Con gran parte della stagione alle spalle è già possibile tracciare i primi bilanci dell’anno di tennis, anche se non va dimenticato il peso dei prossimi impegni asiatici e europei che ci porteranno fino alle Finals dei rispettivi circuiti.
Se per le imprese c’è ancora tutto il tempo del mondo, sono già ben definiti i cosiddetti flop del 2015, tutti con le loro giustificazioni del caso e con tanti problemi dettati spesso anche dal caso, eppure tutti candidati a potenziali campioncini senza dare seguito a parole o vittorie che nel tempo avevano senz’altro alzato l’asticella per il loro rendimento.
Partiamo dal circuito ATP per poi concludere con il WTA, in una carrellata che vedrà analizzate le varie dinamiche di quei giocatori che ci sono ma potrebbero essere senza dubbio in posizioni di classifica più a ridosso dei primi. Andiamo quasi in ordine sparso, per non puntare troppo il dito su qualcuno ma, comunque, prenderne in considerazione il più possibile.
TOMAS BERDYCH
Tra neanche 24 ore scoccherà inesorabilmente il 30esimo anno di età: figuriamoci, non è di certo la fine del mondo, e “ragazzi” come Roger Federer, Ivo Karlovic, Lleyton Hewitt e Tommy Haas insegnano, però quale migliore momento si potrebbe prestare a tirare le somme di una carriera che, nonostante sia impreziosita da 10 successi ATP, lo ha visto sempre troppi gradini dietro ai soliti noti. Troppo pesante il suo orgoglio per fargli accettare un ruolo da comprimario, e se il N.5 ATP lo vede solo un gradino distante dal suo best ranking, l’abisso rimane tanto grande quanto lo sono i suoi rimpianti.
Anche quest’anno lo ha iniziato lottando con i più forti, finendo in seguito a perdere da chi dovrebbe essere a lui inferiore. Rimandato, dunque, e il tempo passa.
RAFAEL NADAL
Il maiorchino ha subìto forse quello che è capitato a Roger Federer nel 2013, con un calo troppo repentino che lo hanno visto scendere anche fino al N.10 del mondo dopo l’eliminazione prematura ai “suoi” French Open. Troppe sconfitte sul rosso e troppe sconfitte in match che appena un anno fa non avrebbe mai perso. Una battuta d’arresto dopo tanti anni di splendidi successi ci sta, però l’augurio è che sia soltanto un’annata storta e non un declino inarrestabile, perché se Nadal non ha più nulla da dire al tennis alcune fondamenta di questo sport si sentono scricchiolare.
JO-WILFRIED TSONGA
Il ragazzone di Le Mans sembra sempre dover esplodere da un momento all’altro, eppure ci vuole poco a notare le 30 primavere sulle proprie spalle, rendendosi definitivamente conto che quella consacrazione tardiva non è altro che una promessa non mantenuta. Che sia uno dei giocatori che con l’età trova gli stimoli giusti per emergere nuovamente? Ce lo auguriamo, ma Tsonga e fisicità vanno a braccetto, e da questo sarà difficile prescindere.
GRIGOR DIMITROV
Forse la delusione più cocente dell’intero 2015: se il Roland Garros proprio non riesce a digerirlo, il miglior risultato di stagione non può essere il quarto di finale di Montecarlo, dove peraltro tirò fuori un tennis degno di nota, perché se a detta sua la comparazione con Roger Federer era superata, permettendogli di costruirsi finalmente una figura sportiva e professionale nuova e di successo, la rottura con Roger Rasheed ed il successivo vuoto cosmico hanno nuovamente azzerato il duro lavoro fatto, tornando al vecchio “altro giro, altra corsa” che solitamente si appioppa a giocatori di talento meno raffinato e dai risultati in generale meno altalenanti.
Male, ma c’è tempo e margine, chiaramente si necessita di un apporto adeguato.
NICK KYRGIOS
Delle chiacchiere di Montréal si può evitare di parlare, ma è ben più importante definire la situazione del crack di Camberra, vista la mancanza di una guida tecnica che lo possa far crescere davvero in tutto e per tutto, e soprattutto vista l’assenza di risultati capaci di supportare la classica concezione del giocatore “tutto genio e sregolatezza”.
Dopo la primissima parte della stagione, con risultati non strabilianti ma buoni, il personaggio ha superato di gran lunga il giocatore, rischiando di aprire davanti al 20enne Nick la strada già percorsa da Bernard Tomic, per dirne uno.
Se un giocatore di grande prospettiva vuole sentirsi forte e idolatrato da tutti deve vincere, poi a spaccare qualche racchetta o organizzare festini ci dovrà pensare in seguito, e non solo vincere per i punti 2015 o per il vil denaro, ma perché la storia resta e le parole volano via col vento. Potrebbe fungere da esempio il jamaicano Usain Bolt, sempre sulla bocca di tutti, con il fare da superstar sorridente che tutto può, che al momento di azionare le gambe mette in moto la sua tecnica impeccabile e tutti gli intensi allenamenti passati magari sottotraccia, facendolo sembrare quasi un gioco. Kyrgios potrà essere grande un giorno, ma la strada è lunga ed ha solo se stesso come avversario.
MARIA SHARAPOVA
Non è stata di certo la stagione migliore per la statuaria siberiana, con l’ultima tegola dell’infortunio alla spalla che l’ha tenuta fuori da luglio a oggi dopo la semifinale raggiunta a Wimbledon.
Tale risultato, unito alla finale agli Australian Open ed alla semifinale di Acapulco, è stato frutto di un percorso molto costante per quanto concerne il rendimento, anche se non va tralasciato il fatto che le avversarie affrontate non erano proprio le prime della piazza. La vittoria di Roma ha confermato che su di lei si può senza dubbio contare, però un calo negli scontri al vertice c’è stato eccome, e da ormai troppo tempo si attende un altra zampata da colei che ha un Career Grand Slam ben distribuito negli anni.
CAROLINE WOZNIACKI
Mancata la conferma a Flushing Meadows, Caroline continua ad alternare momenti di tennis pregevolissimo a blackout sempre più sorprendenti.
Certo, il circuito WTA quasi si nutre dei consueti ON-OFF delle più attese, però nel suo caso non si può non chiedere un maggior peso in determinate situazioni, e di certo non può bastare il titolo di Kuala Lumpur per un ulteriore scalino della sua carriera. Anche nel suo caso, come abbiamo detto di Dimitrov e Kyrgios, la carta d’identità aiuta, però si fa presto a perdere troppi treni ed a lasciarsi trascinare nel girone delle giocatrici che arrivano solo fino ad un certo punto, soprattutto perché non possiamo annoverare la danese nel circolo privato dei giocatori dai rarissimi exploit alla Alexander Dolgopolov o alla Camila Giorgi vista fin qui.
AGNIESZKA RADWANSKA
Non è riuscito nemmeno il torneo casalingo di Katowice a far salvare la faccia alla 26enne di Cracovia, così come è davvero troppo poco il tentativo di rivalsa fatto vedere a Wimbledon.
Da una tennista come lei ci si aspetta sempre tanto, basti pensare che dal 2011 ha vinto 3 tornei all’anno fino al 2013, e proprio per questo una vittoria in due lunghe stagioni pesa come un macigno, sia sul suo ranking che sul suo possibile nuovo assalto alle big mondiali.
Come detto ci sono ancora tanti tornei per tornare a vincere, però manca serenità e solidità, le due caratteristiche che l’hanno resa a tratti imbattibile nelle stagioni passate, ed una soluzione va trovata in fretta.
DOMINIKA CIBULKOVA
Il suo 2015 horror è iniziato dopo i quarti di finale raggiunti agli Australian Open, risultato di per sé niente male, perché da quel punto dell’anno in poi la ex Top10 WTA è entrata in una spirale autodistruttiva davvero preoccupante, a maggior ragione se si considera il livello da lei raggiunto negli ultimi anni.
Sempre sorridente nella vita di tutti i giorni e sempre combattiva al massimo in campo, Dominika sembra aver perso lo smalto di quei colpi che parevano miracolosi perché partiti direttamente al suo metro e 61 di altezza.
La sconfitta con Catherine “CiCi” Bellis al primo turno degli US Open 2014 poteva essere una debacle sostenibile, ma dalla posizione N.47 del mondo la strada da fare si fa molto ripida, con la luce che ancora non sembra essersi riaccesa e dei punti da difendere lungo il cammino.
EUGENIE BOUCHARD
Il percorso della stellina canadese ricorda da vicino quello della sua collega Cibulkova, eppure i risultati dagli Australian Open ad oggi sono stati ancora peggiori, con una pioggia di primi e secondi turni che davvero metterebbero in difficoltà chiunque, anche i campioni più duri e inattaccabili.
Genie ha smarrito la rotta, si parla del troppo tempo dedicato a social e selfie (e un motivo deve pur esserci), però se non è chiaro nella testa di chi gioca quale è l’obiettivo, e gli step necessari a raggiungerlo, il talento passa tranquillamente in terzo o quarto piano in men che non si dica.
Proprio quando qualcosa sembrava essersi mosso in occasione dell’ultimo torneo Major della stagione, ecco che la sfortuna si è mascherata da pavimento bagnato e quello che poteva teoricamente diventare il torneo del grande ritorno si è trasformato in una brutta, bruttissima avventura.
E’ finito il rodaggio, c’è bisogno di crescere alla svelta e lasciare fama e copertine fuori dai campi di gioco, senza scuse o obblighi ma con tanta voglia di far viaggiare più la pallina dei tanto amati tweet.