Saranno un paio di mesi, ovvero da quando è iniziata la stagione sul rosso, che parlo (bene) di Dominic Thiem.
Oggi, con la vittoria nei quarti di finale del Roland Garros 2016 in tasca ed una semifinale contro il numero 1 del mondo in vista, dovrei parlarne un po’ di più. In effetti così sarà, ma non si tratta esattamente di un panegirico per il campionicino austriaco.
Andiamo con ordine. Intanto la cronaca di un bel match, davvero. Si è visto gran tennis, finalmente, come non sempre accade nel circuito.
Primo set con Thiem che espone il campionario: servizio in kick, drittone da fondo in grado di colpire verso qualsiasi direzione, solido rovescio (ad una mano, deo gratias) che è tutto tranne che soltato un’arma di difesa. David Goffin parte più al rallentatore, si trova sotto 1-3, macina tennis con calma, giusto il tempo di capire come deve scivolare (parola grossa) su questa palude che è diventato il Lenglen. E lo capisce bene il belga, perché pian piano rimonta il break e si avvia a vincere un bel primo set, proprio al decimo gioco, togliendo ancora una volta il servizio al suo avversario (un tema, questo dei break, del quale parlare a proposito del tennis di Thiem).
Anche il secondo parziale riprende sulla falsa riga del primo. Goffin che appre solido, veloce, con i suoi piedi ottimi e un tennis percentuale misurato ma in grado anche di trovare angoli più rischiosi per chiudere il punto con maggiore facilità, mentre l’austriaco è impegnato in una lotta alla ricerca sempre e comunque dello scambio duro, con la palla ben alta sulla rete, ma con una velocità di crociera che ricorda Ivan Lendl e, permettete, Marat Safin. Goffin però va avanti sul 5-3 e sul 4-5, dopo aver visto annullare un set point, proprio mentre Giove Pluvio faceva sapere di non aver assolutamente intenzione di lasciare il Roland Garros, cedeva il servizio al decimo gioco, rimettendo in carreggiata un Thiem sempre capace di complicarsi la vita, ma puntualmente abile a rischiare l’osso del collo annullando con coraggio palle break (altro tema da discutere circa l’austriaco).
Si arrivava così al tiebreak, sempre lottando su ogni punto, ma mai, attendendo l’errore dell’avversario, sempre, invece, alla ricerca della soluzione dello scambio. Un caleidoscopio tennistico veramente gradevole, che ha strappato più volte gli applausi del pubblico francese: passanti in corsa, accellerazioni, apertura di angoli, con Thiem a proporre e Goffin ad offrire il tennis perfetto per questo campionario tennistico. Il tiebreak viene risolto da Thiem a suon di vicenti, dopo un inizio disastroso del belga, capace di rientrare piano piano in gioco.
Un set pari, due ore di gioco, e un match davvero in bilico. Infatti Goffin non si arrende, riparte subito con un break, addirittura rischia di andare 3 a 0 avanti, ma Thiem tiene fino al 2-4, quando decide, complice anche il campo sempre più pensate e quindi sempre più favorevole ad questo motore diesel asburgico, di cambiare marcia. E se qualcuno si aspettava di vedere errori di un Goffin stanco si sbagliava, perché abbiamo assistito ad un monologo di Thiem che ha infilato un parziale di 9 games a zero, nei quali abbiamo visto ogni tipo di vincente di dritto (ho smesso di contarli dopo il n. 25), altre accellerazioni lungoriga di rovescio semplicemente perfette, servizi che abbandonavano il kick per passare alla potenza pura e passare i 200 km\h, nonostante quel clima.
Goffin raccoglie le forze, soprattutto mentali, per mettere a segno il game della bandiera, e poi attendere il match-point che proietta Thiem in top10 (sarà 7 dal prosismo lunedì, col rischio di andare un po’ più vicino alle alte sfere se dovesse fare il colpaccio contro Djokovic) e soprattutto in semifinale.
Qualche considerazione sul vincitore. Lo definisco un diesel. Un po’ perché questo tipo di motori non ha mai goduto di particolare apprezzamento dalle petrol-heads del globo, così pigro, così poco scattante, sebbene potente, lento e costante. Thiem è così: dispone di grande potenza, di piedi ben educati al sacrificio, alla corsa in ogni direzione del campo, di un braccio educato altrettanto bene a colpire la palla imprimendo velocità e spin, qualcosa che i fisici apprezzerebbero, insomma. Thiem ama, come i diesel, le partenze lente, e spesso perde il primo set, oppure fa di tutto per complicarsi la vita: raramente vince un game a zero, spesso recupera da 0-30, da 15-30, rischia di annullare caterve di palle break (ha già giocato 25 tiebreak quest’anno, e non si chiama Karlovic). Come ogni buon diesel non vuole iniziare lo scambio in modo aggressivo, sia al servizio (tanti, troppi, kick alla luce del servizio che si ritrova) e raramente attacca le seconde palle dell’avversario, pur disponendo di due fondamentali che il mio amico Gianni Ocleppo, in tempi non sospetti, ha definito “due martelli”. Infine, a rete fa un po’ di fatica, specie con i colpi sopra la testa.
Ma come ogni buon vino, la cui struttura va costruita con la miscela sapiente dei vitigni giusti (e qui l’enologo Gunter Bresnik merita qualche stella Michelin), dobbiamo avere ancora pazienza, perché se la testa resta questa, ovvero di un lavoratore della racchetta che si lascia costruire, il risultato sarà presto eccellente.
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Come semifinale
???
Eh gia’ !
Che giocatore….per me sarà il prossimo numero uno ha un dritto ed un rovescio fantastici
Con quale rakketta gioca?
Gioca con la nuova babolat poure strike, Nn ancora in commercio