[tps_title]Nadal è una fenice, l’anno della Decima[/tps_title]
Noi facciamo flash-forward e saltiamo la sconfitta pesante per mano di Djokovic nel 2015 e il ritiro amaro del 2016. Rafa, invece (insime a Federer, grande assente sulla terra) ha viaggiato indietro nel tempo, ritrovando lo smalto dei giorni migliori proprio nel 2017, la cui ciliegina è proprio la Decima, conquistata dominando Stan Wawrinka in finale. Dopo due anni e mezzo durissimi, senza più alcun titolo importante e con tante scottanti debacle anche su terreni a lui familiari, si cominciava a pensare che il declino fosse ormai inarrestabile. Nel 2017, invece, Rafa ha trovato nuova linfa, a partire dall’arrivo di Carlos Moya nel team e da una preparazione invernale finalmente affrontata senza dolori in qualche parte del proprio, consumato, corpo. La tenuta non sarà più quella di un decennio prima, ma Nadal corre ancora tanto e vincenti li spara ancora da lontanissimo alle volte. Nel 2017 (e poi nel 2018), alla risposta si piazza distante dal campo, ma cercando un colpo profondo e alto balza subito vicino alla riga. Non rifiuta colpi in controbalzo e domina soprattutto negli scambi inferiori ai nove colpi, perché l’età comincia a farsi sentire e perché a rete ora si destreggia come pochi altri al mondo. Anche Wawrinka, che di finali nei Major non ne aveva mai perse, si arrende allo strapotere di Nadal in ogni zona del campo, alla spietata sicurezza di uno che ha raggiunto la massima maturità tecnico-tattica. Poco più di 2 ore per regalarsi la storica ed ineguagliabile decima Coppa dei Moschettieri, con una copia speciale anche all’amato zio Toni, all’ultimo anno in giro per il mondo insieme al nipote. Solo 41 giochi ceduti sfiorando il record di Borg (35), e zero set persi come nel 2008 e nel 2010: Wawrinka non può nulla nel 6-2 6-3 6-1 in finale e da lì Nadal inizia la scalata alla vetta del ranking mondiale, conquistando a settembre anche il terzo titolo allo Us Open.