Toni Nadal: «Darò una mano a Rafa in altro modo»

L'allenatore che vanta più Slam vinti nella storia del tennis si lascia andare ad una bellissima intervista ricordo per il giornale El Periodico: tanti successi e soddisfazioni nell'allenare Rafa e anche qualche piccola disputa su come colpire la palla. Una chiacchierata veramente imperdibile rilasciata quando si avvicina il termine di un'avventura, di venticinque anni, a fianco di uno dei tennisti più forti di sempre.

L’annuncio è arrivato mesi fa, quando non si poteva minimamente pensare che Rafa Nadal sarebbe tornato sulla vetta del ranking ATP, ma la grande stagione del tennista maiorchino non ha fatto mutare gli intenti: lo zio Toni Nadal non sarà più il suo coach. Non si defilerà del tutto, ma non sarà neanche più in prima linea. Ed è raro che Toni parli, ma quando si concede a qualche intervista i discorsi son sempre validi, come ha fatto per quella uscita per il giornale catalano El Periodico.

16 SLAM INSIEME – Il bilancio della famiglia Nadal è pazzesco, e il ruolo del suo allenatore è stato, come più volte confermato, veramente fondamentale nella conquista dei 16 titoli del grande Slam, l’ultimo dei quali neanche dieci giorni fa a New York per l’US Open. Toni si è lasciato andare a qualche ricordo durante questa bellissima chiacchierata, da leggere tutta d’un fiato: «l’inizio è avvenuto nel Manacor Tennis Club, in particolare sul campo numero 2. Un campo in cemento, dove Rafa andava a tirare due calci al pallone col padre. Una volta però prese la racchetta in mano, e rimasi sorpreso. Da quando aveva sei anni, ho iniziato ad allenarlo quotidianamente, e ne ho visti i forti miglioramenti. Aveva possibilità di fare le cose in grande e il mio obiettivo era di farlo arrivare al vertice». Insomma, un talento precoce: «sono sempre stato mosso dalla convinzione che mio nipote fosse molto bravo. Ho sognato anche io di grandi successi. Sono quelle cose che ti muovono verso i tuoi obiettivi». E comunque allenare Nadal i primi tempi era rischioso: «lasciare il mio lavoro di maestro di tennis a Manacor per dedicarmi completamente a Rafa è stata una scommessa forte. Ho deciso di farlo quando lui aveva già dieci anni, stava già ottenendo i primissimi risultati e pensai che fosse giusto accompagnarlo in giro nei tornei e allenarlo anche in trasferta» probabilmente la miglior scelta che potesse fare, per Rafa, per se stesso e per il tennis.

Toni e rafa nadal

CAMBIAMENTI – Ovviamente il tempo muta le situazioni e gli atteggiamenti. Anche per noi allenatori è così, non puoi essere uguale per trent’anni. Mi comporto in modo diverso se ho a che fare con un bambino di dieci anni, con un ragazzo di venti o con un uomo di trenta. Quando Rafa era piccolo decidevo tutto per lui: se si dovesse andare ad un torneo o no, se l’allenamento dovesse essere di due o tre ore. Più cresceva, più condividevamo le decisioni e anche lo staff si è allargato». E, sebbene i risultati parlino, Toni Nadal ha dovuto subire delle critiche nel suo percorso: «a Manacor magari la gente parla e pensa che io non sia preparato e sia lì soltanto perché ho la fortuna di essere lo zio di un grande campione. Eppure sono convinto delle mie capacità. Se ci sono più persone che partecipano ad un processo decisionale, è ovvio che il mio contributo sarà più basso. Io comunque la mia opinione la offro, se poi non vengo ascoltato, non è mio il problema». E poi ogni allenatore ha i suoi piccoli segreti: «io, ad esempio, tengo enormemente all’istruzione e alla formazione della persona. Ci tengo molto. In campo invece poi non sempre il giocatore segue i dettami del suo coach. Per far capire, non mi piace quando Rafa colpisce sopra, preferisco di più come lo gioca Federer» quasi incredibile a dirsi «la cosa principale è comunque possedere una buona tecnica, poi miglioreremo testa e fisico. Questo è il concetto base che cerco di far passare anche nell’Accademia». E ricordiamo che questo è il convincimento dell’unico allenatore ad aver vinto 16 Slam con un giocatore seguito.

Toni e rafa nadal 2

DISCUSSIONI – Ci sono anche stati piccoli momenti di tensione durante questo percorso, ed è anche abbastanza naturale: «ho avuto per anni una disputa su quando colpire la palla. Per me la dovrebbe colpire più avanti, lui ha sempre risposto di trovarsi meglio a colpirla dopo. Ho provato a mostrargli video di Djokovic, Federer, Verdasco, lui ha sempre risposto che Steffi Graf colpiva come lui» e chi aveva ragione? «Evidentemente lui. Ha vinto. Però sapeva che il mio proposito non era errato e più volte mi ha detto che si sarebbe adoperato per eliminare questo difetto perché sarebbe stato più utile nel proseguo della carriera». Una cosa che però Toni Nadal non ha mai perso è stata la fiducia, neanche quando le cose andavano veramente male: «sono sempre stato convinto che Rafa sarebbe tornato a vincere il Roland Garros. Lo dissi a mio figlio nel 2015, e lui stesso me lo ha ricordato qualche giorno fa. Anche l’anno scorso avrebbe vinto se non avesse avuto problemi. Io quando dico una cosa, non mi racconto frottole: so che mio nipote è il migliore sulla terra. Sul cemento non è detto, ma una volta che Djokovic e Murray non ci sono, sapevo che per l’US Open se la sarebbe giocata con Federer. Questo Slam se l’è meritato, l’unico avversario complicato è stato Del Potro, gli altri erano troppo indietro in classifica per impensierirlo». Toni però lascia, e non ha ripensamenti. Non ha nulla da dimostrare e probabilmente nessun contributo in più che può dare. Lascia la guida del nipote in buone mani, ma continuerà a dargli una mano in un’altra maniera: «lascio perché a 53 anni è giusto che io stia più vicino alla mia famiglia. Farò quello che mi piace di più, allenare all’accademia. Sono stato felice di accompagnare Rafa in giro per il mondo, di vederlo crescere e conquistare successi. Sono felice e orgoglioso di ciò che ha fatto e di ciò che farà. Sa che ci sarò sempre se avrà bisogno di me». E un po’ di commozione, dopo queste ultime parole, non possono non venir fuori a chiunque ami il tennis.

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