Sognando con Jannik

Grande vittoria in rimonta sul tignosissimo Bautista Agut (5-7, 6-4, 6-4): sarà finale contro il sorprendente Hurkacz.

Ed eccoci qua, di nuovo, a guardare questo ragazzo che insegue un orizzonte sempre più lontano. L’asticella dell’ambizione si alza ogni giorno, per capirlo basta scorrere la lista dei diciannovenni semifinalisti a Miami: Agassi, Hewitt, Nadal, Djokovic e Murray, seguiti da Shapovalov e Auger Aliassime nel 2019. Certo, il tabellone si è aperto benevolo fin dall’inizio, ma le opportunità bisogna saperle sfruttare e Jannik si è preso con merito ciò che il destino gli aveva apparecchiato. E non sembra ancora il momento di lasciare la tavola.
Si paga dazio all’inizio, tanto per ricordarsi che non sarà una passeggiata. Bautista le prende tutte, roba da farti perdere la pazienza, ma Sinner di pazienza ne ha da vendere. Sfumata l’occasione del controbreak immediato, tira a fatica fino al sesto game in attesa del momento per rientrare e lo fa, a zero, come una sentenza: 3-3. Poi c’è l’attimo in cui ti rilassi e Bautista ti entra sotto la pelle per rubarti di nuovo il servizio, ma Jannik reagisce, annulla e va. Oggi è una guerra di logoramento, niente a che vedere con i fasti bublikiani, questa è una specie di partita a scacchi con i pezzi in pietra che pesano tre chili ciascuno. Jannik arriva avanti 5-4 con le unghie, un millimetro alla volta. Roberto però non molla, macina gioco, lo ipnotizza, lo brekka e va a servire per il set. Jannik tenta la controffensiva, ma Bautista è in un momento murodigomma e per gradire piazza pure un ace a chiudere il set. 7-5 e palla al centro tra foschi presagi.

Roberto Bautista dopo la vittoria con Medvedev ai quarti di finale

Il primo game non è banale ma Jannik spara un rovescio lungolinea che fa morale e mette il muso avanti. Ma non basta, perché contro Bautista non basta niente, così si scivola fino al settimo gioco, dove Jannik perde la quadra e va 0/40 con vista sul baratro, ma rifiuta la condanna e alla fine chiude con quel solito rovescio lungolinea che non ci annoierà mai: 4-3. Poi c’è un colpo che meriterebbe una descrizione di Foster Wallace, con Jannik che mostra una coordinazione occhio mano inumana (sì, ha ragione Bublik) togliendosi di dosso una palla al corpo da distanza ravvicinata: uno di quei punti in grado di rovesciare l’inerzia di una partita perché rende evidente che uno così non può perdere. Però di là c’è Bautista e il break non arriva subito, anzi, bisogna salvarsi da un altro insidioso 0/30, ma l’energia è quella giusta e dopo il 5-4 Jannik piazza la zampata giusta che vale il set. 6-4 e si va al terzo atto.

Il set comincia bene ma poi prende una deriva malinconica che frutta il 3-1 per lo spagnolo. Jannik non accetta il crepuscolo, rimane in scia e poi brekka a zero per il 3-3. Ora tutto conta il doppio, in un videogame di scambi infiniti. Ci vuole una prima vincente, come fanno i campioni, e arriva, in una partita in cui il servizio ha dato pochi punti facili. Per la terza volta arriviamo al decimo game con Sinner avanti 5-4 e Bautista al servizio. E qui è di nuovo il rovescio di Jannik a fare la differenza, rompendo il ticchettio infernale degli scambi da fondo: non sono lungolinea ma incrociati, l’efficacia però è la stessa. Game, set e biglietto per la finalissima per il nostro collezionista di record. La notte, poi, porta sorprese: l’avversario sarà Hubert Hurcakz, che ha messo in riga Shapo, Raonic, e i favoritissimi Tsitsipas e Rublev. Il ventiquattrenne polacco, che ha avuto un periodo di appannamento dopo la vittoria a Delray Beach, si è ritrovato alla grande qui a Miami, non ci sono precedenti tra i due che però sono stati compagni di doppio in Australia. Il sogno continua.

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