Marcelo Rios senza freni quello nell’intervista alla rivista cilena La Tercera. L’ex numero uno del mondo, l’unico fino ad ora ad esserlo diventato senza vincere Slam, ha parlato della situazione attuale del doping nel tennis. Inevitabile, dunque, la domanda sul connazionale Jarry, recentemente risultato positivo a un test antidoping e in attesa di una sentenza. “Quando giocavo io, testavano solo le urine mentre oggi anche il sangue. In questo modo è molto difficile nascondere qualcosa. Non metto la mano sul fuoco per nessuno. Ho detto a Nico, ‘continua a essere Nico Jarry se ti sospendono per quattro anni o quello che sarà. Ti voglio bene come amico, ti voglio bene come giocatore e, anche se non dovessi giocare mai più, sarai ancora mio amico”.
Secondo Rios, però, Jarry non sarebbe il tipo da assumere certe sostanze per migliorare il suo gioco: “È un tipo metodico, ordinato, molto professionale: perché doversi rovinare la carriera per il doping? Credo che lo sanzioneranno di sicuro, ma spero sia soltanto questione di mesi. Sta cercando di dimostrare che dice la verità e non ha commesso alcun errore. In un caso così, anche se ti squalificano, l’importante è uscirne con l’immagine pulita”.
I temi forti dell’intervista, però, devono ancora arrivare. Infatti, continuando su questo binario, è poi arrivato il turno di André Agassi. Il tennista americano, come ha poi ammesso anche nel libro-biografia Open, ha fatto uso nel 1997 di metanfetamine, senza per questo esser stato squalificato dall’ATP. Perentorio il giudizio di Rios sulla vicenda: “Lo hanno beccato quattro volte e l’Atp lo ha coperto perché era Agassi e altrimenti il tennis avrebbe fatto una brutta fine”. Il cileno dà contro l’ATP anche per il fatto di aver fatto disputare sempre i Master sul veloce indoor, a suo modo di vedere per favorire alcuni tennisti: “Allora a fine anno si giocava il Masters sempre sul cemento e su campi rapidi per far vincere Sampras. Solo io e Bruguera provammo a chiedere di giocare su superfici diverse anno dopo anno”.
Altro tema controverso l’Australian Open perso nel 1998, quando a trionfare fu Peter Korda, poi risultato positivo al doping. L’ITF quattro anni fa respinse il ricorso di Rios per vedersi assegnato il titolo: “Quanto successo con Korda, è stato per ottenere un vantaggio. Proprio in uno Slam che avrei potuto vincere. Non è come nell’atletica, dove in questi casi danno il titolo al secondo classificato. Adesso uno se la ride, però nel suo palmares rimane la vittoria di uno Slam“.