Tanti auguri a Roger Federer: le tre giovinezze e la resurrezione nel 2019

Il tennista nato a Basilea nel 1981 compie oggi 38 anni. Su Tennis Circus gli rendiamo omaggio parlando della sua capacità di reinventarsi continuamente e della invidiabile risalita di questa stagione fino ai rimpianti della finale persa a Wimbledon poco meno di un mese fa.

Chiamarlo Natale può essere esagerato. Ma per il mondo del tennis, l’8 agosto, da oramai un decennio e per sempre, sarà uno dei giorni più importanti. Perché l’8 agosto è il compleanno di Roger Federer, il compleanno del King. E lo chiamiamo così non per riaprire il discorso del Goat, ma usando un epiteto ormai sdoganato anche in tutte le testate giornalistiche. In fondo solo la regalità può rendere l’idea di quanto Federer sia entrato nelle case e nei cuori dei tifosi. Di quanto sia stato preso a modello dai bambini che entrano in campo nei circoli vicino casa, o in generale da chi nella vita vuol provare a fermare il tempo, sentendosi sempre giovane quando si fa la cosa che si ama. Un’impresa a lui riuscita più di tutti, che lascia una strada da seguire per quelli che verranno. La sua regalità diventa doverosa per distinguere un tennista che con una tecnica esecutiva d’altri tempi a 38 anni primeggia ancora nel tennis moderno, fatto di racchette che consentono di basare, alle volte, la propria carriera esclusivamente sulla potenza. Categoria da cui preghiamo cortesemente di escludere anche i due rivali più grandi. Ma oggi non è il tempo dei confronti, oggi è festa. Una festa più grande per noi che per Federer stesso probabilmente. Noi infatti lo celebriamo, ancora numero 3 Atp a 16 anni dal primo successo a Wimbledon. Lui, come Scipione che piange nel giorno del successo su Cartagine, probabilmente starà pensando a come poter danzare ancor un po’ più a lungo sui campi da tennis. Perché una leggenda vera non può essere solamente perfezionista. Ha bisogno di essere anche egoista, continuare ovvero a giocare non per il pubblico, ma in primis per sé stesso.

IL CURIOSO CASO DI ROGER FEDERERNon ce ne voglia il personaggio della novella di Francis Scott Fitzgerald, splendidamente interpretato da Brad Pitt nel 2008. Perché quello di Roger Federer è un caso strano quanto quello di Benjamin Button. Uno da più di 100 trofei in bacheca che col passare del tempo sembra, nell’esecuzione dei colpi, sempre più giovane e bello. Sempre più ineguagliabile. Non chiamate Roger Federer una “fenice”. Lui non è mai morto e non ha quindi mai avuto bisogno di risorgere. Al gioco del tennis è sempre stato uno dei più forti. E se si escludono i problemi fisici, non ha mai dovuto fare i conti con la propria mente, non è mai davvero apparso in balia di sé stesso. Almeno non in periodi prolungati come è accaduto a Rafa Nadal tra il 2015 ed il 2016, o a Novak Djokovic dall’ottobre del 2017 all’aprile del 2018. È spesso stato in balia di questi due, ma non ha mai dato l’impressione di non essere più a proprio agio sul campo da tennis. E se parliamo in questi termini, si capisce che non c’è spazio per quello a cui tutti pensiamo. Le partite perse con match point a favore fanno storia a sé. È lecito cominciare a pensare che Federer non sia destinato a morire, sportivamente parlando, di vecchiaia. Perché la vecchiaia è innanzitutto condizione mentale. Potrebbe piuttosto morire come il signor Button, o come gli eroi greci e la loro “hybris”, peccando cioè di tracotanza. Alla ricerca di qualcosa che possa sempre farlo apparire più giovane e bello, esteticamente soprattutto, dell’avversario dall’altra parte della rete. Così s’andava incontro alla morte nelle tragedie greche, superando il limite e scatenando l’ira dei celesti che si sentivano sfidati.

Roger Federer al servizio durante il Masters 1000 di Miami di quest’anno

 

LE TRE GIOVINEZZE – Roger Federer è infatti l’uomo dalle tre giovinezze, aggiungendo a quella anagrafica le due determinate dal cambio di coach, cinque anni fa con Stefan Edberg e due anni fa con Ivan Ljubicic. Quella con lo svedese, che non portò a vincere alcun Major, fu forse anche la collaborazione più spettacolare. L’unico modo per fermare il dominio da fondocampo di Nadal, ma soprattutto di Djokovic, era infatti quello di sorprenderli, di togliere loro il tempo. Un’operazione che lasciò tutti a bocca aperta, rendendolo un giocatore quasi al di fuori del suo tempo. Costante la ricerca della rete, straordinaria la resa, con un’altra generazione di ragazzini conquistata nel vederlo giocare come un tennista anni ’80 e ancora così efficace. Se il Federer 2014-2015, a 33 anni, catturò l’occhio come non mai, quello visto dal 2017 in poi fa riflettere. Sono bastati quasi sei mesi di pausa a Federer, e una volta sparito il dolore al ginocchio, l’elvetico è tornato a giocare ancor più divinamente. Non risorgendo come una fenice, bensì evolvendo come solo gli uomini di grande valore in piena armonia col proprio talento possono. Il motivo per cui la terza giovinezza, che non è quella nera ma brilla di luce, suscita riflessioni, è lo stesso che i suoi tifosi usano nella disputa al migliore di sempre. Quale altro giocatore, dai 35 anni, può trasformare un colpo “debole” nella sua rivalità più importante, in uno decisivo, che lo rende superiore al “nemico” anche negli scambi prolungati? Forse nessuno, all’infuori di Roger Federer ovviamente. E se pure in futuro qualcuno riuscirà ad emularlo, sicuramente e prima di tutti da lui dovrà prendere esempio.

UNA STAGIONE DA BRIVIDI – Nasceva 38 anni fa il tennista attualmente più vincente a livello Slam, con 20 successi in bacheca. Un tennista la cui unica vera resurrezione è forse proprio quella di questo 2019. Difatti dopo la vittoria a Melbourne dello scorso anno, la cocente sconfitta a Wimbledon contro Kevin Anderson e la disfatta di New York, lo scorrere del tempo sembrava aver preso il sopravvento. Dopo la delusione contro Stefanos Tsitsipas all’Australian Open, si parlava addirittura di passaggio di consegne, perché non c’erano ragioni prettamente fisiche nel risultato quasi fallimentare. Federer sembrava, almeno alla lunga distanza, non più in grado di incidere. Se parliamo di resurrezione però, è proprio perché le cose, pur con una buona condizione fisica, sono cambiate semplicemente dal punto di vista mentale. E come in un film tutto è ricominciato proprio dalla settimana dello storico 100esimo successo in un torneo Atp, a Dubai. Da lì in poi Federer ha giocato con superba costanza ad alti livelli, arrivando ad essere il tennista da battere su cemento dopo la finale a Indian Wells e il titolo a Miami. Dopo tre anni di assenza il classe 1981 è tornato ad infiammare il pubblico anche sulla terra rossa, affermando forse definitivamente la propria superiorità su tutti i tennisti che non si chiamino Nadal o Djokovic. Spingersi in semifinale al Roland Garros, pur perdendo severamente dall’iberico dopo un tabellone discretamente agevole, a 37 anni rimane forse risultato che solo i futuri progressi della medicina dello sport potranno rendere normalità. Di normale, ovviamente, ha pochissimo anche la sua stagione sull’erba. Prima il decimo trofeo ad Halle, col successo su David Goffin. Poi, a Wimbledon, la tanto attesa vendetta su Nadal dopo 11 anni, e la storia che ben conosciamo nella finale più lunga mai giocata a Church Road. Due match point sprecati contro Djokovic prima di perdere al tie-break del quinto set sul 12 pari. E nonostante i rimpianti, la leggenda di Federer ne è uscita più grande, perché per larga parte ha mostrato di potersi esprimere ad un livello più alto dell’avversario, più giovane di sei anni. Alla conclusione del match, poi è divenuta anche più vera e cruda, perché non sempre si può avere un lieto fine, specie se davanti si ha un altro colosso del nostro sport. Ma le occasioni per tornare a trionfare in questo già splendido 2019 non mancheranno. Si torna ora sul cemento, dove l’ultimo a sorridere, in Florida fu proprio lui. Negli ultimi due anni lo swing estivo per il rossocrociato è risultato durissimo. Lo Us Open è oramai imminente, e per il numero 3 del mondo negli ultimi anni sono arrivati molti dispiaceri. In un anno partito con una dolorosissima sconfitta e sfociato poi nella miglior partita dell’anno insieme a Djokovic, porsi limiti potrebbe tuttavia essere un errore. Soprattutto se all’anagrafe si è registrati come Roger Federer.

 

Novak Djokovic e Roger Federer
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