Si può paragonare il comportamento di Roger Federer con quello di Nick Kyrgios? Oggi di certo no. L’eleganza, la maestria, la cortesia e la professionalità mostrate in campo sono tutte doti risapute dello svizzero, aspetti che ancora mancano al tennista australiano. Una maturità acquisita col tempo ma che in passato non c’era. Nei primi anni di carriera, Federer non era affatto così. Anzi. Irascibile, eccessivo. poco professionale, irrispettoso: un vero e proprio “selvaggio”. Critica che esprime lui stesso nel libro “Anni di Gloria” scritto da Marco Keller e Simon Graf.
“Non sapevo come comportarmi” ammette Roger, concetto ribadito a più riprese nelle cinquanta pagine centrali del libro. Parole forti, come la “vergogna” che lui stesso confessa di aver provato nel 2001 a Roma: “Giocavo contro Safin e nelle partite con Marat facevamo a gara a chi si comportava peggio – si legge -. Alla fine del secondo set, mostrarono nel maxischermo dello stadio le nostre intemperanze e mentre lo guardavo mi sono davvero vergognato e mi sono detto ‘non si può andare avanti in questo modo’“. Cattivi comportamenti che, in realtà, già avvenivano molto prima. Nel 1998 venne punito nel torneo di casa, a Basilea, per mancanza di impegno; nello stesso anno si preoccupò di sentirsi appagato dopo la sconfitta con David Nalbandian, una delle sue bestie nere, nella finale degli Us Open junior. “Com’è possibile che sei soddisfatto di aver perso? Si accusò poco dopo quella sconfitta. Andiamo a lavorare!”. dichiarò. Due anni più tardi mancò di rispetto a Sergi Bruguera, vincitore nel 1993 e nel 1994 del Roland Garros: “La settimana prima, a Casablanca, aveva perso con un doppio 6-0 contro Richard Gasquet. A Barcellona gli mancai di rispetto – confessò Federer -, gli dissi che lo avrei battuto facilmente e invece persi il match con un doppio 6-1. Lo sottovalutai“. Tra l’altro quel match venne ripreso, poi, in diretta nazionale. Non era facile gestirlo.
In adolescenza Federer era un vero e proprio incubo, si divertiva infatti a disturbare gli allenamenti nella scuola della federazione svizzera di Ecublens. Finché un bel giorno l’allenatore non si stancò dell’indolenza di quel ragazzino: “Non me lo auguro, ma quando perderai sarò felice“. Risposi: “Sono fuori?”. Non voglio più vederti“, mi disse l’allenatore. “Io pensai ‘perfetto’, e me ne andai a fare la doccia, presi l’autobus e tornai a casa“.
Da non crederci, o quasi. Perché le chiavi di successo del dispettoso e tremendo Roger furono sostanzialmente due: la tennista elvetica – poi divenuta la madre delle sue bambine -, Mirka Vavrinec, conosciuta durante le Olimpiadi di Sydney del 2000 e le vittorie poi conseguite. Perché vincere aiuta a vincere: “La nostra relazione si trasformò rapidamente in qualcosa di serio, grazie a lei maturai velocemente. Lei è più grande di me e inoltre le donne maturano prima degli uomini (…) Arrivai a casa e mi domandai ‘ora cosa faccio? Ho ottenuto tutto quello che avevo sognato da bambino’. Ero felice, però pensai ‘sarà bene ripetermi per rivivere queste sensazioni’ (…) Ho sempre saputo di avere talento, però non ho mai pensato che avrei ottenuto tutto questo“.
Il talento che a Nick Kyrgios non manca. Forse, come si legge su “puntodebreak“, anche il ventenne avrebbe bisogno di avere accanto una figura che lo faccia maturare. “Ha qualità brutali e la sua racchetta ha un qualcosa di speciale – scrivono i colleghi -, ma questo ragazzo sta vivendo una notorietà arrivata troppo presto. Vedere cifre astronomiche sul tuo conto e tutte quelle ragazze che ti circondano farebbe impazzire chiunque“. La metamorfosi umana di Roger Federer è il miglior esempio per Kyrgios, il Mario Balotelli del tennis mondiale.