Il tennis femminile, da qualche anno a questa parte ormai, sta vivendo un periodo di grande smarrimento. Il dominio da parte di tenniste “leggendarie”, che portano ad esempio il nome di Maria Sharapova, le sorelle Williams, Henin, Clijsters o Azarenka, che ci avevano abituati a darsele di santa ragione sui campi da gioco, dividendosi tutto ciò che veniva messo in palio, ormai sembra essere un vago ricordo. A discapito dei più nostalgici ed emotivi, bisogna guardare in faccia alla realtà: i tempi sono cambiati, il tennis in “gonnella” sta cambiando. C’è chi parla di cambio generazionale e chi invece di affollamento caotico. Le nuove leve fanno fatica a decollare, a stupire e, soprattutto, a confermasi.
Oggigiorno la vittoria in un torneo importante viene spesso letta come un caso sparuto o una settimana particolarmente fortunata, destinata, poi, ad etichettarti come l’ennesima meteora. Un esempio lampante appare quello di Jelena Ostapenko: la tennista lettone era riuscita a vincere clamorosamente il Roland Garros (torneo nel quale, prima dell’anno glorioso, non era riuscita ad ottenere neanche una vittoria), prima di tuffarsi in quello che sarebbe stato l’anonimato più totale. Gli ultimi 8 tornei dello slam disputati hanno registrato la vittoria di 6 tenniste differenti, senza considerare le “runner up”, tra le quali addirittura figura la Vandrousova… scusate se è poco! Numeri del genere apparirebbero impossibili nel circuito maschile dove, a dominare nelle situazioni che contato, sono sempre e ancora i “soliti tre”.
In uno scenario del genere, indubbiamente chiaro e definito, risalta la storia di una tennista di origini rumene, ma di nazionalità canadese che, a differenza delle sue colleghe, sembra abbia fatto la classica gavetta: parliamo di Bianca Andreescu. La giovane diciannovenne è stata senza ombra di dubbio la rivelazione del 2019. Tutti ci ricordiamo di lei che, nel mese di Marzo, sconosciuta ai più, riesce a portarsi a casa il titolo di Indian Wells, sbaragliando letteralmente l’agguerrita concorrenza che la circondava. Il suo gioco appariva potente, preciso e brillante, anche piuttosto vario per gli standard a cui siamo stati abituati negli ultimi tempi. Da li’ a qualche mese, la giovane Bianca avrebbe prontamente dimostrato di essere decisamente più costante rispetto alle sue colleghe coetanee.
In estate, infatti, esce vittoriosa dal torneo di casa, la Rogers Cup, per poi raggiungere l’apice nel mese di Agosto, a New York, mettendosi in bacheca il primo slam della carriera. 47 partite disputate tra qualificazioni e main draw esclusivamente a livello di circuito maggiore, con un bilancio di 43 vittorie a fronte di sole 4 sconfitte, quarta posizione del ranking mondiale (ora quinta) e prima teenager vincitrice di uno slam dopo Maria Sharapova nel 2006: ecco il bilancio di questo 2019. Grandissimo successo mediatico e tanti gli occhi degli addetti ai lavori puntati su di lei.
Una delle tante che ha contribuito a tesserne le lodi è stata l’ex tennista inglese, oggi conduttrice televisiva, Annabel Croft, che si é espressa con considerazioni che ci forniscono molti punti di riflessione: “Bianca Andreescu è sicuramente una delle giocatrici più talentuose che io abbia visto sul circuito negli ultimi anni, ha un gioco ipnotizzante e mi piace un sacco vedere come lei riesca ad instupidire le avversarie con le sue variazioni… penso non sia un’esagerazione affermare che possa essere la versione femminile di Roger Federer… sono certa che sarà una delle protagoniste per i prossimi Australian Open”.
Dichiarazioni, queste, che lasciano davvero nulla al caso, a dimostrazione della grande stima che tutto l’ambiente tennistico nutre nei confronti di questo giovane talento. Il confronto con Roger Federer (che nella sua unicità appare imparagonabile), forse, potrebbe apparire un pò stridente agli occhi dei più tradizionalisti ed, allo stesso tempo, avventato per i più temerari. Dal punto di vista stilistico-tennistico, francamente appaiono poche le analogie tra i due, con una varietà di gioco consolidata nel campione elvetico e appena accennata nella canadese, che sicuramente ha dalla propria parte la giovanissima età.
Conti alla mano, king Roger, poco più che diciottenne, iniziava a far combaciare le prime tesserine del suo favoloso mosaico. Nessun dubbio, invece, per quanto concerne la sfera emotivo-comportamentale, dove si contrappongono la classe ed il self-control da una parte e l’avventatezza mista all’umoralità dall’altra, caratteristiche che le hanno fatto guadagnare anche l’appellativo di “Drama Queen” e che assolutamente ci discostiamo dal considerare negative, data la giovanissima età, la tempra da combattente che non ha faticato a mostrare e le idee già ben chiare:
“La pressione ci sarà sempre: tutto il Canada vuole che io faccia bene, ma sono soprattutto io a volerlo. La pressione mi aiuta… quando scendo in campo, devo dare sempre il 100%”.
Uno degli aspetti che forse più ci ha stupiti, è la continuità che Bianca ha saputo dimostrare in quello che è stato il suo “anno di debutto”, caratteristica che più di tutte le altre la mettono, a mio modo di vedere, un gradino sopra, anche rispetto alla sua quasi coetanea con la quale appare auspicabile una futura rivalità: Naomi Osaka. La nordamericana, in un lasso di tempo davvero stretto, ha incassato quasi lo stesso numero di trofei della nipponica, malgrado vi sia ancora uno slam di differenza tra le due. Divario questo che, senza avere alcuna remora nell’affermarlo, verrà presto colmato.
Il futuro è dalla tua, Bianca!