Sulla buona strada

Nonostante la sconfitta contro Marin Cilic nella finale del Queen's, Novak Djokovic ha dimostrato di essere tornato finalmente ad alti livelli e di essersi lasciato alle spalle gran parte dei problemi fisici e tecnici degli ultimi mesi. La strada intrapresa è quella giusta, ma per rivedere il vero Nole bisognerà aspettare ancora un po' di tempo.

La settimana londinese appena conclusasi ha consegnato agli appassionati di tennis un Novak Djokovic rinnovato, finalmente convincente, ma non ancora vincente. Nella finale del Queen’s, infatti, il serbo ha giocato una delle sue migliori partite da un anno a questa parte, mettendo in mostra colpi, scatti e guizzi degni dei bei vecchi tempi, ma ha finito per cedere ad un ottimo Marin Cilic, sempre più a suo agio nella gestione delle partite importanti.

La differenza tra i due giocatori è stata veramente minima sin dal primo colpo giocato e, a differenza di quello che l’attuale divario in classifica potrebbe far pensare, è stato Djokovic ad esprimere il miglior tennis nei primi due parziali, arrivando anche a match point. La sconfitta per il serbo è arrivata come una doccia gelata; fino al 4-1 in suo favore nel tie break del secondo set, infatti, Nole ha giocato in maniera impeccabile, muovendosi sul campo con grande leggerezza e rapidità e esprimendo un tennis ad alta intensità e precisione. Un calo di tensione e di concentrazione nel tie break, però, ha consentito a Cilic di prendere il sopravvento e, dopo aver vinto il secondo parziale, di completare la rimonta.

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Al di là del risultato finale, l’ottima prestazione offerta da Djokovic è stata il culmine di un processo di crescita costante e lineare, che aveva fatto intravedere i suoi primi frutti già a Roma e a Parigi. Da questo punto di vista si è rivelata particolarmente azzeccata la scelta di riformare lo storico team, di cui Vajda e Gritsch rappresentano i due pilastri più importanti, che ha seguito il serbo sin dall’inizio della sua carriera da professionista e che lo ha portato sul tetto del mondo. Il Djokovic dell’ultimo mese, infatti, è un lontano parente del giocatore svogliato e abulico visto sotto la gestione di Andre Agassi; al di là dei progressi dal punto di vista fisico, evidenziati dalla qualità del gioco di difesa offerta nel corso del torneo del Queen’s, ciò che più colpisce è il cambiamento dell’atteggiamento e del body language del serbo, finalmente ben concentrato sulla partita e determinato a lottare sul campo.

I colpi di Nole sembrano aver ritrovato profondità e incisività, oltre che una sicurezza e una precisione sempre crescenti, come ben dimostrato dal contenuto numero di errori gratuiti commessi nella finale di ieri. Un’altra freccia che sembra essere definitivamente tornata nell’arco del serbo è quella del servizio, che, dopo le prime difficoltà dovute al cambiamento del movimento (apportato per non sovraccaricare il gomito operato), si è finalmente stabilizzato, regalando a Djokovic una discreta percentuale di punti gratuiti nel corso del torneo londinese. Anche in risposta si sono intravisti netti miglioramenti, soprattutto dal punto di vista della reattività e della costanza di rendimento.

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Nel corso dei primi due set della finale, inoltre, Nole ha saputo gestire in maniera perfetta quelli che i commentatori statunitensi chiamerebbero “clutch moments”, ovvero quelle fasi della partita in cui il giocatore, sotto pressione, è chiamato a tirare fuori il meglio di sé; ad esempio, nel settimo gioco del primo set, il tennista di Belgrado è riuscito ad annullare tre palle break consecutive con altrettante prime vincenti, dimostrando di essere tornato in controllo delle situazioni più critiche e delicate del match, una cosa che non gli riusciva più da tempo. Questo controllo, però, è ancora parziale e soggetto a cali di tensione, come dimostrato dall’inspiegabile black out del tie break del secondo set. È proprio su questo aspetto che dovrà lavorare Djokovic per riuscire a ritrovare la migliore versione di sé stesso; dopo aver sistemato quasi totalmente i problemi tecnici e fisici, recuperare e riacquisire il killer instinct rappresenta la vera priorità di Nole, che, già da Wimbledon, avrà la possibilità di mettersi alla prova in partite lunghe e complicate contro avversari di primissimo livello.

Per rivedere il miglior Djokovic, dunque, bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo, ma, finalmente, la strada intrapresa è quella giusta. La restaurazione dello storico team, la stabilità familiare e la ritrovata voglia di lottare punto dopo punto sono tutti elementi che depongono a favore del serbo e che lo mettono nelle migliori condizioni per provare a risalire la classifica il più in fretta possibile. Se Djokovic saprà lavorare in modo corretto e adeguato sulla sua tenuta mentale e saprà riaccendere in maniera definitiva la fiamma della competizione sportiva potrà levarsi ancora molte soddisfazioni.

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