Lorenzo Sonego è sottovalutato. Come l’importanza dei sogni prima degli studi di Sigmund Freud. È sottovalutato perchè non ha un tennis esaltante, non è giovanissimo e non ha mai battuto un top ten. Fino all’anno scorso è gravitato intorno al circuito Challenger: ha fatto la gavetta vera per tre anni, il Vichingo. Però quest’anno è arrivato ai quarti di finale del Masters 1000 di Montecarlo, e allora anche la pancia del popolo che segue il tennis è arrivata ad accorgersi di lui. Come quando Freud ha scritto L’interpretazione dei sogni, libro divenuto fondamentale per ogni approccio alla psicanalisi che ha segnato la vita di tutti gli uomini dall’inizio del ‘900 in poi.
È inutile nascondersi dietro le analisi numeriche o tattiche: se non vi siete strofinati gli occhi dopo che Lorenzo Sonego ha annullato il decimo match point del suo torneo di Kitzbuhel siete uomini (o donne) freddi, aridi e senza emozioni. E se invece non avete letto, sentito o visto nulla di tennis durante la scorsa settimana perchè in vacanza (e solo in quel caso sareste giustificati), allora vi scrivo che sì, avete capito bene: il piemontese ha annullato dieci match point prima di essere eliminato in semifinale da Dominic Thiem. È sopravvissuto a otto palle della partita contro Delbonis nel primo turno, a una contro Carballes nel secondo e a una contro l’austriaco nel penultimo atto della competizione, poco prima di soccombere definitivamente.
Se invece reputate come normale il torneo che ha condotto Sonego, non preoccupatevi troppo: Lorenzo è freddo, arido e senza emozioni esattamente quanto lo siete voi. Non nella vita, intendo. Mi riferisco al momento del punto decisivo. L’assistito di Gipo Arbino lo gioca senza paura di sbagliare, come se fosse la palla più normale del mondo. E in più è sciolto, tranquillo, libero come se non avesse più niente da perdere. La differenza tra l’azzurro e gli altri, però, è che lui è esattamente consapevole di ciò che si sta giocando. Il rovescio lungoriga in controbalzo con cui ha annullato il primo match point concesso a Thiem ne è la prova. La seguente esultanza pure. La sua mente si scarica e si carica nello stesso momento, ovvero poco prima che la pallina gialla venga messa in gioco: si libera da tensioni, pressioni, smette di combattere la guerra contro sé stesso che tutti i tennisti vivono all’interno della partita e si concentra solo sulla palla, cosciente che il resto, in quel preciso istante, non conta più. Nemmeno il rivale.
Sono quasi sicuro che Lorenzo ami quelle situazioni. La sofferenza tennistica, l’essere a un centimetro dal perdere tutto, l’avere la possibilità di ribaltare la partita e magari la carriera con un solo punto; sono sensazioni che lo fanno stare bene. Anche se lui non lo dà mai a vedere e, credo io, farebbe fatica anche ad ammetterlo a sé stesso. Freud lo chiamerebbe “contenuto latente”, ovvero ciò che rappresenta la soddisfazione di un desiderio inaccettabile dall’io del soggetto (in questo caso l’essere costantemente “a rischio”). A guardarlo da fuori, Sonego sembra un amante della tranquillità, della pacatezza e della serenità. Poi però scopri che è un ultras del Torino e che quando può va in curva all’Olimpico per vedere le partite dei granata (il soprannome “Vichingo” deriva proprio dal gruppo di tifosi di cui fa parte, i “Viking”). Sonny vuole sentirsi vivo.
Una partita di Sonego è meglio di un thriller di Camilleri. Non è finita neanche quando pensi che sia davvero finita. È capace di ridare e ridarsi una speranza nel giro di cinque scambi. Chissà in quanti sognano di essere come lui.