Carneadi, chi erano costoro? Ci fosse il manzoniano Don Abbondio a New York, sarebbe questa la domanda che si farebbe scorrendo la lista degli otto giocatori ancora in gara nella metà inferiore del tabellone maschile. Naturalmente, non si tratta di veri e propri sconosciuti, almeno per chi segue il tennis abitualmente, ma è certo che chiunque tra questi conquisterà la finale degli US Open avrà raggiunto, almeno per ora, il traguardo più alto della carriera. Nessuno di loro, infatti, è mai arrivato tanto in alto in un major e uno solo (Querrey) ha giocato una semifinale, peraltro proprio un paio di mesi fa a Wimbledon.
Quello che faremo nelle prossime righe sarà cercare di individuare chi tra questi otto avrà le maggiori possibilità di staccare il biglietto per il grande appuntamento con la storia. Tra parentesi troverete la posizione nel ranking di ciascun giocatore.
(21) Sam Querrey – (27) Mischa Zverev
Con 33 vittorie e 16 sconfitte nell’anno in corso, Sam Querrey sta disputando forse la sua miglior stagione nel circuito, impreziosita dai due titoli sul duro messicano di Acapulco e Los Cabos nonché dalla già citata semifinale a Wimbledon. Dal canto suo, anche il tedesco Mischa Zverev (fratello maggiore di Alexander) sta vivendo un 2017 eccellente, in cui ha raggiunto il best-ranking (n°25) e qualche risultato di grande rilievo come i quarti a Melbourne (dove ha battuto il n°1 Murray), la finale a Ginevra (partendo dalle qualificazioni) e la semifinale a Stoccarda. In questo torneo Querrey ha battuto Simon, Sela e Albot (cedendo un solo set) mentre Zverev è rimasto in campo per complessivi tredici set, dieci dei quali gli sono serviti per sbarazzarsi ai primi due turni della wild-card Kwiatkowski e di Benoit Paire; poi però il suo serve-volley ha destabilizzato completamente John Isner e le sue quotazioni si sono rialzate. I due non si sono mai affrontati prima e lo statunitense è favorito.
(40) Paolo Lorenzi – (32) Kevin Anderson
Tabellone alla mano, al nostro Paolino Lorenzi avevamo chiesto di ripetere il terzo turno conseguito un anno fa, ben sapendo che sarebbe stata una piccola impresa. Invece lui ha addirittura fatto meglio, conquistando per la prima volta in carriera la seconda settimana in uno slam. Già buono contro Joao Sousa, Lorenzi è stato impeccabile al cospetto del temibile Gilles Muller per poi regolare con autorità Fabbiano nel derby azzurro. Se è vero che l’appetito vien mangiando, è anche vero che adesso la posta si alza e non di poco per il nostro portacolori. Perché Kevin Anderson è stato numero 10 ATP (12/10/2015) e, dopo un 2016 da dimenticare e un infortunio che gli ha fatto saltare tutta la stagione australiana, è tornato a giocare il suo miglior tennis. Ad Aragone, Gulbis e Coric (che aveva appena eliminato Sasha Zverev) il sudafricano ha concesso ben poco (28 giochi e nessun set) così come a Lorenzi nei tre precedenti (3-0 e un solo set conquistato dall’italiano). Le speranze di Paolo sono davvero poche ma questo è il torneo delle sorprese e quindi…
(69) Denis Shapovalov – (19) Pablo Carreño Busta
Del canadese è già stato detto di tutto e di più mentre il suo rivale di oggi è abituato a stare lontano dalla luce dei riflettori anche se, in quanto a capacità di estrarre il meglio da se stesso, non è secondo a nessuno. Shapovalov proviene dalle qualificazioni e nel main-draw ha avuto la meglio in tre set sia di Medvedev che di Tsonga mentre ieri ha beneficiato del ritiro di Edmund quando era avanti due set a uno. I due non si sono mai affrontati e l’unica incognita che riguarda lo spagnolo è la scarsa consistenza degli avversari fin qui affrontati (King, Norrie e Mahut, tutti qualificati). Shapovalov ha già dimostrato di saper giocare bene le classiche prove del nove e questa in fondo lo è anche se Pablo ha una miglior classifica rispetto al canadese. L’istinto dice Shapovalov ma la ragione suggerisce di non sottovalutare Carreño.
(20) Lucas Pouille – (33) Diego Schwartzman
Il francese ha sofferto al secondo turno contro lo statunitense Jared Donaldson, sconfitto solo al quinto set, e anche con Kukushkin è partito male prima di recuperare. L’argentino tascabile invece ha compiuto l’impresa l’altro ieri eliminando dal torneo Marin Cilic, che aveva sostituito nell’estremità inferiore del tabellone Andy Murray. Non ci sono precedenti tra i due nel circuito principale e il talento di Pouille dovrebbe avere la meglio sull’irriducibile consistenza dell’argentino.
Detto degli ottavi, dai quarti in poi il favorito potrebbe essere chi uscirà dall’eventuale sfida tra Querrey e Anderson (8-6 per Sam i precedenti) mentre il vincente tra Shapovalov e Pouille potrebbe essere già appagato dal grande risultato conseguito. Noi ci sentiamo di puntare sul sudafricano anche se l’americano avrà il sostegno del pubblico amico, che non vede un atleta di casa in finale dal lontano 2006, quando Roddick perse con Federer in quattro set. La sensazione è che, Shapovalov a parte, per gli altri sette questa sia una occasione pressoché unica di coronare una carriera con la finale in un major.
Gli US Open sono un torneo assai poco incline alle sorprese e gli outsider in finale si contano davvero sulle dita di una mano, due dei quali si trovarono di fronte nel 2014 (vinse Cilic su Nishikori). Per il resto si possono ricordare i finalisti del 1993 (Cedric Pioline), 1997 (Greg Rusedski), 1998 (Mark Philippoussis) e 1999 (Todd Martin), nessuno dei quali ha vinto uno slam in carriera.
Per finire, da questa disamina parrebbe scontato che la parte bassa debba partorire solo il finalista mentre il futuro campione debba necessariamente uscire da quella alta, in cui ancora sono in gioco Nadal, Federer, Thiem e Del Potro. In realtà, la storia insegna che un conto è raggiungere una finale da outsider, ben altro è vincerla e pensare che anche dalla metà superiore del draw possa uscire una sorpresa ci sembra davvero troppo. Qualora fosse, potrebbe essere il tanto discusso Dolgopolov (sotto inchiesta per via di presunte scommesse) o il giovane russo Rublev. Ma noi non ci crediamo.