-Carlo, è una favola che rimarrà negli annali del tennis italiano, in un torneo terminato con la più dolce celebrazione possibile nella domenica di Pasqua. Al primo turno contro Andrey Rublev, Fognini ha dovuto combattere sé stesso oltre che il russo, risalendo dal 4-6 1-4 dopo una quantità interminabile di errori. Il 7-5 6-4 dei due set successivi ha lanciato il classe 1987 verso la settimana migliore della propria carriera. Prima Zverev e Coric, per chiudere poi con Nadal e Dusan Lajovic. Quella del Principato rimane la manifestazione più duratura di tutte le potenzialità di Fognini, che dopo il primo set perso con Coric ha lasciato le briciole agli avversari. Ha annichilito per 6-4 6-2 Nadal, ed in finale ha tremato il poco necessario per aggiudicarsi il titolo senza troppi patemi, contro un Lajovic certamente a lui inferiore. È la vittoria che lo lancerà definitivamente verso la Top-10, conquistata a giugno dopo il Roland Garros.
[tps_title]MAGGIO – Stefanos, la strada verso l’incoronazione[/tps_title]
Noi italiani, il suo nome, lo prendiamo proprio dalla Grecia. Stefano(s) è l’incoronato. E il cammino verso la corona è cominciato proprio a maggio. Domenica 5, è arrivato il trofeo del Portugal Open, ad Estoril. Sei giorni dopo, nella Caja Magica di Madrid, il greco ha ottenuto la vittoria più significativa della sua giovane carriera sulla terra battuta. In tre set, a lui si è arreso nientedimeno che Rafa Nadal. In finale poco ha potuto contro Djokovic, e poi Nadal si è vendicato a Roma. Eppure, le tre settimane ad un così alto livello, parlano per lui. A maggio ha confermato come la semifinale dell’Australian Open non fosse casuale. Ha dimostrato di poter giocare alla grandissima su tutte le superfici, ha smesso di temere le grandi sfide, e ha messo invece le basi per la sua grande conquista del 2019, le Atp Finals. Al 2020 l’incoronazione? Non si sa, ma è non affatto un caso che molti lo diano come terzo favorito al prossimo Roland Garros dopo Nadal e Thiem.
[tps_title]GIUGNO – Col vento in poppa: la 12esima fatica dell’Ercole Nadal[/tps_title]
Gli Scorpions cantavano “Wind of change”, il vento del cambiamento. Quello del 7 giugno, nel giorno della semifinale del Roland Garros, però, è vento della restaurazione, vento di casa per Rafa Nadal. Dopo le tre semifinali perse sulla terra tra Monte-Carlo, Barcellona e Madrid, aveva commentato così a Roma: “Quel che è successo è successo. Questo è normale, non quello che ho ottenuto negli ultimi 15 anni, ma ora siamo a Roma”. E così è tornato a vincere, confermandosi campione del Foro Italico. A spazzare tutte le incertezze definitivamente, comunque, è servita la tempesta del venerdì. Così ha voluto il destino, che l’ha riportato per davvero indietro di 15 anni, in semifinale, vittorioso, contro il rivale storico Federer. Una giornata ventosa da cui lui è uscito come un capitano di regata. Federer capitola 6-3 6-4 6-2, poi Thiem non riesce a frapporsi tra lui e l’ennesima Coupe des Mousquetaires. È l’inizio del percorso che lo porta ad essere l’uomo copertina del nostro fotoracconto e numero 1 di fine anno per la quinta volta dal 2008.
[tps_title]LUGLIO – La mistica finale di Wimbledon tra Inferi ed Empireo[/tps_title]
È il 14 luglio 2019. La data più importante del nostro viaggio, forse una delle più importanti della storia del tennis. Dopo 4 ore e 57, Djokovic punta lo sguardo al cielo, si tocca il petto. Non esagera, ricorda di essere a Wimbledon, ma proprio per questo ringrazia forse gli dei. L’hanno reso partecipe della più grande impresa, o anche il più grande dramma, dell’ultima decade tennistica. Ha appena vinto il suo quinto Wimbledon, 7-6(5) 1-6 7-6(4) 4-6 13-12(3) ai danni di Federer. Lo svizzero, prima della premiazione, si regge la testa, guarda giù, verso gli Inferi. La sua mente, probabilmente, è già lì. Per la prima volta in carriera, e per davvero, sembra voler sprofondare. Era avanti 8-7, 40-15, due match point a favore per aggiudicarsi il nono Wimbledon in carriera. Ma un dritto di poco largo, e un buon passante del serbo, hanno cambiato la storia. L’hanno riscritta per come la conosciamo oggi, una storia che né i due protagonisti, né noi tutti possiamo dimenticare.
[tps_title]AGOSTO – Daniil Medvedev e il trionfo dell’eterodossia[/tps_title]
Delle sei finali consecutive tra Washington e Shanghai, Medvedev ne raggiunge tre solo ad agosto. Perde le prime due da Nadal e Kyrgios, poi batte David Goffin a Cincinnati. Spaventa il mondo tennistico, abituato al trionfo dell’eleganza di Federer. Medvedev è “brutto”, non ha paura di sfidare il pubblico e di farsi odiare. Più evocativa sarebbe stata l’iconica foto del dito medio nel match degli Us Open. La capacità di essere estemporaneo e quasi mai casuale è unica per un giocatore della sua regolarità negli scambi, abbinata peraltro a delle qualità atletiche incredibili. È l’uomo di agosto, un mese che potrebbe essere suo anche negli anni a venire. Le caratteristiche del cemento nordamericano favoriscono la possibilità di addormentare la partita e prendere il sopravvento contro i giocatori non in grado di un’aggressione costante. Non a caso ad agosto perde solo da Kyrgios e dal futuro numero 1 del mondo. Al 14 di dicembre ha già vinto la Diriyah Cup, attenzione a Daniil Medvedev, giunto in finale anche sulla terra rossa di Barcellona.
[tps_title]SETTEMBRE – Le notti magiche di Matteo Berrettini[/tps_title]
Il 2 di settembre, Berrettini gioca il secondo ottavo di finale in un Grand Slam. Dal primo, contro Federer sul Centre Court di Wimbledon, dimostra dal primo quindici di aver imparato moltissimo. Per importanza della partita, per avversario e per punteggio, forse è la miglior partita della carriera del romano fino ad oggi. È uno show a senza unico a cui Rublev partecipa solo a sprazzi. Finisce 6-1 6-4 7-6(6), e per il 23enne allievo di Vincenzo Santopadre sembra il punto più alto possibile allo Us Open. Nulla di più sbagliato: due giorni più tardi, dopo un primo set poco convincente, Berrettini accende il pubblico dell’Arthur Ashe contro Gael Monfils. Sfrutta la grande passività del francese e prende a dominare il campo, fino a portarsi due set a uno. Nel quarto spreca tante chance e cade nella trappola di Monfils, che col suo solito linguaggio del corpo indecifrabile rimanda tutto al quinto set. Berrettini sta meglio, ha più armi di Monfils, ma il braccio al momento di chiudere spesso trema. C’è bisogno del tie-break decisivo e di tre ore 56 per raggiungere la prima semifinale in un Major. Anche il primo set contro Nadal, al venerdì, è magnifico. Il sogno finisce sui due set point mancati nel tie-break. Ma al risveglio la realtà è comunque bellissima, Matteo non s’è più fermato (e speriamo non si fermi).
[tps_title]OTTOBRE – Andy Murray: “Non è solo uno sport, ma molto di più”[/tps_title]
Il documentario da poco uscito su Amazon Prime, “Resurfacing”, si ferma nella sua narrazione al primo match in singolare di Murray dopo il calvario passato per i problemi all’anca. Nel titolo, la frase più potente del documentario, che due mesi più tardi, al 20 di ottobre, diventerà lo slogan del suo successo nell’Atp 250 di Anversa. Rimane probabilmente uno dei pianti più colmi di gioia nella storia dello sport moderno. Alla domenica, al suo fianco, c’è uno dei rivali dell’ultimo decennio, Wawrinka. Anche lui, però, capitola di fronte alla straordinaria tenacia di Murray, che dopo aver ribaltato la semifinale con Ugo Humbert, recupera un set e un break di svantaggio allo svizzero. Intenso e drammatico è il set decisivo, con Murray non può trattenere le lacrime dopo 3-6 6-4 6-4 finale.
[tps_title]NOVEMBRE – La forza di Bautista e la fame di Nadal per la nuova Coppa Davis[/tps_title]
Roberto Bautista Agut e Rafael Nadal sono gli ultimi protagonisti del 2019. Il 24 novembre regalano la sesta Insalatiera della sua storia alla Spagna battendo 2-0 il Canada. A far battere i cuori non è però il risultato finale, ma gli avvenimenti che hanno contornato la vittoria finale della squadra di casa alla Caja Magica. Nadal ne esce da supereroe sul campo, con otto vittorie in sei giorni. Il pubblico a favore, la maglietta Roja, l’obbligo della vittoria: è una festa in nome di ciò che Nadal è diventato, una leggenda vivente con un ampissimo repertorio, ma anche in nome di ciò che è sempre stato. Leader, uomo squadra che si carica sulle spalle i pesi maggiori nei momenti difficili e che con i compagni e per i compagni festeggia e gioisce. Gioisce e si commuove, perché l’uomo più grande, come anche lui farà notare, in settimana è Bautista Agut. Il numero 9 del mondo ha giocato e vinto il primo singolare della finalissima tre giorni dopo aver perso il padre. Nei quarti aveva lasciato Madrid per stare vicino al papà malato, tre giorni dopo è campione del mondo con la Spagna, ed è il primo ad abbracciare Nadal dopo il match point. Il sorriso ritrovato è il primo passo per ritrovare anche un barlume di felicità vera.
Undici momenti per undici mesi di grandi emozioni, in attesa del 2020. Mancano diverse immagini a descrivere ciò che veramente è stato l’anno che volge al termine. Il grande assente è uno dei migliori giocatori dell’anno, il migliore in termini di punti dopo i Big Three, Dominic Thiem. Con l’arrivo di Nicolas Massu ha compiuto un’enorme salto di qualità anche sul cemento, vincendo ad Indian Wells e a Pechino ed arrendendosi solo a Tsitsipas nelle Atp Finals. Meritano una menzione anche le storie di Laslo Djere, vincitore a Rio de Janeiro e anche lui rimasto senza genitori, oltre a Juan Ignacio Londero, in grado di conquistare la folla nel primo successo Atp a febbraio, a Cordoba. Manca anche la clamorosa ascesa di Jannik Sinner, il tragico ritorno di Marco Cecchinato al Roland Garros e la storica doppietta di Feliciano Lopez al Queen’s. Storie degne del tennis, uno sport che accompagna noi appassionati quotidianamente. Fino a novembre lo guardiamo tutti i giorni, a dicembre dibattiamo, ricordiamo, ma soprattutto aspettiamo. L’attesa sta finendo, allacciate di nuovo le cinture.