LA SENTENZA- Ebbene doping fu per Maria, ma…. non intenzionale. Ieri, nel pomeriggio, è finalmente arrivata la tanto attesa sentenza dell’ITF sul caso Sharapova. Due anni di sospensione, un tempo lunghissimo per una tennista. Due anni che , secondo il dispositivo della sentenza, puniscono la negligenza della russa, ma non la sua volontà di doparsi poichè tale volontà semplicemente non c’è stata. Allora, su cosa si basa una sentenza tanto dura? Si basa sulla supposta inverosimiglianza del racconto fornito dalla campionessa di Njangan riguardo al come lei sia giunta ad usare il Meldonium normalmente, sul fatto che non avrebbe raccontato a nessuno ( o quasi) della sua sistematica assunzione ed, infine, sull’aver omesso di inserirlo nella lista dei farmaci da lei assunti; lista che i giocatori sono tenuti periodicamente a compilare. Ce n’è per una vera batosta, magari per quattro anni di squalifica . Ma così non è stato poichè il dolo, ovvero la “volontà” di doparsi , non è stata dimostrata. Sharapova, come tutti gli atleti facenti uso del Meldonium, al momento della sua assunzione semplicemente non poteva sapere che quel farmaco sarebbe divenuto di lì a poco illegale. Quindi, non assumeva Meldonium per doparsi.
MELDONIUM, QUESTO SCONOSCIUTO – Eppure arrivano due anni di stop forzato. Una condanna da ritenersi esemplare o sproporzionata, trattandosi di negligenza? Maria , assumendosi la totale responsabilità dell’accaduto, ha sempre sostenuto questa tesi ed il tribunale ha in fondo riconosciuto la fondatezza delle sue spiegazioni. Dunque, la condanna di fatto si basa sull’omessa dichiarazione dell’assunzione di Mildronate. Francamente , sembrerebbe un pò poco per giustificare una pena tanto severa se, però, non considerassimo questa sentenza il naturale prosieguo della caotica gestione della vicenda da parte della WADA e della stessa ITF. La WADA ha più volte dimostrato, in questi mesi, di non avere le idee chiare nè sul Meldonium nè sui suoi reali effetti, tanto da dichiarare ufficialmente che, ad oggi, non sono scientificamente certi nemmeno i tempi di smaltimento della sostanza. Eppure , per averne omesso la dichiarata assunzione , Maria Sharapova rischia uno stop che potrebbe coincidere con la fine della sua carriera. Dunque, i fatti dicono che il Meldonium, questo semi-sconosciuto, entra nel mirino della WADA circa un anno fa, a causa della sua diffusione tra molti atleti , quasi tutti provenienti dalla Russia o da ex-Repubbliche Sovietiche. Nulla di strano in quanto a scelta e a tempistica ?
UNA SCIA DI DUBBI – La gestione del caso Sharapova è tanto eclatante quanto paradigmatica di come, in realtà, si continuino a mietere vittime illustri, quali la linearità nella lotta al doping e la chiarezza su ciò che è davvero lecito o meno assumere o fare, secondo chiari ed universali criteri. Maria Sharapova pagherà, giustamente, il prezzo per la sua condotta , definibile quanto meno superficiale. Tuttavia, ombre sinistre si allungano su questa triste vicenda. Strane ombre , strani dubbi che, oggi più che mai, sembrano quasi voler supportare fantasiose tesi complottistiche ai danni degli atleti russi in chiave olimpica. Pur lungi dal volerne condividere l’impianto, questi dubbi permangono; e ci si chiede chi, d’ora in avanti, possa assumersi l’immane compito di fugarli.