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Tennis maschile, l’armata spagnola non c’è più

LA DISFATTA DELL’ “INVICIBLE ARMADA” – Ogni bellissimo film ha i suoi titoli di coda , e così è ormai per il tennis maschile spagnolo. Quella che è stata una delle rappresentazioni più fulgide di dominio, in termini di presenze tra i Top Players e conseguenti risultati, è  giunta alla fine. I numeri parlano chiaro: l’ Invincible Armada del tennis maschile non c’è più. I risultati migliori in questo 2016 sono venuti , come sempre, da Rafa Nadal che ha fatto suo il Master 1000 di Monte Carlo e da un sorprendente Bautista-Agut che ha raggiunto la finale del Master di Shangai. Ma, prendendo quale punto di riferimento la presenza di giocatori spagnoli nei quarti di finale dei Majors e delle Atp Finals, si ha un quadro chiaro di quanto sia stato rapido il declino del tennis maschile iberico. Sono solo otto i quarti di finale conquistati da spagnoli nel 2016, e di questi quattro sono stati  raggiunti da Nadal. Gli altri quattro sono stati appannaggio di Bautista, Ferrer, Ramos-Vinolas e Granollers. Poco, pochissimo , se si raffrontano ai risultati del 2015, con ben venti quarti di finale conquistati o  ancora del 2013 , quando il terzultimo turno dei Majors  vide protagonista ben ventisette spagnoli.   Numeri impressionanti che sembrano, però,  destinati a rimanere  un ricordo e, soprattutto,  a non riproporsi , almeno in un futuro prossimo. Le previsioni , infatti, non sembrano indurre all’ottimismo, tutt’altro.

I TANTI  PERCHE’ DI UN DECLINO NON INATTESO-  I conoscitori della realtà del tennis maschile spagnolo, ovvero ex-campioni oggi allenatori, danno diverse e valide ragioni per spiegare questo declino. Per  Emilio Sanchez -Vicario le ragioni risiedono in “… una mancanza di modelli da seguire, come sta accadendo per gli Stati Uniti che hanno lo stesso problema dal ritiro di Sampras e Agassi”. Ma questo, evidentemente , non  basta a spiegare l’assenza di un normale ricambio generazionale. In realtà, una nuova generazione di tennisti non si è mai formata. Quali i motivi?  Da più parti si invoca la scarsità di mezzi, di aiuti dalle istituzioni  o, anche, la decisione presa da grandi allenatori  quali Moya, Blanco e Perlas che hanno preso a seguire giocatori stranieri. Ciò in realtà sta a testimoniare che , in primo luogo, lo stesso modello organizzativo spagnolo è, di fatto,  imploso. In realtà, come sempre accade, le cause sono molteplici e possono essere cercate in varie direzioni. Si può certamente cominciare da fattori tecnici, quali il progressivo  superamento di un modello di gioco da sempre adatto più alla terra che alle superfici più rapide , superfici su cui si giocano la stragrande maggioranza dei tornei, per finire a ragioni extra- sportive, come la persistente crisi economica; crisi che ha contribuito ad allontanare dal costoso tennis un numero sempre crescente di giovanissimi potenziali agonisti. Ed anche in questo non mancano marcate analogie con gli Stati Uniti e non solo. Molteplici le cause per un calo che , molto probabilmente, è da ritenersi fisiologico ma che , di certo, non oscura la grandezza di una scuola che , nel non lontano 2007, poteva vantare ben trentatre giocatori  tra i migliori otto negli Slam e nelle Finals. Mai dominio fu più assoluto negli ultimi vent’anni. Tuttavia,  qual che sia il palcoscenico su cui ci si esibisce  o la grandezza e la bellezza che si riesce a trasmettere , ogni capolavoro ha inevitabilmente  i suoi titoli di coda.

Piera Camerlingo

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