Quel che più mi urta il sistema nervoso, della sconfitta di Sinner alla sua prima finale Master 1000 della carriera, è che si è perduta un’ottima occasione per strozzare nella culla la stucchevole diatriba che stava già montando: se il ragazzotto cioè diventerà il più forte italiano di sempre. Eh sì, dato che avesse fatto fuori l’amichetto polacco chiudendo nel migliore dei modi una settimana ‘gold edition’, il quesito sarebbe immediatamente passato in cavalleria, per venir sostituito da uno ben più serio e credibile: vale a dire “riuscirà il nostro eroe a ritagliarsi un posto non secondario nella storia del tennis”? Oh, chiariamo subito un aspetto: autentici monumenti come Pietrangeli e Panatta, in quanto tali (statue equestri cioè nel museo dello sport della racchetta), li considero per ora fuori classifica, ergo non pietre di paragone per dirimere la questione di lana caprina. Rimane pertanto il sulfureo Fognini sul tappeto come concorrente, in quanto trionfatore a Montecarlo un paio d’anni or sono: solo che lui ci arrivò, ad alzare quel trofeo di seconda schiera rispetto ad uno Slam (ma pur sempre privilegio di pochi eletti), alla… veneranda età di 32 anni, mentre il giovane rivale a manco 20 avrebbe tagliato il felice traguardo. Come dire, dilemma superato alla prima curva, avanti il prossimo… Con l’ovvia conseguenza che, se mi pare poco probabile che l’ottimo Fabio possa ripetersi da qui alla fine della propria parabola -piuttosto vicina, direi-, parimenti valuto con discrete possibilità di riuscita il fatto che Jannik sia in grado di dare ulteriori, eclatanti segnali di sé: forse già entro la fine di questo sciagurato 2021…
Per il resto, la battuta d’arresto al sole della Florida la considero niente più che un fastidioso incidente di percorso, lungo una strada lastricata di gloria -futura-. Mi spiego meglio, o almeno ci provo. Il mangiatore di tofu Hubi è un brutto pesce, in forte ascesa come il compagno di merende nonché di doppio, al pari suo reduce da un filotto di enorme prestigio, e all’inizio della settimana poco dietro in classifica rispetto al golden boy: insomma, non c’erano moltissime ragioni per considerar di gran lunga favorito quest’ultimo, come molti un po’ superficialmente pensavano. Poteva benissimo alzare il trofeo per esser chiari, come anche no. Il sottoscritto, ad esempio, si è messo davanti alla tv con scorta di patatine (limitata, eh…) e prosecchino -un po’ più consistente-, fiducioso di assistere ad un confronto spettacolare ma non troppo, abbastanza teso piuttosto (stante il fatto che per entrambi la posta in gioco era di gran lunga la più appetitosa sino ad ora dei rispettivi cammini). E ahimè, la capoccia rossiccia di Jannik, abitualmente la sua arma più acuminata, è andata in cortocircuito giusto quel quarto d’ora sufficiente a mandare in paradiso l’altro: meno… ondivago nel tenere a bada tumultuosi pensieri, anche se ad un certo punto è arrivato ad un nonnulla dall’andare in tilt.
Già, dato che come in tutte le partite equlibrate che si rispettino, è stata una palla a decidere la tenzone, e ad indirizzare il favorevole esito da una parte piuttosto che dall’altra. Roulette russa in definitiva, e possiamo pure per l’occasione ribattezzarla come ‘polacca’: è accaduto nel secondo set, 4 a 3 e servizio Hurkacz, il rivale aveva da poco riacceso i motori risalendo da 0-4 e randellando di nuovo come suo costume, mentre quello di là della rete cominciava a fare seriamente i conti con un tarlo che gli si era insinuato in testa… 30 pari, palla corta dell’italiano, il baltico ci arriva male e la rimette alla meno peggio, autostrada dinanzi al nostro che spara un rovesciaccio appena troppo basso. La palla incoccia il nastro, ci ballonzola sopra ad Hubert ormai fuori causa, e finisce con il ricadere di qua! Con tutto quel che è accaduto prima (l’italiano che serve per il primo set e si incarta, lasciandolo all’avversario; il black-out che lo conduce non con un piede, ma con entrambi nella fossa; l’altro che inizia a vedere il traguardo, e classicamente se la fa addosso), durante (quella fettuccia bianca che regala il 40-30 al front-runner, e con esso la ritrovata fiducia), e dopo (uno tira un sospirone e si ributta di buzzo buono nella tenzone, mentre il contendente lotta ancora provando a ribellarsi al proprio destino, si sbatte, si dimena: ma alla fine affoga), ci sarebbe da fare un film: se c’è un regista che raccoglie la sfida…
Tutto ciò per dire che Sinner, incappato in una giornata no per mille motivi (contro un amico vero, quindi inconsciamente privo dell’abituale instinct-killer; caterva di errori figli della umana consapevolezza di essere molto prossimo ad un trionfo epocale -e che cavolo, sei un iceberg, ma hai pur sempre 19 anni!-; Hubi in tumulto anche lui, ma capace di gestire meglio l’indubbia pressione), pure è andato molto ma molto vicino, secondo il pensiero di chi scrive, a raddrizzare una vicenda ormai compromessa. Traggo favorevoli auspici in definitiva, sempre tenendo ben presente che il ragazzo deve darsi parecchio da fare (ma lui lo sa, ed è tanta roba) su aspetti ancora non al top: il servizio, la capacità di variare, il gioco di volo, l’attitudine stessa a venire a rete per chiudere il punto quando occorre. Necessario che guardi i tre numeri uno degli ultimi 20 anni, quelli sono i suoi -alti- modelli, non altri meno prestigiosi: e se da Roger nulla può rubare (lui così ci è nato), poco da Nole -nel senso che possiede già la sua testa, e la feroce determinazione nel rifiutare il concetto di sconfitta-, è da Rafa che può viceversa apprendere assai.
Già, l’etica del lavoro durissimo per migliorarsi, tecnico (Nadal da terraiolo puro finì col soffiare Wimbledon al principe indiscusso, non so se mi spiego…) e soprattutto atletico: il maiorchino aveva un ottima base corporea, sicuro, ma è diventato un energumeno, un Hulk che schiantava gli avversari prima di tutto sul piano fisico. E l’altoatesino è agile, svelto, e pure discretamente potente: ma ha bisogno di affinare e potenziare tali caratteristiche, facendo bene attenzione (chi lo segue) a non snaturarlo. Più muscoli insomma, tuttavia senza che ciò vada a discapito della rapidità. Un equilibrio difficile da trovare: Murray per esempio, potenziando all’eccesso un corpo mingherlino, alla lunga si è giocato la carriera sotto forma di guai in serie da un certo momento in poi… Ma Riccardo Piatti e la sua ciurma sanno il fatto loro, il ragazzo pende dalle loro labbra rendendosi più che disponibile… E allora, se il Padreterno pone il suo sguardo benevolo sulla situazione (distraendosi un attimo da faccende un po’ più serie e pressanti), o gli dei del tennis se preferite: abbiate fede, o fiducia amici, ci sarà da divertirsi un bel po’. Per i prossimi… 10 anni? Ma sì, poniamo pure qualche umano limite alla divina provvidenza, e che diamine…